Avvocato Militare

Carabinieri, in Basilicata zelante controllo delle interrogazioni alla Banca Dati. Assolto un altro maresciallo denunciato per accesso abusivo

Recentemente il Tribunale di Potenza ha emesso una sentenza che ha assolto un Maresciallo dell’Arma dei carabinieri dalle accuse di abuso nell’accesso ai dati. La decisione del giudice si è basata sulla mancanza di prove concrete a supporto delle accuse formulate.

La vicenda ha avuto inizio quando il maresciallo, in servizio presso la Stazione Carabinieri di Rionero in Vulture in Basilicata, è stato accusato di aver effettuato accessi non autorizzati alla Banca Dati Interforze-Sistema di Indagine (SDI) nel 2021, con la motivazione “altre attività di indagine” in relazione ad una notizia di reato sulla quale stava indagando. In particolare, due di questi accessi avevano riguardato il cognato dell’indagato.

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La situazione avrebbe destato sospetti nel Comando Arma e fu richiesto al Comandante di Stazione di relazionare in merito. In particolare il Comandante evidenziò che quel nominativo non risultava coinvolto ne attenzionato in attività di indagine. Tuttavia, le indagini difensive condotte successivamente hanno rivelato che il nominativo interrogato era stato visto nei mesi di febbraio e marzo 2021 nei pressi delle abitazioni di soggetti coinvolti in un’indagine sulle truffe assicurative. Queste informazioni provenivano da due colleghi del sottufficiale sentiti in merito dal legale.

Non solo. Il maresciallo durante l’interrogatorio aveva dichiarato che gli accessi alla Banca Dati erano stati effettuati nell’ambito di un’indagine sulle truffe assicurative, e aveva fornito dettagli sulle circostanze che avevano portato a tali accessi. Queste dichiarazioni erano coerenti con quanto riferito dai colleghi durante le investigazioni difensive.

Il giudice per l’udienza preliminare ha, quindi, concluso che non vi era prova dell’accesso abusivo da parte del maresciallo. Le dichiarazioni dell’imputato erano supportate dagli atti di indagine difensiva e non erano incompatibili con la comunicazione riguardante gli accessi alla Banca Dati del 2021. Inoltre, considerando la vastità delle attività di indagine svolte e il numero di soggetti coinvolti, non vi erano motivi per dubitare dell’attendibilità delle testimonianze dei due colleghi.

In base alla giurisprudenza vigente, il reato di abuso nell’accesso ai dati richiede che il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio acceda o si mantenga nel sistema per ragioni estranee a quelle per cui gli è attribuita la facoltà di accesso. Tuttavia, nel caso del maresciallo, non è emersa alcuna prova che dimostrasse l’accesso per motivi estranei alle attività di indagine in corso.

Una Preoccupante Tendenza in Basilicata: La Seconda Denuncia

Con questa sentenza, il Tribunale ha assolto l’imputato dalle accuse ascritte, affermando che il fatto-reato non sussiste. La decisione del giudice sottolinea l’importanza di valutare attentamente le prove prima di formulare accuse di abuso nell’accesso alla Banca dati, specialmente quando tali accessi sono effettuati nell’ambito di un’indagine concreta in atto.

La sentenza solleva anche interrogativi sulle procedure di controllo della Banca Dati Interforze-Sistema di Indagine e il controllo della compagnia di Melfi, soprattutto considerando che questa è la seconda denuncia per lo stesso motivo nella stessa compagnia nello stesso periodo. Abbiamo già pubblicato, infatti, una vicenda analoga ai danni di un sottufficiale in servizio presso la stessa compagnia, anch’egli assolto da ogni accusa. (clicca qui per leggerla)

Due indizi saranno pure una coincidenza come diceva Agatha Christie, ma dobbiamo necessariamente arrivare ad una terza sentenza di assoluzione per avere una prova che i carabinieri in Basilicata fanno un uso responsabile della Banca Dati? La propensione a mettere in moto un procedimento penale, che coinvolge tempo, risorse e denaro pubblico, per giungere alla manifesta innocenza dei carabinieri coinvolti non è solo costoso, ma lancia anche un messaggio poco lusinghiero per l’Arma, la comunità e le aule di giustizia.

Non vogliamo mettere in discussione la necessità di preservare l’integrità dei dati e il rispetto della privacy, ma è difficile ignorare il costo di tali processi.

Non stiamo parlando solo del denaro speso per i procedimenti giudiziari, ma anche del prezzo pagato dai carabinieri coinvolti, che si sono ritrovati sotto accusa e nel mezzo di una tempesta mediatica. Non possiamo, inoltre, ignorare il fatto che questa situazione abbia inflitto un danno anche all’immagine all’Arma dei carabinieri.

La Paura dell’Utilizzo della Banca Dati da Parte dei Carabinieri

Tutto ciò solleva una domanda importante: i carabinieri, soprattutto in Basilicata, dovrebbero avere paura di ricorrere all’utilizzo della Banca Dati? Dopo tutto, sembra che ogni volta che accedono a queste informazioni, rischiano di finire in tribunale. La paura del processo, infatti, potrebbe dissuadere i carabinieri dall’utilizzare un’importante risorsa per svolgere il loro lavoro. Sappiamo bene come corrono le cattive notizie nei corridoi delle caserme, attraversano velocemente, tramite chat e passaparola, i confini regionali.

Ma c’è un’altra questione che dovremmo considerare. Perché non si parla con il carabiniere e si chiedono spiegazioni prima di instaurare procedimenti penali? È forse troppo sensato cercare di risolvere la questione in modo meno costoso e meno traumatico per tutti i coinvolti? Chiedere al carabiniere il motivo degli accessi sembra un passo logico prima di gettarlo nell’arena legale.

Uno spunto riflessivo che abbiamo mutuato dalla prima sentenza che abbiamo pubblicato ove il GUP di Potenza sottolineava che la PG segnalava il comportamento del Maresciallo “senza aver neppure richiesto chiarimenti allo stesso”.

In conclusione, la sentenza di assoluzione del maresciallo ci ricorda quanto i processi giudiziari possano essere costosi e dannosi per tutte le parti coinvolte. E mentre la protezione dei dati e della privacy è di fondamentale importanza, è auspicabile che il Generale di Brigata Scafuri, da poco alla guida della Legione Basilicata, conosca queste vicende e vi ponga rimedio nell’interesse dei carabinieri di cui è a capo e dell’intera comunità. Dovremmo cercare modi migliori ed efficienti per affrontare le questioni legate all’accesso alla Banca dati, garantendo al contempo la giustizia e il rispetto dei diritti di tutti.

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