Avvocato Militare

IL DIRITTO DI DENUNCIA DEL MILITARE NON PUO’ ESSERE FILTRATO DAI SUPERIORI

Accade che Tizio, maresciallo con la qualità di specializzato comandante
di motovedetta
, impugna la sanzione disciplinare della
consegna per 3 giorni
 inflittagli per essersi recato “presso
l’autorità giudiziaria militare al fine di rappresentare fatti attinenti il
servizio nel mancato rispetto dei rapporti gerarchici e senza informare il
superiore diretto dell’avvenuto incontro con l’autorità giudiziaria”;
inoltre, impugna il rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la suddetta
sanzione ritenuto dal Comandante del Reparto Territoriale dei Carabinieri inammissibile
perché presentato dal suo avvocato e non da lui direttamente.

Tizio segnala di aver presentato una denuncia orale alla Procura
Militare per fatti attinenti all’organizzazione dei servizi navali
ritenuti penalmente rilevanti, altresì di aver successivamente integrato detta
denuncia indicando possibili abusi commessi dai responsabili della Stazione
Scali Marittimi in merito ad un ingiustificato omesso servizio di polizia marittima
nel porto di Napoli.
A parte la questione della modalità di presentazione del ricorso,
rispetto alla quale il Tar Napoli ( sentenza n.3158/14 )
ritiene sufficiente rilevare che l’atto risulta sottoscritto personalmente
dall’interessato, ancorché congiuntamente con il difensore, ciò che appare
importante è la vicenda della sanzione.
Orbene, a prescindere dall’effettiva veridicità delle circostanze
segnalate all’autorità giudiziaria, è lampante che il ricorrente ha
esercitato un proprio diritto di denunciare sotto la propria personale
responsabilità (penale e/o disciplinare sotto altri profili) fatti
ritenuti delittuosi.
Nella fattispecie non si tratta di “una relazione di
servizio e disciplinare” che doveva essere inoltrata per via
gerarchica, ma dell’espressione di un diritto di denuncia
 che
non può essere soggetto, attraverso la minaccia della sanzione, ad una sorta di
filtro gerarchico. 
Una diversa interpretazione condurrebbe alla inaccettabile conclusione
che il militare venuto a conoscenza di un reato in qualche modo connesso
al servizio che espleta, non potrebbe denunciarlo dovendo rivolgersi
esclusivamente agli organi interni gerarchicamente sovraordinati. 
Tanto più nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, il fatto
ritenuto penalmente rilevante coinvolge in qualche modo proprio l’operato e il
comportamento dei superiori gerarchici.
Evidente, per le ragioni che precedono (che rivestono carattere
assorbente), l’illegittimità della sanzione inflitta non potendo il regolamento
disciplinare militare essere interpretato e applicato nei termini in cui
lo ha fatto l’amministrazione nella fattispecie analizzata dal Tar con la
sentenza citata.

avv. Francesco Pandolfi

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