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Mauro: “Cittadinanza agli immigrati se si arruolano nell’Esercito”

”Si faccia una piccola modifica alla Costituzione italiana e si dia la possibilita’ agli immigrati di poter entrare nelle forze armate”. la proposta che lancia Mario Mauro, ministro della Difesa, dalle colonne di Libero.

Mauro e’ favorevole a modificare la Bossi-Fini perche’, sottolinea, ”credo che si possa fare molto di piu’ dal punto di vista della sicurezza” e anche ”in dimensione umanitaria. E qui torniamo al discorso dei centri che debbono essere coordinati e guidati a livello europeo”. Tuttavia, precisa, ”piu’ che di ius soli, in Italia avremmo bisogno dello ‘ius culturae’. Perche’ non facciamo una piccola modifica alla Costituzione in modo da poter consentire a chi arriva in Italia di poter fare parte delle forze armate? Questo naturalmente purche’ abbiano un minimo di requisiti”. ”Bisognerebbe fare come negli Stati Uniti – propone – dove, se si presta servizio nelle forze armate per un certo periodo, si e’ agevolati nel conseguimento della cittadinanza”. ” solo un bene per il nostro Paese che il ministro Kyenge abbia accettato di essere coinvolta nel nostro governo – aggiunge -. l’esempio di una persona che ha fatto un lungo percorso di integrazione e che ha messo la sua esperienza al servizio del Paese”. Il ministro analizza la situazione nel sud del Mediterraneo e sottolinea che ”il grosso del flusso di immigrati arriva non piu’ solo dalle coste libiche o tunisine, ma anche e soprattutto dall’Egitto”. Considerando ”che gli scafisti chiedono 3mila euro a persona per il viaggio della speranza” un barcone puo’ arrivare ad avere ”un carico umano del valore di 3 milioni di euro. Questi soldi servono per finanziare non solo le cosche malavitose egiziane, ma anche il terrorismo internazionale. Ecco perche’ il rischio non riguarda solo l’Italia, ma l’Europa
intera”.
Fa discutere la proposta del ministro della Difesa, Mario Mauro, ma della questione in Italia si discute da molti anni: da piu’ di dieci, almeno. Era infatti l’inizio del 2002 quando l’allora ministro Martino si disse pronto al grande passo: “non solo si risolverebbe cosi’ il problema del reclutamento, accentuato nei prossimi anni dalla crisi demografica – osservava – ma questo intervento sarebbe utile anche per l’integrazione degli immigrati”.
Erano quelli anni di grandi cambiamenti per le Forze armate italiane: nel 2000 venne approvata la legge che eliminava (o meglio sospendeva) la leva obbligatoria: una svolta epocale, se si pensa che la naja era arrivata in Italia con Napoleone. Dal 2000 al 2005, cosi’, i militari di leva sono stati tutti gradualmente sostituiti con volontari. E forse e’ stato un segno del destino se tra gli ultimi 800 giovani partiti per il servizio militare obbligatorio (classe 1985) ci fosse anche Ian Wu Fung, 20 anni, cinese emigrato in Italia dieci anni prima e cittadino italiano da cinque. Un giovane cinese, a conferma di un esercito sempre piu’ variegato e multietnico.
Ed infatti, anche nelle forze armate di soli professionisti gli ‘stranieri’ sono in crescita continua. Sono alcune migliaia, ma attenzione: si tratta di ragazzi e ragazze che hanno tutti gia’ acquistato la cittadinanza italiana, perche’ qui sono stati accolti da piccoli o perche’ magari in Italia sono nati. Ed infatti la Costituzione pone paletti chiari, come ricorda l’ex sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito, Domenico Rossi, oggi parlamentare del nuovo gruppo ‘Per l’Italia’. “Per poter svolgere servizio volontario nelle Forze Armate e’ richiesta nei concorsi la cittadinanza italiana. L’art. 51 della Costituzione prevede tale requisito per potere accedere agli uffici pubblici, mentre l’art. 52 stabilisce che il servizio militare e’ sacro dovere del ‘cittadino'”. Tuttavia, osserva il deputato-generale, anche senza intervenire sulla Carta una scorciatoia ci sarebbe, almeno per una parte degli immigrati-aspiranti soldati: basterebbe modificare la legge n. 91 del 1992, che consentiva agli stranieri con familiari italiani di diventare cittadini svolgendo il servizio di leva obbligatorio, estendendo la vecchia norma anche al servizio militare volontario. Sta di fatto che negli anni diverse proposte di legge finalizzate ad aprire le porte delle caserme agli immigrati sono transitate per le Commissioni parlamentari, ma nessuna e’ andata in porto per l’opposizione ora di questo, ora di quel partito.
Non sono mancati gli studi approfonditi, come quello dell’ex generale Agostino Pedone, che hanno esaminato la questione a partire dai precedenti storici – vedi gli Ascari, che entrarono a far parte dell’Esercito italiano nel 1892 – per arrivare ai casi attuali: dalla Legione straniera francese a quella spagnola, ai Gurka. “Tutte esperienze positive”, concludeva il generale, secondo cui “non c’e’ alternativa agli immigrati, perche’ mancano i volontari per l’esercito di soli professionisti”.
In realta’, anni dopo, non risulta che le domande per accedere alle carriere iniziali delle Forze armate siano cosi’ scarse.
Secondo gli ultimi dati, relativi ai volontari in ferma annuale dell’Esercito, ci sono circa 7-10 aspiranti per ogni posto a concorso. Non vi sarebbe dunque, almeno al momento, una penuria di candidati, anche se e’ vero che gli “stranieri” vengono considerati un “valore aggiunto” nel mondo militare e sono quindi particolarmente richiesti, sia per la partecipazione alle missioni all’estero, sia per lo svolgimento di compiti particolari. E’ il caso, ad esempio, dei “mediatori culturali” dell’Esercito, tutti di origine africana: sono loro ad accogliere i migranti sbarcati a Lampedusa.

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