Difesa

DAI MARÒ ALLA FOLGORE: QUANDO LA NAZIONE NON RISPETTA LE FORZE ARMATE

(di Vincenzo Scarpello) – Non vi sono veramente parole per descrivere l’abisso di disonore nel quale, con evidenti complicità anche in ambito militare, sono cadute le Istituzioni italiane nel loro rapporto con quegli uomini il cui stesso lavoro garantisce la vigenza delle leggi e la tutela degli interessi internazionali italiani sul suolo nazionale ed all’estero.

 

Da un lato assistiamo in queste ore agli sviluppi dell’ormai fin troppo conosciuta vicenda di Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che si trascina in maniera farsesca da anni, con una vicenda giudiziaria vergognosa, ormai nota in tutti i suoi cavillosissimi dettagli, che ha assunto i tratti di una tragicommedia, inscenata dalla giustizia indiana che si prende gioco di un’intera nazione, con dilazioni, rinvii, cavilli procedurali, dinanzi alla quale il Ministro degli Esteri, quello della Difesa, il Presidente stesso della Repubblica stanno facendo fare a tutta la nazione la peggiore figura della sua storia.
Il Paese dell’8 settembre, fatto solo di moniti e pernacchioni retorici è lo stesso che oggi si fa ridicolizzare dall’India, dove l’indisposizione di un giudice ha, notizia di queste ore, rinviato di mesi l’udienza dei due fucilieri di Marina. Rinvio su rinvio il tempo passa, e a farne
le spese, oltre ai due nostri marinai, è il buon senso, il prestigio, tutto.
L’onore di una nazione non consta infatti esclusivamente nella deposizione di corone a monumenti ai caduti, nel pur doveroso rispetto di simboli, bandiere e
commemorazioni di circostanza o nella esposizione del tricolore sugli edifici pubblici nelle ricorrenze civiche comandate o in occasione dei mondiali di
calcio. Ma sta nel rispetto che le istituzioni, a tutti i livelli, hanno per i propri soldati, per le divise che indossano con onore a cui essi devono a loro volta onore, rispetto e fedeltà fino al sacrificio della propria vita.
Lo Stato italiano, ancora una volta, non interviene per motivi di opportunità forse, forse anche di debolezza, forse anche di incapacità. Non vi è stato magistrato, in Italia, che si sia la briga di analizzare il clima di faciloneria, di dilettantismo allo sbaraglio e di cattiva gestione del caso nelle ore immediatamente successive al fatto, per cui oggi gli indiani stanno sottraendo due soldati al loro servizio alla nazione ed alle loro famiglie.
Del resto quale ulteriore autorevolezza può vantare uno stato che mette sotto accusa altri suoi uomini, i migliori e più addestrati, del V reparto d’assalto paracadutisti, gli eredi dei leoni della Folgore, rei di aver onorato un reduce con un canto, gli stornelli del paracadutista.
Questo canto, nato nelle trincee della prima guerra mondiale, presso i reparti di arditi, dei quali la Folgore è erede militare, onora il coraggio, lo sprezzo della morte, ed aggiunge solo una strofa goliardica, che invita a pulirsi il culo con la bandiera rossa. Tale strofa fu inserita negli stornelli nel dopoguerra, in piena guerra fredda, quando il nemico dell’Italia era l’Unione sovietica, che minacciava l’invasione di tutto l’Occidente. Il nemico, che sovvenzionava il principale partito di opposizione, il Partito Comunista Italiano, in maniera clandestina.
Ovviamente tale canto non è sfuggito a qualche solerte questurino del pensiero, poveretti che riempiono i propri vuoti esistenziali alla ricerca di fantasmi del passato, temendo chissà quali rinascite autoritarie.
Questo clima malmostoso, che offende non solo i militari, ma tutti gli italiani che ancora credono in questo paese sciagurato, tanto da pagarne ancora le tasse, suscita eccome rinascite autoritarie, se non altro nella doverosa
indignazione di tutti noi.
Si conoscono i nomi ed i cognomi del giornalista del Fatto Quotidiano che ha sollevato questo infame polverone, come si conoscono i nomi ed i cognomi dei solerti funzionari, degli ufficiali e degli altri esponenti coinvolti nell’inchiesta che hanno avuto perfino l’infame impudenza di disporre provvedimenti disciplinari esemplari contro questi ragazzi, rei di avere non tanto intonato gli stornelli del paracadutista, (a cui si ricalcano quelli
degli alpini, dei Vigili del fuoco e di altri corpi dello Stato), bensì di aver introdotto quella strofa sulla bandiera rossa, strofa che al di fuori di una Caserma è doveroso cantare da parte di tutti gli uomini liberi, e che in una Caserma altro non è che un retaggio goliardico dei tempi della Guerra fredda.
Si conoscono nomi e cognomi, qualifiche e gradi, e si spera che un domani, quando i pagliacci che danno questi abominevoli indirizzi politici saranno cacciati a calci dai vertici delle istituzioni che indegnamente ricoprono, vengano assunti provvedimenti disciplinari esemplari contro questi volenterosi carnefici del buon senso e dell’Onore della Nazione.
Perché il marcio non è in chi canta, ma è in chi, colpendoli, vuole colpire i corpi militari dello Stato più fedeli alla nazione, quelli più esposti nei teatri internazionali, con un disegno ben preciso, perché Folgore e Battaglione San Marco costituiscono il simbolo vivente di un’Italia migliore, di un’Italia che ancora crede nel servizio con onore, disciplina, abnegazione e fedeltà nelle istituzioni.

Gli artefici di questo disegno, che siedono nelle Istituzioni stesse, talvolta nei suoi scranni più alti, nelle Università e nelle Redazioni dei Giornali, sono nemici di questa Italia migliore e da nemici della Patria meritano di essere trattati.

Tratto da Quelsi Quotidiano

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