Difesa

Kitesurfer risucchiato a Ladispoli dall’elicottero militare. I piloti: «Non ci siamo accorti di nulla». Tutto quello che non torna

Qualcosa però non andò per il verso giusto e Ognibene venne aspirato in aria per una decina di metri e poi sbalzato violentemente sulla sabbia. Un impatto violentissimo che gli causò traumi e fratture su tutto il corpo. Rischiò la vita il kitesurfer poi elitrasportato al Policlinico Gemelli. Eppure la difesa continua ad insistere sul «colpo di vento» e a non confermare l’ormai celebre risucchio della doppia elica, storia tra l’altro approdata anche all’estero sulla copertina del Times e pronta a scatenare inchieste varie tra Nato e ministero della Difesa. Non si è saputo più nulla di questi atti segreti però il processo va avanti dal giudice di pace e i piloti Michele Celeste e Francesco Dezulian, che si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, hanno rotto finalmente il silenzio. «In mare al largo avevo notato solo due imbarcazioni e un kitesurfer ma a distanza di sicurezza. Quindi nessun impatto con la vela di Ognibene», è quanto ribadito dal primo pilota Celeste di fronte al giudice Rita Mannarà, alla pubblica accusa e ai legali delle parti civili. «Quando siamo tornati alla base di Furbara a Cerveteri ha detto in aula è stato un colonnello dei carabinieri a dirci dell’incidente durante il post briefing dell’esercitazione. Siamo andati a verificare ma non c’era nessun segno di impatto sui velivoli».

I piloti dell’Esercito si sono allineati a quanto già detto sempre in aula nella precedente udienza dall’altro imputato e cioè l’ammiraglio della Marina a capo dell’addestramento, Massimiliano Rossi. Incalzati sulle immagini fornite da alcuni testimoni che tra l’altro sono stati già ascoltati dal giudice, per gli imputati le foto non chiarirebbero in sostanza chi fosse alla guida del Chinook e degli altri due mezzi in formazione. Poi il colpo di scena: «Nel nostro elicottero tra equipaggio e altri addetti c’erano una decina di persone», ha aggiunto Celeste durante il dibattimento. E questo è uno dei tanti gialli di questa storia. Perché la magistratura inquirente non ha chiamato subito a testimoniare anche gli altri addetti? Possibile nessuno si sia accorto dell’incidente?

Perché Il birotore Ermes 50 non aveva la scatola nera a bordo a differenza degli altri? Altre anomalie: sul velivolo che si trovava a fianco nell’addestramento è avvenuta una sovrascrizione di dati impedendo dunque di stabilire con precisione a che altezza e in quale momento stesse sorvolando Torre Flavia e il terzo elicottero maltese ha lasciato l’Italia nelle ore successive. «Lo abbiamo sempre detto commenta Giacomo Tranfo, avvocato di Ognibene tante, troppe cose non tornano. Nell’elicottero c’erano tante persone ma non sono state nemmeno sentite». (Il Messaggero)

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