Carabinieri

Carabiniere ucciso dal collega, il Ministero deve mostrare i documenti alla vedova

Omicidio dell’appuntato Emanuele Lucentini, entro 30 giorni il Ministero della Difesa dovrà consegnare alla vedova Stefania la documentazione finora negata. Il Tar del Lazio, sezione prima bis, ha infatti accolto il ricorso della donna, dichiarando illegittimo il diniego all’accesso agli atti opposto nei mesi scorsi. Assistita dall’avvocato Giovanni Ranalli, la Lucentini ha infatti chiesto di conoscere la posizione matricolare di Emanuele Armeni, appuntato scelto dell’Arma (ora congedato) condannato a 20 anni per l’omicidio volontario del collega.

C’erano sanzioni o procedimenti disciplinari a carico di Armeni? L’Arma dei carabinieri e il Ministero della Difesa hanno fatto tutto il possibile per evitare che si creassero le condizioni per quella tragedia? Documenti che la vedova considera necessari per «tutelare il proprio diritto di difesa, sia in sede penale (considerate le iniziative di revisione del processo avanzate da Armeni), sia in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni dai soggetti responsabili (tra i quali, nella specie, può individuarsi anche il datore di lavoro Arma dei carabinieri)». Per i familiari di Lucentini, del resto, alla perdita inconsolabile del proprio caro si è aggiunta la beffa del mancato risarcimento, visto che Armeni risulta nullatenente. Vano anche il tentativo di attingere al fondo assicurativo dell’Arma, che contempla l’indennizzo solo in caso di evento colposo. Insomma, se Lucentini fosse stato ucciso per sbaglio (come sempre sostenuto da Armeni), l’assicurazione avrebbe pagato i familiari. Ma l’omicidio volontario è un evento doloso e l’amministrazione – questo è il regolamento del fondo – non può sostituirsi al colpevole. Non si esclude, a questo punto, che dopo aver consultato la documentazione finora negata, la vedova possa citare in giudizio il Ministero della Difesa.

(di Ilaria Bosi per Il Messaggero it)

Lascia un commento

error: ll Contenuto è protetto