Editoriale

Figliastri di un Dio Minore: Sacrificio e Burocrazia nella Guardia Costiera

Questo articolo nasce per sottrazione, perché a chi scrive e a tanti ex colleghi qualcosa è stato tolto in passato e continua a esserlo tuttora. Con una formale efficienza sacrificando le persone ad una nominale efficienza che elide qualsiasi possibilità di bilanciamento tra le esigenze dell’apparato e le necessità della persona nella gestione ordinaria delle attività. In passato tale equilibrio veniva perseguito più efficacemente sia grazie a una maggiore sensibilità esercitabile a fronte di bilanci più consistenti, sia attraverso una maggiore consapevolezza.

Quest’ultima, pur portando al riconoscimento della libertà di associazionismo sindacale per i militari, trova oggi un quadro molto peggiorato delle condizioni di vita del personale, che subisce maggiore compressione della persona sacrificata all’altare della funzione. Eppure è noto che la maggior parte dell’apparato militare è costituito da persone, il cui benessere è fondamentale per garantire la piena efficienza. Lo stesso Comandante Generale delle Capitanerie di Porto ha posto le persone al centro del suo documento programmatico all’atto dell’insediamento. Eppure, si registrano minori risorse, minore attenzione alla logistica, progettualità scarna in ambito residenziale, riduzione organica, aumento della media anagrafica dell’età del personale in servizio che ha comportato l’eliminazione di limiti per lo svolgimento di attività operative. Tutto questo sta provocando diffusi disagi e demotivazione: il personale si è visto sottrarre i risultati dei propri sacrifici e delle proprie aspettative, sia quello più anziano che proiettava per il proprio futuro le figure dei predecessori, sia per i più giovani che si vedono togliere la possibilità di accedere in tempi congrui a ruoli più gratificanti occupati ancora dai “vecchi” che spesso sono costretti a mantenerli, malgrado gli acciacchi.

Quanto sopra, non emerge dalla raccolta di generiche lamentele ma è sotto gli occhi di tutti e palesa i suoi effetti in maniera grave con l’elevato indice dei fenomeni suicidari nel Comparto, nonché l’aumento del fenomeno dell’abbandono, al punto tale che è stato necessario allo Stato Maggiore della Difesa intervenire con la redazione di una circolare che modifica le regole di transito nei ruoli del personale civile della difesa con il fine di porre rimedio alle carenze organiche diffuse che appare più come un tentativo di scoraggiare tale pratica.

Questo preambolo vuole introdurre un discorso di ambito specifico che riguarda il Corpo della Capitanerie di Porto – Guardia Costiera anch’esso investito da una ormai endemica carenza di personale, motivo per cui allo stesso non è consentito l’accesso alla posizione di ausiliaria, aggravata da una sempre maggiore attribuzione di competenze, motivo stante il quale di assunzione “straordinaria” di VFI per cercare di fa fronte in tempi brevi alla situazione senza però render nota una eventuale progettualità futura in termini ti turn over della parte più anziana e specializzata dei suoi uomini in servizio permanente. Tale mancanza organica si è vista aggravata dalla cennata emorragia di personale che stima la perdita circa di 2000 unità per il Corpo negli ultimi due, tre anni. Causa peggiorativa che ha sicuramente spinto molti a lasciare prima del tempo è la persistente instabilità in cui viene tenuto l’organico cui già competono rinunce e sacrifici connessi alla specificità, sui quali vengono a pesare ulteriori richieste di impegno e sacrificio per l’esecuzione dell’attività ordinaria (che dovrebbe essere invece di breve durata al fine di raggiungere uno scopo, risultato al di fuori dell’ordinario) finendo con il rendere troppo spesso inconciliabile la sfera professionale con quella personale, volutamente ignorando che non tutti vivono di carrierismo. Inoltre, il personale di questo Corpo viene tenuto in un ciclo di continua movimentazione in assenza di una logistica adeguata e con il nuovo sistema di impiego privato anche dei trattamenti economici previsti, in nome di una vantata trasparenza e taglio con il pregresso che in realtà appare assumere una connotazione aberrante.

Il Corpo possiede un autonomo organo di gestione dell’impiego rappresentato dal I° Reparto del Comando Generale. Ebbene le dinamiche assunte a partire dal 2017 hanno prodotto un senso di disagio diffuso che ha determinato nei ruoli alla “base” il pensiero che tali modalità non fossero strettamente connesse all’ottimizzazione delle risorse umane per la piena e qualificata funzionalità dell’Amministrazione.

