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ABOLIRE IL CORPO FORESTALE CI COSTERÀ 25 MILIONI DI EURO

(di Marco Sarti) – «Fateci fare la differenza, vi serviremo bene». Comandante del Corpo Forestale dello Stato in Campania, da quindici anni in prima linea nella Terra dei Fuochi, il generale Sergio Costa lancia un appello ai parlamentari italiani.  Tra pochi giorni a Palazzo Madama ripartirà l’esame della delega alla Pubblica amministrazione. Il provvedimento del governo che ipotizza l’assorbimento del Corpo all’interno di altre forze di polizia. È un progetto inutile, a sentire alcuni dei senatori di opposizione.
«Persino pericoloso» conferma la presidente del gruppo Misto Loredana De Petris. In quasi due secoli di storia il Corpo Forestale ha sviluppato specifiche competenze ovunque riconosciute, che ora teme di veder disperse. Ma soprattutto, quella dell’esecutivo rischia di essere un’operazione inutile. Numeri alla mano, l’accorpamento dell’istituzione fondata nel 1822 da re Carlo Felice di Savoia rischia di non avere alcun effetto positivo per i conti pubblici (la spesa sostenuta per il funzionamento del Corpo è ampiamente compensata dalle sanzioni amministrative notificate). Anzi, nel breve periodo potrebbe persino rappresentare un’ulteriore spesa, che i diretti interessati hanno quantificato in almeno 25 milioni di euro.
Realtà specifica, si diceva. Il Corpo Forestale dello Stato è quotidianamente impegnato nella lotta alle ecomafie e nella tutela del territorio. Schierato a difesa di ambiente e agroalimentare, due realtà non proprio trascurabili del nostro Paese. Ma non tutti conoscono le eccellenze dei suoi nuclei specializzati: dedicati agli incendi boschivi, al bracconaggio, ai reati in danno agli animali. Senza considerare la sorveglianza dei parchi nazionali e le attività di contrasto – tanto per citare alcune realtà – a discariche abusive, inquinamento e traffico di rifiuti. Il tutto a fronte di un organico estremamente limitato. Per tutto il territorio nazionale, il Corpo Forestale dello Stato può contare su 8mila unità. Più o meno come i vigili urbani della città di Roma. A questi si aggiungono 1.340 operai che si occupano di 130 riserve naturali. Ranghi ristretti, da non confondere con le decine di migliaia di forestali assunti da alcune Regioni per la manutenzione dei boschi. Recentemente al centro di scandalizzate cronache giornalistiche.
E così in difesa del Corpo Forestale si è schierato un fronte composito. Ci sono le associazioni ambientaliste, ovviamente. Diversi esponenti politici, in maniera rigorosamente trasversale. All’incontro pubblico organizzato stamani a Palazzo Madama si sono presentati anche i rappresentanti di Slow Food. Nei mesi scorsi si è dichiarato contrario all’ipotesi del governo persino il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. «Sarebbe come togliere all’autorità giudiziaria – il testo della sua audizione davanti alla commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti – l’unico organismo investigativo in materia ambientale che disponga delle conoscenze, delle esperienze, del know-how e anche dei mezzi per poter smascherare i crimini ambientali». Una battaglia condivisa anche da 60mila concittadini, che in questi giorni hanno sottoscritto una petizione online per scongiurare la scomparsa del Corpo Forestale dello Stato. Del resto si tratta di una delle forze di polizia più amate, capace di riscuotere la fiducia di almeno il 65 per cento degli italiani.
Certo, un dubbio viene. Una volta accorpato nella Polizia, il Corpo Forestale dello Stato non potrebbe proseguire ugualmente la sua missione? Del resto il disegno di legge, quando si occupa dell’«eventuale assorbimento», conferma la necessità di lasciare inalterate «la garanzia degli attuali livelli di presidio dell’ambiente e del territorio e la salvaguardia delle professionalità esistenti». Il primo a smentire questa ipotesi è il procuratore antimafia Roberti. A rischio c’è proprio la tutela dell’ambiente. Lo scorso novembre, nella citata audizione in commissione, il magistrato spiegava: «Noi paventiamo che questo eventuale assorbimento, che forse risponde a esigenze di finanza, potrebbe rischiare di stemperare di molto il patrimonio di conoscenze e di esperienze e, quindi, la capacità investigativa di questo Corpo, che è il più diretto e stretto collaboratore nostro, come procura nazionale, e delle procure distrettuali». E ancora: «Riteniamo che il Corpo Forestale dello Stato debba mantenere una propria identità, perché attraverso il mantenimento dell’identità può sviluppare sempre meglio la propria conoscenza, la propria esperienza e la propria specializzazione, che non concerne soltanto i rifiuti, ma anche tutta la criminalità ambientale». È della stessa opinione il giornalista d’inchiesta Emilio Casalini. Autore, tra i tanti reportage, di alcuni servizi per la trasmissione Rai Report in tema di ambiente e rifiuti. «Nel mio lavoro – le sue parole durante un breve intervento a Palazzo Madama – continuo ad avere a che fare con esponenti del Corpo Forestale dello Stato.
