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POLIZIA, NUOVI DISTINTIVI DI QUALIFICA: “NON CI SI VUOLE PIÙ MISCHIARE CON I CARABINIERI, PERCHÉ VIVIAMO UNA SINDROME DI INFERIORITÀ”

È di questi giorni la polemica riguardante i nuovi distintivi di qualifica della Polizia di Stato: polemica che ha visto confrontarsi sulle pagine del Tempo vari rappresentanti sindacali e il Capo della Polizia Gabrielli il quale, non sapendo giustificare l’obbrobriosa spendita di denaro per una riforma inutile, ha dimostrato anche di conoscere poco la nostra storia e le nostre tradizioni. I distintivi di qualifica della Polizia simili nella foggia (ma non necessariamente nel colore) a quelli dell’esercito, dei carabinieri e della guardia di finanza hanno un’origine ben diversa da quella di distintivi militari. E’ quanto spiega in una nota Arnaldo Di Michele, segretario provinciale di Taranto del Sindacato Autonomo di Polizia.

Le stelle in quanto tali non sono simbolo militare: le stelle sul bavero (quelle che abbiamo abbandonato nel 1981) sono simbolo dei militari, ma non quelle sulle spalline. La stella meglio conosciuta come Stella d’Italia rappresenta il territorio italiano e rappresenta il più antico simbolo patrio riprodotto anche nell’emblema della Repubblica Italiana che fa bella mostra sulla carta intestata di tutta la Pubblica Amministrazione (militare e non).

La corona turrita è simbolo della Repubblica e così come era presente sulle spalline di alcuni funzionari è presente sullo stemma araldico. La greca, presente sui distintivi dei dirigenti superiori e generali è unico elemento veramente comune alle forze armate, rappresenta l’unità. Orbene, a dimostrazione che le stelle non sono prerogativa militare sta nel fatto che Marina e Aeronautica utilizzano distintivi di qualifica che non prevedono stelle e torri e alle quali avremmo potuto guardare ed ispirarci senza allontanarci dalla tradizione. I nuovi distintivi sono brutti? Non è quello il problema: semplicemente sono privi di storia e significato, ma soprattutto non consentono una immediata lettura delle qualifiche. Da lontano i distintivi di sovrintendente, ispettore e funzionario non si distinguono: quello era il loro unico e vero compito! Vogliamo rinunciare a tutto ciò che ricordi le origini militari del corpo delle guardie di PS da cui la Polizia ha origine? Rinunciamo all’uniforme nella sua foggia attuale, rinunciamo ai colori dell’esercito sabaudo, alla fascia azzurra e alla sciabola che nei funzionari indica il “comando”, atteso che questi non comandano più nulla ma al massimo “dirigono”. Rinunciamo alle parate, alle marce militari, alle guardie ai palazzi, ai saluti alla visiera: sono cose da militari.

Ma poi tutte queste rinunce perché? Perché ci vergogniamo di ciò che siamo? Chi rinnega le origini rinnega se stesso. I grandi luminari esperti di araldica (ma non di storia, evidentemente) ignoravano che le formelle e la loro disposizione ricordano orribilmente i distintivi delle Hitlerjungen? mentre i rombi sono copiati dalla polizia locale di Milano? Scotland Yard, Il NYPD e mille altre forze di polizia nel mondo adottano i distintivi di grado e in alcuni casi anche le denominazioni dei militari: nessuno osa in patria e fuori mettere in dubbio lo status civile di queste istituzioni. Il problema –  conclude Di Michele – forse sta altrove: non ci si vuole più mischiare con i militari e con i carabinieri in particolare, perché viviamo sempre più una sindrome di inferiorità nei loro confronti. Perché un capo della Polizia, in fin dei conti poco conta rispetto al Comandante Generale dell’Arma, un Questore dirigente generale deve sedersi al tavolo in maniera paritaria con un colonnello dei Carabinieri perché la sua posizione di primazia di Autorità di Pubblica Sicurezza non è rispettata né fatta rispettare.

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