La Bibbia che regola i trasferimenti del Corpo per i ruoli Sottufficiali – Graduati e Truppa è la circolare Pers.001 Ed. 2015 e sm.i.; essa definisce quali sono le tipologie di trasferimento del personale, ovvero: d’autorità, in accoglimento domanda per gravi o urgenti motivazioni, in accoglimento domanda (nella quale il personale evidenzia le sue esigenze, motivazioni o aspirazioni), infine in applicazione delle vigenti leggi di tutela. Tale impostazione è stata rivista e stravolta introducendo la procedura “dell’interpello” nella quale l’amministrazione informa e “coinvolge” il personale nella procedura della programmazione comunicando le sedi da essa proclamate esigenti e nello stesso tempo, attraverso una disposizione a firma dell’allora Capo I° Reparto, eliminando la possibilità di presentare istanze per motivi personali anche urgenti o gravi stravolgendo quindi il senso del trasferimento in accoglimento domanda rendendo le persone alla stregua di soprammobili collocabili solo dove l’amministrazione ha bisogno mortificandone le aspettative in nome di una ventilata e vantata trasparenza, nonché professando trasferimenti in accoglimento domanda la mera scelta tra un elenco di sedi da ricoprire per esclusivo interesse dell’amministrazione spacciata per incontro tra domanda e offerta. A rendere tale sistema maggiormente frustrante è la modalità di individuazione del personale da assegnare alle sedi esigenti, scelto sulla base di un graduatoria stilata a fronte di una sterile formula matematica che vede come fattore scriminante la distanza chilometrica tra la sede scelta e le sedi in cui il partecipante ha fatto servizio (cosa che ha creato una forte sperequazione per chi si è trovato a essere impiegato con il pregresso sistema in sedi “più prossime”- anche fino a 500/600 chilometri- a quella aspirata nell’arco della carriera), ritenendo che questa formulazione fosse misura del sacrificio professionale prestato ed, all’epoca,  meritevolmente raggiunto in relazione ai risultati conseguiti in graduatoria di corso o di impegno profuso ed attestato dalla documentazione valutativa. E’ evidente che non funziona e che è si una misura matematica di mero calcolo numerico, ma non può in nessun modo quantificare il sacrificio del personale che dipende da tutt’altri fattori legati per la maggior parte alla sfera personale e caratteriale dei singoli, nonché dei loro correlati. Non è palese la sterilità di tale criterio che non fa nessuna valutazione del profilo della persona, del suo rendimento e della sua situazione anche familiare? A chi scrive una tale procedura, che è anche demotivante, appare assumere profili di eccezione Costituzionale, appare muovere come una leva psicologica estorsiva a raccogliere l’adesione del personale alle presunte economiche sempre fondate esigenze del Corpo, talvolta indotte artatamente proprio per forzare il medesimo sistema (vds. creo forzatamente un vuoto da rimpiazzare scontentando entrambi gli interessati), tant’è che:

       Crea disparità di trattamento nei confronti dell’omologo personale di Forza Armata, senza voler prendere in considerazione gli altri elementi del Comparto Difesa, in quanto non in linea con quanto riportato nella circolare Pers SMM edita a febbraio che regola la stessa materia per il personale Marina Militare;

       Nega la possibilità, riconosciuta per tutti gli altri, di formulare istanze di trasferimento per motivazioni personali;

       Nell’applicazione forzosa del concetto dei limiti di permanenza, contro le direttive dell’Anac fa leva sul personale, sottraendo a tale obbligo quello degli Enti Centrali, che gestiscono il grosso delle materie soggette a vigilanza, in contrapposizione alle direttive dell’Anac e quindi della legge anticorruzione e prevedendo espressamente che ai militari impiegati su Roma vale la regola stessa sede altro Ente, favorendone la progressione di carriera (ad es. La medesima Pers. 001 GC prevede che solo i meritevoli ex Capi di circondario possono ambire alle sedi centrali post Comando) e garantendone la permanenza geografica a tutti gli altri preclusa.

Questo si traduce in un malessere diffuso e divisivo che tiene il personale in una lotta continua tra tutti contro tutti per l’acquisizione dei punteggi o in una dolente rassegnazione che spesso diviene rinuncia in chi “fregato” dal vecchio sistema non trova più una utile collocazione nella nuova procedura per ritrovarsi, soprattutto nella fase finale della carriera, come un “missile” alla mercé dell’Amministrazione.

Ciò anche perché si continua ad assistere a trovate di genio per favorire gli amici degli amici ai quali si applicano strane alchimie per accontentarli nei ridotti movimenti nell’ambito di sedi vicine, aggirando le regole diversamente dettate per tutti i restanti appartenenti.

