Avvocato Militare

MILITARI: MOBBING, CONFLITTO E RAPPORTO GERARCHICO

(di Avv. Francesco Pandolfi) – Per non sbagliare con la domanda di mobbing, è bene leggere questa sentenza. Avverto: è lunga, quindi consiglio di prenderci confidenza un pò alla volta, senza stancarsi nella lettura.La riporto per intero vista la sua importanza: ci aiuta infatti a capire una differenza sostanziale, quella tra “mobbing” e “conflitto” (tenendo presente il rapporto gerarchico tipico del Mondo Militare).   In pratica questa seconda nozione si riferisce allo scontro con l’antagonista ma che non raggiunge il livello di persecuzione tipico del mobbing.   Su queste basi, il giudice accoglierà la domanda solo se è dimostrato il disegno persecutorio protratto nel tempo, mentre la respingerà se si tratta di episodi di scontro isolati.

Vediamo allora più da vicino un estratto significativo della pronuncia del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige – Bolzano, Sezione A, la n° 314 del 15 ottobre 2015.

L’azione giudiziale viene proposta contro il Ministero della Difesa.

Per facilitare la lettura del testo, ho sezionato la sentenza in 7 parti:

  1. fatto,
  2. diritto,
  3. cosa sostiene il Ministero,
  4. la decisione,
  5. il mobbing,
  6. il conflitto,
  7. il rapporto gerarchico.

fatto

Il ricorrente propone azione di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nei confronti del Ministero della Difesa al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante da condotte di mobbing subite a partire dall’anno 2010, quando era in servizio nell’Esercito Italiano.

Rappresenta l’interessato di aver iniziato la carriera militare nell’anno 1993 e di essere stato promosso al grado di “Maggiore” nell’anno 2010.

Durante tale periodo ha conseguito il diploma di laurea.

Nel settembre xxx8 è stato assegnato al 4. Reparto infrastrutture – sezione distaccata di B., inizialmente con l’incarico di ‘Capo sezione’ e successivamente di ‘Capo ufficio lavori’.

In data xxxxx2, dopo un periodo di malattia, è stato dichiarato “non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato” dalla competente Commissione medica.

Ha però continuato a percepire emolumenti ridotti fino al xxxxx2, avendo chiesto, con domanda del 1xxxx, di transitare nel servizio civile ai sensi dell’articolo 930 D.lgs. 66/2010.

In seguito all’accoglimento della suddetta domanda, comportante l’assegnazione alla sede di T. anziché alla sede di B. come richiesto, l’interessato presentava istanza di rinuncia.

In data 2xxxx presentava all’INPS e al proprio Reparto domanda di pensionamento unitamente alla richiesta di liquidazione delle licenze non godute.

In mancanza di riscontro, l’interessato inviava un primo sollecito al proprio Reparto in data 6xxxxx3 ed un secondo sollecito in data xxxxx3.

Il decreto di collocamento a riposo veniva emesso in data 17xxxx.

Propone ora azione di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nei confronti del Ministero della Difesa, diretta ad ottenere il risarcimento del danno conseguente a condotte di mobbing (al ricorso è stato allegato un CD contenente oltre 500 pagine di documentazione).

A sostegno dell’affermato mobbing l’interessato elenca una serie di fatti che reputa configurarsi come condotte persecutorie e mobbizzanti.

Con ordinanze n. xxxxxxxxx sono stati disposti incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

diritto

Deduce il ricorrente che gli episodi mobbizzanti sono iniziati nel mese di settembre dell’anno 2010, dopo il cambio del comandante della struttura militare e, precisamente, con la nomina del nuovo comandante, Ten. Col. Ca.Ga.

L’interessato elenca una serie di fatti, che reputa sintomatici di “una molteplicità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che sono stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato e che hanno portato al lamentato evento lesivo alla salute e alla personalità del ricorrente”.

