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I CARABINIERI-BANDITI INVOCANO IL PERDONO DI FAMIGLIE E COLLEGHI, CONFESSANO LA RAPINA, MA PER L’OMICIDIO LA LEGITTIMA DIFESA

«Siamo affranti e addolorati per quello che è
avvenuto».
Ha due fratelli Claudio Vitale, il carabiniere arrestato
assieme a Jacomo (detto Jacopo) Nicchetto per aver commesso la rapina al
supermercato di Ottaviano e culminata con una sparatoria e la morte di Pasquale
Prisco, titolare del market.

Ed è a loro che l’intera famiglia affida il
compito di pronunciare le prime, poche parole dopo i fatti di mercoledì scorso:
“Esprimiamo tutto il nostro dolore per quello che è avvenuto. Siamo consapevoli
che le prime vittime di questa triste vicenda sono i componenti della famiglia
Prisco. A loro manifestiamo vicinanza e confidiamo nel lavoro della
magistratura», dicono.

Originari di Cercola (la moglie del rapinatore
però è di Volla e il carabiniere ha vissuto anche a Terzigno, quando era in
servizio a Napoli), anche i Vitale, dunque, sottolineano la situazione
difficile nella quale si sono ritrovati senza volerlo. Insomma, il carabiniere
Claudio non viene da un ambiente malavitoso e non trova, tra i suoi parenti,
chi è disposto a giustificarlo per
quello che ha fatto.
Una condotta simile la stanno assumendo anche i
familiari di Nicchetto, che stanno a Chioggia. 

Almeno altre quattro persone hanno inseguito i
carabinieri-rapinatori dopo il raid al supermercato di Ottaviano e hanno preso
parte al pestaggio. È questo ciò che è emerso dal racconto dei due militari
fermati con l’accusa della rapina e di avere sparato e ferito a morte uno dei
figli del proprietario. Ieri si è tenuta l’udienza di convalida del fermo
dinanzi al gip di Nocera Inferiore: Claudio Vitale e Jacopo Nicchetto hanno
ammesso la rapina, ma rincorrono la linea della legittima difesa per
giustificare l’omicidio.
I due carabinieri in forza al battaglione Mestre
hanno parlato a lungo con il gip di Nocera e hanno riconosciuto le proprie
responsabilità rispetto al raid. Una scelta sensata dal momento che contro di
loro c’è un video, oltre a una serie di elementi come la busta con il bottino e
i passamontagna trovati a pochi metri dall’auto con la quale si sono schiantati
sulla Statale 268.

Ma se per il raid hanno scelto di rendere una
confessione piena, lo stesso non hanno fatto per l’omicidio per il quale
rischierebbero l’ergastolo. Il senso delle loro risposte alle domande del gip è
palese: hanno temuto di finire ammazzati di botte e per questo Nicchetto ha
aperto il fuoco.
La loro ricostruzione di quei minuti di follia sulla 268
non è molto diversa da quella che la procura ha già messo nero su bianco, ma
viene inquadrata dai due in un’ottica diversa, che apre la strada a nuovi
scenari investigativi: hanno sparato per paura la presenza di almeno altri
quattro uomini al momento dei fatti sulla Variante, persone che in questo
momento sono ricercate dai carabinieri.
tratto da il Mattino.it

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