Geopolitica

L’Egitto minaccia l’intervento militare in Libia Sisi: ‘Legittimati a farlo’

In Libia si affaccia lo spettro di una pericolosa escalation militare tra pesi massimi, Turchia ed Egitto: Il Cairo ha minacciato un intervento diretto se le forze armate di Tripoli proseguissero in direzione Sirte. Una vera e propria “dichiarazione di guerra”, è stata la reazione del governo di Fayez al Sarraj, sostenuto da Ankara nella sua controffensiva su Khalifa Haftar.

Le truppe fedeli al Governo di accordo nazionale, dopo una lunga scia di vittorie, da diversi giorni sono impegnate per riprendere il controllo di Sirte, centro costiero strategico di accesso ad est. Ma la città natale di Muammar Gheddafi, per l’Egitto, “è una linea rossa”, ha avvertito il presidente Fattah al Sisi in un discorso alla tv. Se tale linea venisse superata, sarebbe necessario un “intervento diretto” dei soldati egiziani. Sisi si è spinto oltre, sostenendo che “qualsiasi intervento diretto da parte dell’Egitto è diventato legittimo a livello internazionale”. In primo luogo in funzione di “autodifesa”, perché Il Cairo teme che la sfera di influenza turca si estenderebbe sempre più vicino ai propri confini. In secondo luogo, se arrivasse una richiesta d’aiuto da parte “dell’unica autorità legittima eletta dal popolo libico, il Parlamento” di Tobruk. Ed il suo leader, Aguila Saleh, ovviamente ha accolto con favore il sostegno dell’Egitto alle “nostre forze armate nella guerra al terrorismo e nella lotta contro l’invasione straniera”. Probabilmente fiutando la possibilità di aver un ruolo ancora più importante negli equilibri in Libia. Tanto più se la stella di Haftar dovesse definitivamente tramontare, dopo le sconfitte sul terreno. Un intervento militare in Libia sarebbe solo “l’ultima opzione per preservare la sicurezza” dell’Egitto, ha spiegato in seguito il ministro degli Esteri Sameh Shoukry, in qualche modo per attenuare l’impatto delle dichiarazioni di Sisi. Senza esito, evidentemente, perché il governo di Tripoli in una nota ha definito l’intervento del leader egiziano come un “atto ostile ed una dichiarazione di guerra”. Ed ha rivendicato il ruolo di “unico rappresentante legittimo dello Stato libico, che da solo ha il diritto di determinare le sue alleanze”. A questo punto la strada per la tanto auspicata soluzione politica della crisi libica si fa ancora più in salita. Perché la minaccia di intervento dell’Egitto suona come l’avvisaglia di un muro contro muro con Ankara, che poche ore prima aveva chiesto ad Haftar di ritirarsi da Sirte. Ed è difficile pensare che Recep Tayyp Erdogan, dopo aver investito così tanto nella partita libica, faccia marcia indietro o comunque si fermi, fin quando non avrà rispedito il nemico di Sarraj a Bengasi. Considerando inoltre che il Sultano è il nuovo campione di quella Fratellanza Musulmana che Sisi decapitò in Egitto, defenestrando il presidente Morsi. La Lega Araba, domani, tenterà l’ennesima mediazione. Ma la riunione, convocata dall’Egitto, parte già spuntata perché una delle parti in causa, il governo di Tripoli, l’ha boicottata.

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