Nel ricorso sono elencati i seguenti episodi che, reputa il ricorrente, vadano qualificati come atti o condotte di mobbing (si segue l’elencazione contenuta nel ricorso):

1) in data xxxxxx è stato promosso al grado di “Maggiore”, ma la circostanza gli è stata comunicata soltanto dopo cinque mesi (in data 1xxx). Il comandante non si è nemmeno premurato di disporre, come di consuetudine, una riunione/adunata per partecipare al Reparto l’avvenuta promozione;

2) una richiesta preventiva di autorizzazione a prestazioni di lavoro straordinario in data 15.10.2010 era stata restituita senza autorizzazione (in busta aperta su foglio leggibile da tutti) con il seguente commento, ritenuto sconveniente, scritta di pugno dal comandante in calce alla domanda: “ma non è andato a prendere la figlia??”;

3) già a partire dal mese di ottobre xxx0 il comandante gli aveva frequentemente restituito dei moduli compilati con annotazioni di colore rosso, quale quella recante la dicitura “non andiamo d’accordo?!!”. Pensando di fare una cosa utile, il ricorrente aveva prodotto una modulistica aggiornata, emendata dagli errori contenuti nella precedente versione. Per tutta risposta il comandante aveva emanato un ordine permanente dd. 9.11.2010 con la disposizione di continuare ad utilizzare la modulistica “eseguita sotto la diligente sorveglianza del capo ufficio lavori uscente”;

4) sempre a partire dal mese di ottobre 2010, il comandante, in violazione del modus operandi previsto dall’ordinamento militare, aveva preso l’abitudine di impartire ordini direttamente ai sottoposti del capo ufficio lavori (ovvero ai sottoposti del ricorrente), modificando i programmi di lavoro organizzati dallo stesso, senza informarlo e creando notevoli problemi organizzativi. Nel ricorso vengono riferiti alcuni episodi a sostegno dell’affermazione;

5) contestualmente il comandante aveva iniziato ad escludere il ricorrente dalle attività del reparto, così, ad esempio:

a) lo informava appena il giorno precedente, costringendolo ad annullare una licenza, della visita del Generale, indetta per la pianificazione dei lavori;

b) mentre esaudiva la richiesta di altri uffici, negava all’ufficio del ricorrente la richiesta di acquisto di una scrivania e di altri mobili necessari;

c) per il giorno xxxx1 organizzava un sopralluogo a R. per controllare i lavori in corso presso la base logistica ivi ubicata. Soltanto il giorno prima, dopo aver già ricevuto tutti i documenti di viaggio, il comandante lo informava che intendeva recarsi personalmente a R. e che lui “poteva” restare a B. In effetti, il comandante si era poi recato, in data 1xxxx1, presso la suddetta base logistica con personale di P.dova e un tenente di Bolzano;

d) analoghi episodi di esclusione si erano verificati per i lavori nella caserma Cantore di S. Candido (sul punto v. motivo n. 8), nella base logistica di Colle Isarco e nel circolo ufficiali di Merano, ove il comandante si era recato personalmente per eseguire i controlli, senza premurarsi di informarlo;

e) nel mese di agosto dell’anno xxx1 non aveva potuto partecipare ad una riunione dei responsabili dei vari reparti, convocata in vista di un’ispezione tecnico – amministrativa prevista per il successivo mese di settembre, perché pochi giorni prima della convocazione egli era partito per fruire di una licenza prevista e autorizzata da molto tempo;

6) in data xxxx10, con richiesta scritta, si era messo a rapporto dal comandante per discutere di problematiche di servizio che erano sorte negli ultimi mesi (assegnazione degli incarichi, interferenze nelle competenze del capo ufficio lavori; non puntuale rispetto della linea gerarchica; mancanza di fiducia nell’operato del ricorrente). Il rapporto era stato tenuto lo stesso giorno, ma a distanza di due mesi il comandante gli aveva scritto una lettera, nella quale qualificava la richiesta di rapporto “alquanto inopportuna”. Un’ulteriore richiesta scritta di ottenere un incontro con il Generale F., Comandante del Comando Infrastrutture Nord, non veniva accolta;

7) in occasione della programmazione delle ferie per il periodo Natale 2xxxx – Epifania xxxx1, il comandante aveva chiesto la presenza di almeno un dipendente per il disbrigo delle pratiche urgenti. Il ricorrente aveva mandato il prospetto organizzativo, garantendo la presenza dall’1xxxx al 7xxxx del geom. P., dipendente civile con esperienza di 30 anni di servizio. Il giorno 23xxxxe, ovvero all’ultimo momento, il comandante aveva lamentato che nel suddetto periodo mancava la presenza di un ufficiale qualificato;

8) sempre nel mese di dicembre xxx, il comandante aveva fatto sottoscrivere al cap. Q. (e anche il comandante stesso sottoscriveva) una serie di atti amministrativi, mettendo accanto al nome del ricorrente la sigla “a.p.s.” (assente per servizio), circostanza non veritiera, poiché il ricorrente era in servizio e presente sul posto di lavoro;