Sembra più di trovarsi di fronte all’opera tracotante di un Sistema finalizzato a prendere due piccioni con una fava ripianando le proprie esigenze con costruiti accoglimenti così da non corrispondere gli insufficienti e modici emolumenti previsti dalla legge 86/2001.

[Per quanto concerne il vantaggio di indirizzare le domande di trasferimento a sedi realmente esigenti, va chiarito che tale vantaggio è solo in capo alla amministrazione e non giustifica l’impedimento nei confronti del personale di poter liberamente esprimere un’indicazione di preferenza soggettiva. A suffragio di tale considerazione si riportano alcune osservazioni contenute nella decisione del Consiglio di Stato sede giurisdizionale Sezione IV 2053 del 2000, che ha visto respingere l’appello del MEF avverso alla sentenza n. 2139 del 10/11/1999 2^ Sez. TAR Lazio che riconosceva il diritto dell’emolumento degli importi per la legge 100 a personale GdF trasferito in sedi scelte da un elenco proposto dall’Amministrazione.]

Sono convinto che in questi ultimi sei anni, molti militari del Corpo abbiano dovuto rivedere, in perdita, molte delle proprie certezze e svanire le proprie aspettative anche alla luce dei sacrifici fatti, sulla base della precedente modalità di gestione dell’impiego, soggetti ora ad essere coattamente rinnovati. Lo stesso vanto dell’aumento dei trasferimenti a domanda tramite la nuova procedura concorsuale (un controsenso) rispetto a quelli d’autorità esprime l’ambiguità del sistema che si riflette in una forte instabilità ed incertezza nel futuro per i militari che non hanno nessuna garanzia maturato il punteggio di avere disponibile una sede ambita  e per i tanti ancora che non trovano e non troveranno il meritato spazio persino per i gradi apicali e quelli a fine carriera. Inoltre, questa magica traslazione degli effetti dei provvedimenti d’autorità su quelli a domanda è oggi l’unica alternativa ad un trasferimento comunque imposto dall’alto, una lotteria che:

       Non garantisce reale trasparenza sul numero di posti disponibili in una sede esigente, poiché non vengono ad essere pubblicamente indicati;

       Non definisce il criterio di assegnazione della sede quando un candidato risulta vincitore di più posizioni che non potendo esprimere una ulteriore preferenza, pena l’esclusione da tutta la procedura, rimane nella piena arbitrarietà dell’Amministrazione;

       Non fornisce nessuna chiarezza sui criteri di individuazione delle sedi esigenti che spesso vengono aperte per poi essere richiuse durante il procedimento senza nessuna indicazione in merito alle motivazioni;

       Non indica il concetto certo di area che diverrebbe il limite territoriale oltre il quale essere trasferiti fuori sede gradita.

Una voce (voce che spesso, nei vari Comandi, sposa la collocazione di personale di ruolo differente da quello richiesto dalle posizioni tabellari come anche le ripetute vacanze tabellari per specifici ruoli che non vengono ripianate) ricorrente vuole che le sedi esigenti siano individuate sulla scorta della compilazione delle schede di aspirazione annuali da parte del personale, nelle quali ognuno indica se interessato ad essere trasferito nel corso dell’anno; nel caso di indicazione positiva la stessa verrà portata come disponibilità della sede come esigente nell’interpello. Se così fosse sarebbe davvero delirante; quali sarebbero le superiori esigenze di servizio alla base di tutta la programmazione? In quale conto verrebbero tenute le effettive vacanze tabellari dei Comandi?

A questo punto che fare davanti all’arroganza perpetrata dai boriosi signori inventori o sostenitori del misero sistema. C’è chi non si è piegato ed ha mantenuto la schiena dritta come Vincenzo che ha fatto ricorso al Tar. Non è il primo e certamente non sarà l’ultimo ad impugnare il provvedimento emesso dal 1° Reparto del Comando Generale nell’assegnare, per giunta sbagliando, la sede di destinazione tramite la procedura concorsuale dell’interpello. Oppure, potremmo toglierci un dubbio. Azione e reazione. Se nessuno dei militari del Corpo partecipasse alla procedura concorsuale dell’interpello. Quale risposta o contromisura adotterebbero i Vertici romani?

“Sii il fautore del tuo destino” e non tenere conto delle incidenze esterne è una fesseria che solo i venditori di fumo, i figli di papà e la commissione itinerante possono dire. Nulla accade per caso. Memento audere semper!

 Cav Donato ANGELINI

 

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