Carabinieri

“I carabinieri mi hanno tirato fuori dalla macchina e preso a cazzotti in faccia”. E’ la pesante accusa di un giovane denunciato per guida in stato d’ebbrezza

“I carabinieri mi hanno tirato fuori dalla macchina e preso a cazzotti in faccia, poi mi hanno lasciato ammanettato sul muretto alla mercé di tutti”. Lo ha raccontato ieri in aula, al giudice Silvia Mattei, un 25enne di Tuscania, denunciato a piede libero per guida in stato di ebbrezza il 7 luglio 2013 dopo essere stato trovato con un tasso alcolemico di tre volte superiore al milite consentito. 

Condotto in caserma all’alba, dove è stato poi raggiunto dal padre, il giovane, all’epoca 19enne, avrebbe scritto di suo pugno nel verbale di scusarsi per non essersi fermato all’alt della pattuglia ed essere finito addosso all’auto dei carabinieri che lo stavano inseguendo.

Ma la mattina dopo avrebbe raccontato ai familiari di essere stato picchiato dai carabinieri, tanto che genitore e figlio sono tornati di nuovo in caserma, alle 9, per chiedere di rifare il verbale. E siccome gli è stato risposto che non era possibile, il padre ha accompagnato il 19enne a farsi refertare al pronto soccorso dell’ospedale di Tarquinia dopo di che, avendo ricevuto una missiva anonima con dentro due verbali differenti dei carabinieri relativi alla vicenda del figlio, hanno chiamato un avvocato e sporto denuncia.


Due carabinieri sotto processo per falso

E’ così che sono finiti a processo per “falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici” e “soppressione, distruzione e occultamento di atti veri” in  concorso due carabinieri della compagnia di Tuscania, difesi dall’avvocato Luigi Sini.

Parte civile, con l’avvocato Emilio Lopoi, la presunta vittima, che a sua volta ha subito un processo per calunnia a Civitavecchia, da cui è stato assolto. Dalla vicenda sarebbero scaturito almeno 5-6 diversi procedimenti.

Al centro del processo davanti al giudice Mattei ci sono due annotazioni, entrambe del 7 luglio 2013, delle quali viene contestato non il contenuto, ma data e ora.

Il contenuto sarebbe lo stesso – il fermo in stato di ebbrezza – ma mentre nella prima si parla genericamente di “assidua resistenza” da parte del fermato, nella seconda si spiega che l’assidua resistenza sarebbe consistita nel rifiutarsi di scendere dalla macchina, per poi inciampare nella cintura di sicurezza e cadere quando si è deciso a farlo.


“Mi hanno tirato fuori dalla macchina e preso a cazzotti in faccia”

Era la sera del 6 luglio 2013, un sabato, quando il giovane si sarebbe recato in un bar del centro storico di Tuscania assieme a due amici per festeggiare il diploma di maturità appena conseguito.

“Dopo la festa, ho salutato gli amici e sono uscito in auto dal centro storico, svoltando in viale Trieste e in via Donatori di sangue per andare a casa. All’improvviso sono stato affiancato e speronato da un’auto dei carabinieri, che solo dopo hanno acceso lampeggianti e sirena”, ha detto al giudice, fornendo al giudice la sua ricostruzione dei fatti.

“Un carabiniere ha aperto la portiera e mi ha colpito con due pugni al volto, poi mi ha slacciato la cintura, tirato fuori dalla macchina, appoggiato all’auto e perquisito. Mentre l’altro perquisiva la macchina, mi hanno fatto sedere ammanettato sul muretto, alla mercé di tutti quelli che passavano, dopo di che mi hanno caricato sull’auto di servizio e portato in caserma”, ha proseguito.

“In caserma, prima mi hanno fatto due volte l’alcoltest, poi mi hanno detto del difensore e permesso di chiamare i miei genitori. Avevano fretta di farmi firmare verbali, poi mi hanno concesso di fumare una sigaretta, mentre arrivavano mia sorella con mio padre. La mattina dopo siamo tornati in caserma, quindi mio padre mi ha portato a Belcolle e siccome c’era la fila siamo andati a Tarquinia”, ha concluso.


“Mio figlio doveva arruolarsi nell’esercito”

Oltre a diversi carabinieri della compagnia di Tuscania, è stato sentito anche il padre della presunta vittima.

“Mio figlio doveva arruolarsi nell’esercito, aveva la domanda in corso, non l’hanno preso. La mattina dopo, gli chiesi di rifare il verbale, mi offrii di riparare l’auto di servizio, ma niente. I sanitari di Tarquinia hanno refertato che i segni sullo zigomo sinistro erano da pestaggio e che aveva i segni rossi delle manette sui polsi”, ha testimoniato il padre, raccontando della busta chiusa trovata nella casetta della posta con le copie dei due verbali da cui è scaturito il processo.

Si torna in aula il 17 maggio.

Silvana Cortignani per Tuscia Web

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