9) il comandante, nei casi di sua assenza, si faceva spesso sostituire da altri per seguire i lavori d’istituto, non dal capo ufficio lavori, come avrebbe invece dovuto fare se avesse osservato l’atto dispositivo dell’anno xxx1;

10) per andare in missione a V. il 2xxxxx, gli era stata assegnata la vettura più vecchia in dotazione al Reparto (un Ducato Fiat);

11) in violazione delle “norme per la vita ed il servizio interno di caserma”, che prevedono un criterio di assegnazione dal basso verso l’alto, gli era stato assegnato il turno di servizio “superfestivo” dal xxxxxxxx al 6xxx;

12) con lettera dd. xxxx il comandante gli aveva contestato di non avere adempiuto, come da disposizioni in precedenza impartite, a togliere alcuni lavori di progettazione dagli obiettivi assegnati al geom. P. sebbene al geom. Pr. non fossero mai stati assegnati lavori di progettazione, egli provvedeva comunque a riscriveva la scheda. Ciononostante il comandante non rimaneva ancora soddisfatto e lo sollecitava, tramite altro ufficiale, a provvedere;

13) nel corso del periodo in esame venivano trasferiti al Reparto una dozzina di militari e civili. Nonostante la carenza di organico, nessuno veniva assegnato all’ufficio lavori, eccettuata l’assegnazione temporanea per quattro mesi del Cap. Ma., un riservista architetto richiamato in servizio. Ma anche in questo frangente era stato escluso dal colloquio iniziale, al quale, invece, egli avrebbe dovuto presenziare in qualità di capo ufficio, atteso anche che, durante tale colloquio, al cap. Ma. era stata illustrata l’attività da svolgere presso l’Ufficio Lavori;

14) soltanto in seguito a due richieste scritte gli era stata rilasciata l’attestazione di appartenenza linguistica, che normalmente veniva rilasciata nel giro di cinque minuti, esponendolo al rischio di non potere fruire del buono di 160 Euro che veniva concesso per la frequenza di un corso di lingua tedesca;

15) era stato inviato per ben due volte (il 2xxxx e l’xxxxx) all’ospedale militare di M. senza preventiva prenotazione da parte del comando. I viaggi erano pertanto stati effettuati inutilmente;

16) era stato contattato diverse volte durante il periodo di malattia per incombenze lavorative;

17) nel mese di aprile xxx era venuto casualmente a sapere che avrebbe dato la propria disponibilità ad un trasferimento da Bolzano a Vicenza. In realtà, egli non aveva mai manifestato la disponibilità ad un trasferimento. Solo successivamente, nel corso del colloquio in data xxxxx, il Generale F. gli aveva confermato di essere stato lui a fare il suo nome. Vista la sua opposizione, il trasferimento veniva accantonato. La procedura non solo era anomala, ma anche in contrasto con la carenza di organico presso il reparto di B. Un secondo trasferimento d’autorità da B. a V. era stato disposto con provvedimento datato xxxx. Nonostante la tardività della notifica, avvenuta appena il 1xxxx anziché entro i due giorni prescritti dalla normativa, il ricorrente era riuscito a preparare un memoria difensiva che aveva dato esito positivo. Anche il provvedimento di conferma (messaggio) della sua permanenza a B., pervenuto al reparto di B. già in data xxxx, gli era stato notificato con quasi due mesi di ritardo;

18) il xxxx1, ultimo giorno di lavoro prima delle ferie (con rientro previsto per il xxxx), il comandante gli aveva fatto consegnare una lettera recante data xxxxx1 con la quale venivano richiesti una serie di adempimenti da effettuarsi “entro il xxxx11”. Con una seconda lettera, consegnatagli la mattina del xxxxx11, il comandante lamentava l’esecuzione solo parziale di alcuni lavori;

19) il trattamento particolare riservatogli dal comandante era conosciuto dagli altri ufficiali che, di conseguenza, seguendone l’esempio, tenevano più volte un comportamento non rispettoso nei suoi confronti;

20) il comandante gli aveva ordinato di eseguire lavori (sostituzione/riparazione della caldaia) presso l’appartamento di un occupante “sine titulo” (signora Li.Ga. vedova Ce.), in violazione del contenuto di una circolare del Capo di Stato Maggiore.

