Politica

Taranto, cimitero usato come base dello spaccio di droga: 19 arresti

I carabinieri delle stazioni di Taranto, Brindisi e Lecce hanno arrestato 19 persone, accusate di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga e altri reati connessi. Utilizzavano un cimitero come piattaforma per i loro traffici.

Avevano utilizzato il cimitero di Sava, in provincia di Taranto, come nascondiglio della droga da spacciare. È uno dei particolari dell’inchiesta che ha portato all’operazione effettuata nella mattina di lunedì, 27 febbraio, dai carabinieri tra Taranto, Bari, Brindisi e Lecce. I militari hanno eseguito 19 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip di Lecce su richiesta della Dda di Lecce, che ha svolto le indagini.

L’accusa

Tutti gli indagati rispondono di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio, porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo e ricettazione. La droga arrivava da Francavilla Fontana, nel Brindisino, da “soggetti evidentemente ben inseriti nel settore dei narcotici“, scrive il gip di Lecce nell’ordinanza. Poi veniva venduta nella piazza di Sava, nel Tarantino. Coinvolto anche il vicino comune di Torricella.

Cimitero usato come base

Il giudice delle indagini preliminari afferma nell’ordinanza che il sodalizio avrebbe “riconvertito il cimitero di Sava nella base operativa e logistica del gruppo, dove al sicuro da occhi indiscreti, sarebbero avvenuti gli incontri con i fornitori, con i pusher“. “In quel luogo – sostiene il gip – sarebbero avvenuti, poi, i conteggi dei proventi dell’attività di spaccio, la suddivisione degli utili e in alcune occasioni anche il taglio dello stupefacente“.

Armi nei loculi

Dall’inchiesta emerge anche che due degli indagati avrebbero occultato armi illegalmente detenute all’interno di un loculo cimiteriale vuoto di proprietà di una ignara famiglia di Sava. All’interno sono stati trovati tre fucili, di cui uno a pompa, e varie munizioni, anche per pistole, che da successivi accertamenti sono risultati rubati.

Il gip afferma che “uno degli aspetti più allarmanti verificatisi nel corso delle indagini, è di sicuro la disponibilità di armi (pistole e fucili) da parte degli indagati, che le avrebbero più volte portate in pubblico”. Gli indagati erano muniti anche di giubbotti antiproiettile e in casa di uno di loro è stato trovato e sequestrato un fucile a canne mozze con matricola cancellata, munizionu varie, alcune “cipollette” di sostanze stupefacenti, verosimilmente cocaina e hashish, nonché un paio di manette.

Le indagini

Nella fase iniziale le indagini si sono concentrate su una delle persone al centro del blitz che, dopo un lungo periodo di detenzione, “riacquistata la libertà e forte del suo carisma criminale – spiegano i carabinieri – aveva sin da subito ripreso le redini delle attività criminose del suo territorio grazie al suo elevato e riconosciuto spessore criminale” ed avrebbe iniziato ad “imporre le sue regole”. In particolare, dicono i militari, l’uomo avrebbe costretto altri gruppi criminali presenti sul territorio sud-orientale della provincia di Taranto al “fermo” delle loro attività illecite, non permettendo loro di gestire alcun traffico legato allo spaccio di droghe se non sotto il suo diretto controllo.

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