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SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. LA MARINA MILITARE: «STIAMO VERIFICANDO»

(di Luca Marco Comellini) – Basta semplicemente
fare una veloce – e neanche tanto approfondita – ricerca sul web 
per
scoprire che le notizie sugli infortuni sul lavoro rappresentano una costante
quasi giornaliera nel panorama dell’informazione italiana.

Molte di queste
riguardano il Ministero della Difesa ma nonostante ciò, e fin troppo spesso, i
ministri che si sono seduti sulla poltrona di Palazzo Baracchini hanno sempre
risposto alle interrogazioni dei parlamentari di ogni schieramento che gli sono
piovute sulla scrivania che le Forze armate prestano la massima attenzione alla
tutela delle proprie risorse umane, considerate elemento imprescindibile a garanzia
della propria efficienza ed efficacia operativa e che, per tale motivo, la
normativa antinfortunistica è sempre stata seguita dall’organizzazione militare
con la dovuta attenzione.
Evidentemente
qualche volta la risposta di facciata non ha trovato il dovuto riscontro 
nei
numerosi incidenti avvenuti nel corso degli anni – anche dopo l’entrata in
vigore nel 2008 della normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro –
resi noti all’opinione pubblica quasi sempre dai mezzi di informazione
commerciali piuttosto che da quelli istituzionali. L’ultimo grave incidente,
peraltro mortale, reso noto dai media è dello scorso 20 giugno quando un
dipendente dello Stabilimento Militare Propellenti di Fontana Liri è rimasto
folgorato durante un intervento di manutenzione.

Tra gli
incidenti sul lavoro che più di tutti hanno destato l’attenzione dell’opinione
pubblica 
non può non essere ricordato quello che avvenne
sulla nave scuola della marina militare Amerigo Vespucci il 24 maggio 2012,
costato la vita al sottocapo di 3^ classe Alessandro Nasta a causa di una
caduta dall’albero maestro, mentre era impegnato in una pericolosa manovra alle
vele. Per la morte del giovane marinaio pende una richiesta di rinvio a
giudizio sulla testa dell’attuale Capo di stato maggiore della Marina militare
e di altri ammiragli e ufficiali che verrà decisa, salvo ulteriori rinvii, il
prossimo 10 dicembre dal Gup del Tribunale di Civitavecchia. 
A
distanza di quasi 8 anni dall’ingresso nel nostro ordinamento della normativa
sulla sicurezza 
e la prevenzione nei luoghi di lavoro fa un
certo effetto vedere un uomo arrampicato su un tetto di un edificio situato
all’interno di un complesso della Marina militare mentre è intento a pulire una
grondaia, apparentemente senza indossare nessun dispositivo di sicurezza, come
mostrano chiaramente le foto scattate lo scorso 26 ottobre nei pressi del
Circolo Ricreativo Dipendenti della Difesa situato all’interno del complesso
Marina Militare Nord.
La
Marina militare
 alla domanda se “dopo il caso del sottocapo
Alessandro Nasta deceduto a seguito della caduta dall’albero maestro della nave
Amerigo Vespucci, cosa ha fatto o sta facendo la Forza armata per evitare il
verificarsi di così evidenti situazioni di pericolo come quella raffigurata
nella foto” ha risposto solo telefonicamente con un un laconico “stiamo
verificando”. Guardando le foto pubblicate, però, la domanda che sorge
spontanea è: “e se la persona arrampicata sul tetto cade si fa male o muore,
poi la colpa di chi è?”.
In
attesa di una risposta un po più esauriente da parte dei marinai
 appare
utile ricordare che il rispetto delle normative e dei regolamenti afferenti la
sicurezza del personale dipendente, sia esso militare o civile, è un preciso
“dovere” del datore di lavoro, nonostante altre disposizioni
legislative in materia abbiano più volte riconosciuto la “specificità
lavorativa” delle Forze armate (sic!), affermandosi di conseguenza un principio
di “applicabilità compatibile” della normativa prevenzionale. Al riguardo,
però, non può tacersi il fatto che detto principio ha trovato esplicita
formulazione nell’art. 3, comma 2 del testo unico sulla sicurezza. Infatti, in
tale contesto, il legislatore della semplificazione e del riassetto, nella
consapevolezza che dalla specificità lavorativa delle Forze armate potessero
derivare situazioni derogatorie anche alla disciplina generale in tema di
sicurezza sui luoghi di lavoro, con l’art. 184, comma 1 del codice militare
(d.lgs 66/2010) ha stabilito che la normativa di cui al d.lgs. 81/2008, si applica
anche alle Forze armate, compatibilmente con gli speciali compiti ed attività
da queste svolti, tenuto conto delle insopprimibili esigenze connesse
all’utilizzo dello strumento militare.
È
chiaro che lasciare salire un proprio dipendente su un tetto per pulire una
grondaia,
apparentemente senza alcuna misura di sicurezza, a molti può
sembrare una sciocchezza ma a volte la cosa può diventare seria, serissima e
poi una grana. 

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