21) il comandante aveva incaricato il Tenente Z. (ufficiale alle dipendenze del ricorrente) di elaborare un capitolato avente ad oggetto diversi lavori presso l’edificio di via (…) a B.; edificio in cui abitava anche il comandante stesso; ed un tanto in violazione delle direttive impartite dai comandi superiori.

Il ricorrente ha prodotto certificazione medica, attestante disturbi del sonno, disturbi della parola, difficoltà a concentrarsi, difficoltà a ricordare le cose, avversione al posto di lavoro, nervosismo in casa verso i familiari, crampi allo stomaco e stati d’ansia. Ha prodotto anche una consulenza medico legale che, confermando il nesso eziologico tra il servizio e le infermità, ha quantificato il danno biologico tra il 10% ed il 20%. Il danno a tale titolo è stato quantificato approssimativamente in Euro 60.000,00.

Oltre al danno non patrimoniale, il ricorrente fa valere anche un danno patrimoniale di ca. 250.000,00 Euro, (differenza tra stipendio percepito e trattamento pensionistico: ca. Euro 1.000,00/mese).

Il Ministero della difesa, costituitosi in giudizio ha chiesto il rigetto del ricorso, siccome infondato.

Osserva il Collegio che, per quanto attiene alle doglianze riferite al ritardato invio della documentazione integrativa all’INPS, il Ministero ha dettagliatamente relazionato sulla successione cronologica degli atti compiuti, rappresentando che:

– l’interessato aveva presentato la propria domanda quando non era più in servizio, con conseguente inevitabile soluzione di continuità tra trattamento di servizio e trattamento di quiescenza;

– già in data 5xxxx la Sezione Segreteria e Personale aveva inviato alla Direzione Generale del Personale Militare la documentazione “integrativa” di quella già inoltrata il 13.8.2012;

– il richiamato decreto dirigenziale dd. 1xxxx, prima di divenire esecutivo, andava sottoposto al (successivo) controllo di regolarità amministrativa e contabile da parte dell’Ufficio Centrale del Bilancio presso il Ministero della Difesa, senza il cui visto non sarebbe stato possibile inviare la pratica al Centro Amministrativo dell’Esercito;

– l’intera procedura è stata completata entro 270 giorni, con l’invio della lettera del 2xxxxx, contenente i dati richiesti, al Centro Amministrativo dell’Esercito Italiano.

In ordine al ritardato pagamento delle licenze ordinarie non godute, il Ministero ha contestato la sussistenza di un ritardo, affermando che il pagamento è stato effettuato in meno di cinque mesi, ed ha altresì rappresentato la sussistenza di oggettive difficoltà, dovute all’entrata in vigore di una nuova normativa che ha modificato, in senso fortemente restrittivo, i criteri diattribuzione di tali benefici (D.L. 6.7.2012, n. 95 convertito in legge 7.8.2012, n. 135).

cosa sostiene il Ministero

Riguardo agli ulteriori episodi elencati nel ricorso, il Ministero ha controdedotto quanto segue:

Ad 1) (comunicazione tardiva della promozione al grado di “Maggiore”): Premesso che quando la comunicazione della promozione era arrivata al Reparto, il comandante non era ancora il Ten.Col. G., si è trattato di un mero disguido amministrativo, non dovuto ad intenzioni vessatorie. In riferimento alla mancata riunione per comunicare al Reparto la promozione del ricorrente al grado di Maggiore, il Ministero ha fatto presente che il Reparto era composto maggiormente da personale civile adibito esclusivamente a mansioni d’ufficio, con orari diversificati e flessibili, che non partecipa alle adunate, evidenziando, peraltro, che il ricorrente si era presentato in ufficio indossando già i gradi di “Maggiore” senza attendere la cerimonia di investitura;

Ad 2) (richiesta preventiva di autorizzazione dello straordinario): il Ministero ha eccepito da un lato l’inconsistente valore dell’episodio (sarebbe stato sufficiente un chiarimento) e dall’altro lato ha fatto presente che nel reparto era invalsa la cattiva abitudine che le richieste di straordinario da parte del personale arrivassero parecchi giorni dopo il giorno della sua effettuazione, cosicché il comandante non poteva valutarne preventivamente la necessità. Peraltro, il giorno xxxxxxxx il ricorrente aveva chiesto verbalmente di potersi assentare per andare a prendere la figlia a scuola e accompagnarla a casa, sicché, vedendosi pervenire a posteriori la richiesta di straordinario del ricorrente, il comandante aveva correttamente ritenuto necessario un chiarimento da parte dell’interessato;

