Polizia

Poliziotto picchiato e rapinato da due fratelli a Salò, ecco cos’è accaduto

Nell’ultimo fine settimana si è consumata un’altra rapina sul Garda. Questa volta la vittima è un esponente delle forze dell’ordine che, durante la disavventura, non era in servizio. L’uomo ha raccontato quanto accaduto venerdì scorso a Salò poco prima delle 20. «Parcheggio la mia auto — dice il protagonista — e vado a salutare degli amici. Pochi minuti dopo arriva un vicino di casa che ci avvisa di aver visto dei ragazzi aprire la mia auto e rubare uno zaino. Ci dà l’indicazione della direzione che i ladri hanno preso».

Così il poliziotto inizia l’inseguimento: «Li vedo, non hanno più lo zaino e uno dei due si gira indietro e viene verso di me. Aggressivo, con un tono alto come per intimidirmi mi chiede: cosa vuoi? Perché ci stai seguendo?». Subito dopo i due giovani, due fratelli (uno minorenne) di Vobarno, lo aggrediscono per ben due volte. «Mi rivedo adesso con le braccia alzate a tentare di fermare i loro colpi, la loro violenza, non ceca, mirata, cercano con intenzione di colpirmi al volto e più volte ci riescono». Poi scappano, ma arrivano i carabinieri della Compagnia di Salò che in breve tempo sono riusciti a risalire e arrestare i due fratelli.

La lettera integrale del rappresentate delle forze dell’ordine al Corriere, che vuole rimanere anonimo:
«Ecco, a questo non avevo pensato… tutte le mattine quando mi alzo presto, mi preparo e indosso la divisa non penso che poi qualcosa di quello che vedo durante il lavoro possa accadere anche a me. La Divisa… faccio orgogliosamente parte di quelli ai quali è stato spiegato che la Divisa serve per dividere Noi dagli altri Cittadini, ma non in senso negativo! Serve per essere facilmente identificabili, serve per dare un senso di protezione a chi di giorno e di notte ci vede passare e sa di non essere da solo. Ma la divisa, (qualsiasi divisa, carabinieri, polizia di Stato, polizia locale, guardia di finanza) è per noi uniforme ed in questa declinazione ci fa sentire tutti fratelli, ci fa stringere gli uni accanto agli altri nei momenti bui e festeggiare insieme quando sappiamo di aver fatto bene il nostro lavoro, che poi è il mestiere di far stare al sicuro gli altri, di proteggerli a volte a scapito della nostra sicurezza. Tornando a quello che volevo dire… quella mattina non me lo ero immaginato che poche ore dopo, finito il mio servizio e tornato a casa sarei diventato vittima. I fatti sono abbastanza semplici. Parcheggio la mia auto e vado a salutare degli amici. Pochi minuti dopo arriva un vicino di casa che ci avvisa di aver visto dei ragazzi aprire la mia auto e rubare uno zaino. Ci dà l’indicazione della direzione che i ladri hanno preso. Senza pensare mi metto all’inseguimento, mentre corro ragiono con l’esperienza e decido quale strada fare. Li vedo, mi fanno accendere immediatamente una lampadina, camminano veloci, un po’ piegati e parlottano. Non hanno più lo zaino ma sono convinto che siano loro. Uno dei due si gira indietro, mi vede che cammino come loro, scambia due parole con l’altro e viene verso di me. I miei dubbi diventano certezza in quel momento. Mi si fa davanti, aggressivo, a tono alto come per intimidirmi mi chiede: cosa vuoi?! perché ci stai seguendo?! Neanche rispondo, ragiono che se questo mi è venuto incontro l’altro deve avere addosso quello che hanno rubato. Continuo a seguirlo a passo veloce mentre quello che ormai è dietro di me continua a volermi rallentare. Arrivati ad un certo punto li ho di nuovo davanti tutti e due, siamo separati da una siepe e tento di parlare, sono giovani, forse poco più che maggiorenni, loro in due non fanno la mia di età. Poi la siepe finisce ora siamo di fronte chiedo cosa stanno facendo e se fossero loro ad aver preso il mio zaino. Senza preavviso mi si avventano contro. C’è una colluttazione, faccio quello che posso, riesco a portarne uno a terra ma l’altro mi aggredisce da dietro e perdo la presa. Mi accorgo che a terra è caduto loro il mio tablet. Penso: hai visto che avevi ragione… mi chino a prenderlo e vengo colpito ancora da dietro. Quando mi alzo loro si allontanano. Purtroppo non ho il mio cellulare per chiamare aiuto e non voglio che la passino liscia quindi li seguo ancora, sto distante e cerco di vedere se c’è qualcuno che possa chiamare il 112 per chiedere l’intervento. Loro ad un certo punto si accorgono che gli sono ancora dietro e puniscono questa mia ostinazione con un ulteriore aggressione. Stavolta sono io che devo indietreggiare. Mi rivedo adesso con le braccia alzate a tentare di fermare i loro colpi, la loro violenza, non ceca, mirata, cercano con intenzione di colpirmi al volto e più volte ci riescono. Continuano anche quando indietreggio. Lo fanno con rabbia, quasi come se non concepissero che qualcuno di fronte ad un furto e ad un’aggressione possa reagire e quindi questo qualcuno loro lo devono punire per lasciare un segno. Poi scappano. Io mi siedo a terra ferito, sanguinante, stordito… arriva una signora che chiama il 112, arrivano altre persone che mi chiedono cosa fosse successo e che mi danno aiuto. Grazie alle indicazioni di alcuni ragazzi i Carabinieri riescono a trovare e a prendere in custodia i fuggitivi. Arriva l’ambulanza che mi carica e in P.S. mi curano, dopo i controlli mi danno la buona notizia che non ho ossa rotte. Solo una commozione celebrale, graffi e botte su gambe e braccia, occhi neri, naso tumefatto e labbra rotte. Nel frattempo due Carabinieri vengono e formalizzano la denuncia e l’identificazione dei soggetti. Anche i Carabinieri sono giovani, mi parlano con rispetto e sento nelle loro voci un pizzico d’orgoglio per aver preso i colpevoli ma anche un po’ di sofferenza, dovuta all’empatia che dimostrano, per quello che stanno verbalizzando. Finito tutto. Torno a casa e tra qualche gg scomparsi dal viso i segni delle botte si torna a lavorate». 

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