Esteri

Usa, Trump si consegna alle autorità di New York: "È surreale"

L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è presentato spontaneamente di fronte al giudice distrettuale di Manhattan, New York. È la prima volta che un ex inquilino della Casa Bianca, nonché candidato repubblicano in pectore per un secondo mandato, è incriminato per illeciti penali. Ecco cosa aspettarsi dalla storica udienza.

L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è arrivato all’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan per consegnarsi alle autorità. È nelle mani della polizia, ma non è chiaro se sarà sottoposto alla foto segnaletica di rito e al tracciamento delle impronte digitali. Sicuramente sarà portato in nell’aula del tribunale, dove verrà chiamato in giudizio: la deposizione dovrebbe essere rapida, ma rappresenta un momento e storico per gli Stati Uniti. L’ex inquilino della Casa Bianca ha definito “surreale” il procedimento penale nei suoi confronti. “Verso Lower Manhattan, il tribunale”, ha scritto sul social Truth. “Sembra così Surreale – Wow, mi arresteranno. Non riesco a credere che stia succedendo in America“.

Di cosa è accusato Trump

Il caso Stormy Daniels, ma non solo. L’ex presidente statunitense, Donald Trump, è incriminato dalla procura di New York – distretto di Manhattan – per un totale di 34 capi d’imputazione per reati fiscali. L’ex inquilino della Casa Bianca avrebbe dato circa 130mila dollari all’ex pornostar per comprare il suo silenzio su un presunto rapporto sessuale consumato nel 2006, un fatto che avrebbe potuto compromettere la sua corsa alla Casa Bianca nel 2016.

Secondo quanto riferito da Michael Cohen, ex avvocato di Trump, sarebbe stato lui a elargire la somma a Daniels, per poi farsela rimborsare dalla Trump Organization come “spese legali”. Ad aggravare la situazione, ci sarebbe anche il fatto che la somma sarebbe stata ‘attinta’ dai fondi elettorali per la campagna presidenziale che ha dato a Trump le chiavi della Casa Bianca.

Il tycoon chiede di spostare il procedimento

Prima dell’udienza, Trump aveva chiesto di spostare il processo a suo carico da Manhattan a Staten Island, un’area tradizionalmente molto più repubblicana dell’altra. “È una sede molto ingiusta, con alcune aree che hanno votato l’1% (per il partito) repubblicano“, ha dichiarato l’ex presidente poco dopo il suo arrivo a Manhattan. “Questo processo dovrebbe essere spostato nella vicina Staten Island, sarebbe un luogo giustissimo e sicuro per il processo”.

Trump ha anche accusato il giudice incaricato, Juan Merchan, di essere “fortemente di parte” e con una famiglia composta da “gente che notoriamente odia Trump” e “una figlia che lavora per Kamala (Harris)“. In precedenza, Trump ha anche detto più volte che che Alvin Bragg – procuratore di New York titolare del caso – “lo odia”.

Folla a New York prima dell’udienza

Centinaia di persone, tra cui turisti, fotografi e manifestanti a favore e contro l’ex presidente si sono radunate attorno alla Trump Tower, sulla Fifth Avenue, in attesa di vedere uscire l’ex presidente degli Stati Uniti. Tutta l’area è stata transennata e presidiata dai poliziotti, come dieci chilometri più a Sud, dove si trova il tribunale penale.

Repubblicani a sostegno di Trump

A sostegno di Trump sono accorsi anche alcuni rappresentanti repubblicani del Congresso. Tra i primi ad arrivare il deputato George Santos, finito nella bufera per aver mentito sul suo curriculum, millantando titoli di studio, un lavoro di alto profilo a Wall Street, e persino una carriera di successo nello sport. Tutto falso, ma Santos, nonostante le richieste di dimissioni lanciate da colleghi di partito e dai suoi stessi elettori, non ha intenzione di lasciare il Congresso.

Sul posto ha fatto una breve comparsa anche la deputata repubblicana e cospirazionista del movimento QAnon, Marjorie Taylor Greene, che ha tentato di parlare ma è stata rapidamente sommersa dalle urla e dai fischi della folla.  “Sono qui per protestare e usare la mia voce per prendere posizione. Ogni americano dovrebbe farlo. Questo è ciò che succede nei Paesi comunisti, non negli Stati Uniti”, ha dichiarato.

L’ombra di Capitol Hill

Lo scorso 18 marzo, in un post sul suo social network Truth, creato dopo essere stato bandito da Facebook e Twitter, Trump sosteneva che sarebbe stato arrestato, invitando i suoi sostenitori a manifestare in suo favore. La folla presente a New York per l’udienza di martedì, 4 aprile, rievoca lo spettro della rivolta del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Usa da parte di sostenitori di Trump, in cui sono morte cinque persone (a cui si aggiungono quattro misteriosi suicidi nei mesi successivi). La commissione d’inchiesta formata in seguito dalla Camera ha chiesto la sua incriminazione in relazione a quei fatti, ma ora tocca al dipartimento di Giustizia esprimersi in merito.

Cosa aspettarsi

È improbabile che, comunque vada, per il caso di New York l’ex presidente finisca in prigione. Trump ha confermato la sua intenzione di correre alle primarie Repubblicane, per poi presentarsi di nuovo come candidato alla presidenza nel 2024. Il procedimento a Manhattan non glielo impedirebbe. La legge statunitense, infatti, non pone questo limite all’elettorato passivo, a differenza di quello attivo. In 48 Stati i cittadini condannati per illeciti penali non possono votare, ma paradossalmente possono candidarsi. Potrebbe venirsi a creare la situazione paradossale in cui Trump venga eletto e condannato ‘allo stesso tempo’.

Gli altri procedimenti

Ci sono anche altre inchieste, statali e federali, su cui Trump rischia. La prossima grana per lui potrebbe arrivare dallo Stato della Georgia, dove Fani Willis, il procuratore distrettuale della contea di Fulton, sta valutando se accusarlo di reato in relazione alle interferenze dell’ex presidente nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2020. Il 2 gennaio del 2021, Trump aveva intimato al segretario di Stato georgiano Brad Raffensberger di “trovare” i voti necessari a ribaltare i risultati delle presidenziali. Questa inchiesta, insieme a quella dipartimento Giustizia – sempre sulle presunte ingerenze di Trump nel voto nel 2020 e sulla sua gestione di documenti governativi- sono i dossier più scottanti per lui e che lo mettono a rischio di finire in prigione. Trump ha negato di aver commesso illeciti in tutti questi casi.

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