Il carabiniere Riccardo Casamassima assolto dal reato di vilipendio alle Forze armate
Riccardo Casamassima, carabiniere e testimone chiave nel processo sulla morte di Stefano Cucchi, è stato assolto dall’accusa di vilipendio alle Forze Armate e diffamazione per aver raccontato sul proprio profilo facebook le difficoltà vissute in seguito alla sua testimonianza. Una testimonianza, quella del carabiniere andriese, che ha successivamente portato alle condanne a 13 anni per omicidio preteritenzionale nei confronti dei suoi colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele Di Bernardo per il pestaggio di Stefano Cucchi. Giovedì 4 novembre sarà ricordata da Casamassima come la fine di un incubo: «Questa notte non ho chiuso occhio, l’adrenalina che dovevo smaltire era tanta. Oggi è un giorno nuovo, tra un po’ torno a lavoro e ci torno a testa alta come ho sempre fatto», ha scritto il carabiniere su Facebook ringraziando i suoi legali e la propria famiglia. «La giustizia ha trionfato», ha scritto in un altro messaggio.
Per Casamassima è la seconda assoluzione
All’Appuntato scelto, già punito con un demansionamento sul posto di lavoro, erano stati contestati i reati di vilipendio delle Forze Armate dello Stato aggravato e continuato, vilipendio delle Forze Armate dello Stato e diffamazione aggravati in concorso formale, diffamazione militare aggravata e continuata e diffamazione continuata pluriaggravata. Ad aprile 2021, poi, Casamassima e la moglie Maria Rosati erano stati assolti dall’accusa di detenzione di cocaina a fine di spaccio con formula piena («il fatto non sussiste», avevano rilevato i giudici). I fatti a loro contestati risalivano al 2014, quando il nome del carabiniere spuntò in un’intercettazione a carico di altri indagati nell’ambito di un’inchiesta per estorsione. Nelle telefonate, Casamassima parlava con informatori di determinate partite di droga: i pm chiesero 3 anni di reclusione per il carabiniere e due e mezzo per la moglie, i giudici accolsero la tesi difensiva per cui quelle conversazioni erano essenziali per il lavoro d’indagine. Le perquisizioni domiciliari, in quel caso, diedero esito negativo.
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