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RIVALUTAZIONE COEFFICIENTI: COSA SUCCEDE A CHI VA IN PENSIONE DAL 1 GENNAIO 2016?

(di Guido Lanzo) – Con il Decreto del Ministro del lavoro del 22 giugno
2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 6 luglio 2015, si è
proceduto all’aggiornamento triennale dei coefficienti di trasformazione del
montante per il calcolo delle pensioni che verranno liquidate in tutto o in
parte con il metodo contributivo a partire dal 1° gennaio 2016.

I coefficienti di trasformazione sono i parametri
utilizzati per convertire in pensione annua il montante contributivo maturato
dal lavoratore al momento del trattamento pensionistico. La revisione di tali
coefficienti, che tiene conto della variazione dell’aspettativa di vita, si
basa sulla rilevazione, effettuata dall’ISTAT, delle variazioni demografiche e
dell’andamento effettivo del PIL di lungo periodo, rispetto alle dinamiche dei
redditi soggetti a contribuzione previdenziale. Sulla base di tali parametri i
nuovi coefficienti di trasformazione risultano inferiori agli attuali. I nuovi
coefficienti si applicano sull’intero montante contributivo maturato e non tempo
per tempo, come più volte richiesto dalla CISL che è critica rispetto ad una
impostazione che penalizza i lavoratori. Dal 2019 la variazione dei
coefficienti si trasformazione avrà cadenza biennale.
L’importo delle pensioni basate sul sistema
contributivo viene determinato sulla base di un tasso applicato al capitale
accumulato tramite il versamento dei contributi. Tale tasso dipende
dall’andamento del Pil e dall’inflazione e può essere anche negativo
​Per determinare l’importo
delle pensioni
 calcolate con
il sistema contributivo viene applicato ai contributi versati
un “tasso annuo di capitalizzazione“. In pratica, tutti i
contributi versati per un certo lavoratore vanno a costituire nel
tempo un capitale, detto montante contributivo individuale, che viene
incrementato in base all’andamento dell’economia. Una somma versata oggi,
infatti, avrà un valore ben diverso tra 20 o 30 anni e pertanto l’Inps (o un
qualsiasi altro istituto previdenziale) effettua un calcolo per tenerne
conto. 
È un meccanismo simile a quello della banca,
che applica al denaro che versiamo sul conto un tasso d’interesse variabile in
base a criteri legati all’economia generale.
L’incremento del montante contributivo
individuale non si basa sul tasso di sconto, come in banca, né sull’andamento
dei beni al consumo, ovvero sul tasso di inflazione, bensì l’anda​​mento del Pil, ovvero la variazione della ricchezza prodotta dal Paese nel suo
complesso.​​ Il “tasso
annuo di capitalizzazione riconosciuto” dall’Inps è pari alla
crescita media del “Pil nominale”
nei cinque anni precedenti
​Il Pil
nominale
 è ricavato dalla somma
del Pil reale con l’inflazione. Dunque l’importo delle pensioni
future è strettamente legato alla salute dell’economia: finché c’è crescita (e
inflazione), il capitale versato aumenta di valore e al momento di maturare il
diritto alla pensione il lavoratore potrà contare su un assegno mensile
congruo alla situazione economica del momento. Se invece l’economia va male, il
“gruzzolo” messo da parte dal lavoratore nel corso del tempo può
anche perdere di valore e produrre una pensione di importo più ridotto.
A chi
interessa
Questo sistema interessa totalmente chi rientra al
100 per cento nelsistema contributivo, cioè chi ha iniziato a
lavorare dopo il 31 dicembre 1995.
Chi a quella data già lavorava avrà la pensione
calcolata con un sistema misto, in parte retributivo (cioè basato
sulla retribuzione degli ultimi anni) e in parte contributivo (cioè basato sui
contributi effettivamente versati).
Chi è andato in pensione con il sistema
retributivo
, cioè prima del 2011, non corre alcun pericolo, perché la sua
pensione è calcolata esclusivamente sulla base dei compensi percepiti
nell’ultima parte dell’attività lavorativa, come spiegato nella nostra pagina
sui sistemi di calcolo delle pensioni. 
Differenze
con la “perequazione”
La rivalutazione del montante contributivo potrebbe
essere confusa con la perequazione delle pensioni. La differenza è la
seguente:
  • la rivalutazione
    del montante contributivo
     viene applicata al montante
    contributivo indivi​duale, cioè al capitale accumulato dal
    lavoratore tramite il versamento dei contributi prima
    del pensionamento
    ;
  • la perequazione viene
    applicata all’importo della pensione dopo il pensionamento.
Ecco,
di seguito, le tabelle con tutti i coefficienti di trasformazione aggiornati

Quando l’età, alla data del pensionamento, non
corrisponde a “cifra tonda” (ad esempio, 57 anni e 6 mesi), sono aggiunte al
coefficiente le relative frazioni di anno.   
Per
esempio
, per calcolare il coefficiente di
trasformazione di un soggetto che si pensiona a 58 anni e 8 mesi, dovremmo svolgere
il seguente procedimento: 4,535 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 59
anni) – 4,416 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni)= 0,119.
Dobbiamo poi dividere tale risultato per 12 mesi, ottenendo  0,0099167
circa. Moltiplicheremo il nuovo risultato per le frazioni di anno, in questo
caso 8 mesi, ed otterremo 0,079 , arrotondando. A questo punto, dobbiamo
sommare quanto ottenuto al coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni,
arrivando così al coefficiente esatto per chi si pensiona a 58 anni ed 8 mesi,
ovvero 4,495. Applicando il coefficiente al montante contributivo, si otterrà
la pensione annuale; diviso per 13 l’importo annuale, si giungerà all’assegno
mensile.   
In
pratica
, se un lavoratore possiede un
montante contributivo totale(Quota A più Quota B) di 300.000€, e si pensiona,
col calcolo interamente contributivo, a 58 anni esatti nel 2015, avrà diritto
ad una pensione annua di 13.248 Euro (300.000 per 4,416%), mensile (diviso 13
mensilità) di 1.019,08 Euro.   
Se un altro lavoratore si pensionasse nel gennaio
2016, con lo stesso montante contributivo e la stessa età, avrebbe diritto a
13.062 Euro all’anno, pari a € 1.004,77 al mese, per effetto dell’aggiornamento
dei coefficienti: una perdita annuale di 186 Euro, che va ad aumentare, con la
crescita dell’età pensionabile, a causa del differenziale tra vecchi e nuovi
coefficienti.  Se, difatti, un soggetto, con lo stesso montante di 300.000
Euro, si collocasse a riposo a 64 anni esatti nel 2015, avrebbe un assegno
annuale pari a Euro 15.777; se un altro soggetto si pensionasse nel 2016 con i
medesimi parametri, avrebbe un trattamento annuo di 15.477 Euro, con una
perdita di ben 300 Euro. 
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TRATTO DAL BLOG DI GUIDO LANZO

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