È vero, la loro attività ha un impatto fondamentale anche per le Procure, frutto di specifiche conoscenze e professionalità». L’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, oggi presidente della Fondazione UniVerde, conferma: «Disperderne le competenze significa danneggiare importanti inchieste: dalla Terra dei Fuochi a quelle per inquinamento, dissesto idrogeologico, semina illegale di Ogm, frodi alimentari, incendi, bracconaggio. Tutti reati rafforzati negli ultimi anni». È difficile non rimanere stupiti dal contesto in cui è maturata la decisone del governo. L’addio al Corpo Forestale dello Stato arriva mentre il Parlamento sta approvando il disegno di legge sugli ecoreati. Una scelta giunta a pochi mesi dall’avvio di un Expo dedicato proprio all’agroalimentare. Una situazione per certi versi paradossale: stando ai dati, l’accorpamento non avrebbe neppure un tornaconto economico. Oggi il Corpo costa ai cittadini poco più di 490 milioni di euro l’anno. Fatti salvi i 460 milioni per il trattamento economico del personale – non in discussione – restano circa 30 milioni per il funzionamento dell’istituzione. Ebbene, questa spesa è totalmente compensata dalle irregolarità scoperte sul territorio. Nel quadriennio 2010-2013 la media delle sanzioni notificate dal Corpo Forestale dello Stato per illeciti amministrativi in materia di reati ambientali è stata di oltre 28 milioni di euro l’anno. 28.236.768 euro. A questa va sommata l’attività difficilmente “quantificabile”.
Solo nel 2013 sono stati accertati 11.726 reati. Circa 300 le persone denunciate nello stesso periodo per il reato di incendio boschivo.  Il danno e la beffa. Come denunciano i diretti interessati, uniformare il Corpo Forestale dello Stato a un’altra amministrazione avrebbe dei costi significativi. Merito di alcune voci di spesa secondarie, ma non per questo meno rilevanti. Confrontando le ultime gare d’appalto, ad esempio, si scopre che solo la sostituzione delle divise per le circa 8mila unità di personale, avrebbe un impatto per oltre 12 milioni di euro. Altri milioni di euro, poi, sarebbero necessari per “ridipingere” e uniformare le 1700 unità del parco mezzi (al netto dei veicoli speciali come i cingolati). E circa 2 milioni di euro per la simile conversione cromatica della flotta aerea. Infine servirebbero almeno 1,5 milioni di euro per un minimo corso di riqualificazione del personale. Della durata – davvero accelerata – di cinque giorni l’anno ciascuno. Il tutto per un costo totale di quasi 25 milioni di euro. Alla faccia della spending review.
Non solo. L’eventuale scomparsa del Corpo Forestale dello Stato finirebbe per non risolvere la questione delle sovrapposizioni istituzionali. Le funzioni di polizia ambientale, infatti, rimarrebbero in capo a diversi soggetti. Il Noe (Nucleo Operativo Ecologico) dei carabinieri, l’Ispra, la Capitaneria di Porto. Ma anche i corpi di Polizia provinciale e i corpi Forestali delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome, che un emendamento alla delega in discussione al Senato ha risparmiato dall’assorbimento. Insomma, anche in caso di riforma «rimarrebbero inalterate duplicazioni, sovrapposizioni e soprattutto costi». La soluzione?
Perché non accorpare nel Corpo Forestale dello Stato i Corpi di polizia provinciale? «Per fare una vera riforma – spiega Pecoraro Scanio – e ottenere veri risparmi, si dovrebbero assorbire nel CFS le circa 100 polizie provinciali ambientali e, magari, realizzare anche una federazione con i corpi Forestali di regioni e province autonome, creando una cabina di regia nazionale che consenta di economizzare e migliorare l’efficienza degli interventi».

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