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«HA MENTITO SUL CASO CUCCHI» UN CARABINIERE SOTTO INCHIESTA

(di Ilaria Sacchettoni) – Tre carabinieri sono sotto inchiesta per la morte di Stefano
Cucchi. Uno di loro, l’ex vicecomandante della stazione di Tor Sapienza dove il
ragazzo fu portato la notte dell’arresto (il 15 ottobre 2009), è indagato per
falsa testimonianza.

Si tratta del maresciallo Roberto Mandolini la cui
deposizione al processo d’appello contro medici e agenti della polizia
penitenziaria è risultata in conflitto con i fatti accertati dai pm. Gli
approfondimenti riguardano anche altri due militari: Alessio Di Bernardo e
Raffaele D’Alessandro. Nei loro confronti non è stata ancora formalizzata una
contestazione, ma rischiano l’iscrizione al registro degli indagati per lesioni
colpose: le percosse inflitte al ragazzo.
«Malmenato
più volte»
Secondo i risultati del
processo, Cucchi sarebbe stato malmenato più volte dal momento dell’arresto
fino alla detenzione in carcere, passando per le mani degli agenti di custodia.
Ma per la prima volta sarebbero coinvolti anche i carabinieri. La prima
inchiesta – criticata pesantemente dal difensore della famiglia Fabio Anselmo –
non aveva portato a risultati significativi su questo fronte, individuando
invece responsabilità della penitenziaria e dei medici del Pertini che ebbero
in custodia Cucchi durante la detenzione.
Le
contraddizioni del militare
Ora queste sono le prime
novità dell’inchiesta bis della Procura di Roma. Dopo l’assoluzione in corte
d’appello di medici e agenti della penitenziaria la Procura si è mossa,
sollecitata in parallelo da un nuovo esposto della famiglia Cucchi e dalle
indicazioni sulla falsa testimonianza di Mandolini fornite dal presidente della
Corte d’appello. Il vice comandante di Tor Sapienza, caduto in contraddizione
sulla propria partecipazione alle perquisizioni domiciliari eseguite nei
confronti di Cucchi, ha spiegato senza convincere le ragioni del mancato
fotosegnalamento. Ora il pubblico ministero Giovanni Musarò, al quale è
affidata l’inchiesta bis, dovrà accertare anche eventuali omissioni dei
militari.
In
borghese
A quanto pare Di
Bernardo e D’Alessandro quella notte avrebbero operato in borghese, come Cucchi
avrebbe confidato a un altro detenuto di Regina Coeli. C’è però un mistero: né
Di Bernardo né D’Alessandro risultano ufficialmente fra chi eseguì l’arresto di
quella notte. E allora, come e perché lo avvicinarono? E perché mai,
successivamente, non fu fatto il fotosegnalamento presso il comando provinciale
dai carabinieri di Roma, come prevede la procedura?
La
spiegazione

La spiegazione offerta
in aula da Mandolini è stata la seguente: «Il signor Cucchi mi disse che non
gradiva sporcarsi con l’inchiostro per gli accertamenti dattiloscopici
(impronte, ndr) e fotosegnaletici. Dopo questa sua richiesta non ho ritenuto
necessario farlo, visto che era una persona tossicodipendente, non l’ho voluto sforzare
a fargli questa identificazione e non gli feci fare questi rilievi». Da questo
passaggio, ora, bisognerà risalire per accertare la verità.

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