Carabinieri

CARABINIERE AVEVA INTRECCIATO UNA RELAZIONE CON LA SORELLA DEL RICERCATO, È STATO CACCIATO DALL’ARMA

La relazione sentimentale con la sorella di un latitante di mafia gli era costata il grado e il posto di lavoro. Il Tar prima, il Consiglio di Stato poi, hanno deciso che non riavrà né l’uno, né l’altro. Protagonista della storia un carabiniere che fino al 2003 era in servizio nel capoluogo abruzzese. A far calare definitivamente il sipario sulla storia sono stati i giudici della quarta sezione di Palazzo Spada, che tuttavia, nella sentenza depositata lo scorso 12 maggio, hanno ordinato di omettere le generalità del militare ai sensi dell’articolo 52 del Codice in materia di protezione dei dati personali. E’ quanto scrive Angela Baglioni per il CentroGelocal.it
L’ex carabiniere nel 2003 aveva patteggiato la pena, sospesa, di undici mesi di reclusione per i reati di omissione di atti d’ufficio e procurata inosservanza di pena aggravata. Era accusato di aver coperto la latitanza di un pericoloso latitante, fratello della collaboratrice di giustizia che in quel periodo stava proteggendo per motivi di servizio, e con la quale aveva allacciato una relazione. Nello specifico, era accusato di aver omesso di procedere all’arresto dell’uomo, di non aver fornito ai suoi superiori informazioni utili alla cattura e, infine, di averlo aiutato a sottrarsi agli organi di Polizia. A catturare il latitante, ricercato in tutta Italia per reati di mafia, e che in quel periodo si nascondeva in un appartamento del quartiere Pettino, fu la squadra mobile.

Alla conclusione del procedimento penale la vicenda finì all’attenzione di una commissione di disciplina istituita dal Comando generale dei carabinieri, che nell’agosto dello stesso anno chiuse il caso con una sanzione molto pesante. Il carabiniere fu ritenuto non meritevole di conservare il grado, stante la gravità dei fatti. La commissione rilevò anche “carenze di ordine morale con conseguente lesione del prestigio dell’Istituzione” e la violazione “dei doveri attinenti al grado e alle funzioni del proprio stato”, che resero incompatibile la sua ulteriore permanenza nell’Arma dei carabinieri. Contro la sanzione emanata dalla Direzione generale per il personale militare, il carabiniere presentò due ricorsi al Tar Abruzzo, definiti nel 2008 con altrettante sentenze di rigetto.

La vicenda approdò dunque al Consiglio di Stato. Nel procedimento di appello il carabiniere si è giustificato dicendo di non essere a conoscenza del fatto che il fratello della collaboratrice di giustizia fosse un latitante ricercato per reati di mafia, e di aver patteggiato (pur se innocente), per evitare che la propria famiglia venisse a conoscenza della relazione che aveva intrecciato

solo per acquisire notizie utili a fini investigativi. I giudici di secondo grado hanno però evidenziato che questa ricostruzione dei fatti è impossibile da accertare, e soprattutto risulta “sfornita di qualsivoglia supporto indiziario”.

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