Ad 3) (restituzione dei moduli con annotazione di colore rosso): il Ministero ha rivendicato la legittimità dell’operato, rientrando nella responsabilità del comandante il dovere e potere di controllare e correggere l’attività del personale, compresa la facoltà di scrivere le annotazioni ritenute opportune. Per quanto riguarda l’aggiornamento unilaterale della modulistica, il Ministero ha dedotto che, sebbene per gli interventi di modesto valore (fino ad 20.000 Euro) il RUP (responsabile unico del procedimento) fosse il Capo ufficio lavori, il ricorrente faceva togliere dal proprio gruppo di firma la dicitura “RUP” per inserirla nel gruppo di firma del comandante, senza peraltro preventivamente interpellarlo. Un tanto paleserebbe l’intenzione del ricorrente di volersi sottrarre dalle responsabilità, come sarebbe dimostrato proprio dallo stesso citato doc. n. 6, nel quale il medesimo aveva arbitrariamente spostato la dicitura “RUP” sotto il gruppo di firma del comandante, il che aveva indotto quest’ultimo a scrivere l’annotazione sul documento che “nessuno, se non io, è autorizzato a cambiare la modulistica amministrativa/atti amministrativi, da sottoporsi alla firma del comandante”;

Ad 4) (ordini impartiti dal comandante direttamente ai sottoposti del capo ufficio): il Ministero ha dedotto che il ricorrente, non gradendo le responsabilità, mancava non solo di “slancio propulsivo”, ma era spesso anche assente e non assolveva al proprio compito. Il personale doveva, di conseguenza, rivolgersi direttamente al comandante che era costretto a frequenti interventi sostitutivi. Il Ministero ha poi contestato i singoli episodi elencati nel ricorso a sostegno dell’affermazione;

Ad 5) (esclusione del ricorrente dalle attività di reparto): il Ministero ha contestato l’affermazione che il comandante avesse escluso il ricorrente dalle attività, essendo vero il contrario, che cioè, il ricorrente tendeva spesso ad auto isolarsi, costringendo il personale a rivolgersi direttamente al comandante per ottenere indirizzi su come procedere nei lavori;

Ad 5a) (visita del Generale) il Ministero non prende posizione;

Ad 5b) (acquisto di scrivania): il Ministero ha rappresentato che il capo ufficio lavori disponeva già di uno degli uffici più grandi di tutto il reparto (40 m/2 di fronte a 20m/2 dell’ufficio del comandante), e che detto ufficio era peraltro fornito di notevole mobilio, compreso un grande tavolo riunioni di cui nemmeno il comandante disponeva;

Ad 5c) (viaggio a R.): il Ministero nega che il ricorrente avesse già ricevuto tutti i documenti di viaggio, non risultando infatti la loro emissione;

Ad 6) (rapporto di servizio): il Ministero, sostenendo che la riunione verteva su altre faccende lavorative, ha contestato che nella riunione del 2xxxxx0 tra il Comandante ed il ricorrente si sia discusso dei motivi indicati nella richiesta di rapporto ed ha precisato che nella lettera del 2xxxxx1 il comandante aveva invitato il ricorrente a riferire “fatti concreti e circostanziati.”.

Con riferimento all’incontro negato con il Generale Fr. di P., il Ministero ha fatto presente che il ricorrente era già stato ricevuto dallo stesso il giorno 28xxxx in seguito ad una sua richiesta di rapporto “per motivi privati e riservati”. Avendo fornito già ampie delucidazioni in quell’incontro, il Generale aveva negato un ulteriore colloquio, chiarendo al ricorrente, nella lettera dd. xxxxxxx che le relazioni con i superiori erano disciplinate dall’articolo 735 del DPR 90/2010;

Ad 7) (presenza in ufficio di un ufficiale qualificato durante il periodo natalizio): il Ministero ha riferito che durante il periodo di festività deve essere garantita la gestione delle emergenze e, di conseguenza, come di fatto avvenuto tutti gli anni, nell’ufficio lavori doveva essere presente almeno un ufficiale. Peraltro, in occasione di un’emergenza (rottura di una tubazione) verificatasi il pomeriggio di un venerdì, il comandante aveva telefonato al ricorrente per la gestione della stessa, ottenendo la risposta “ormai lui era a casa e non poteva andare” (episodio contestato e negato dal ricorrente nella memoria difensiva depositata il xxxxxx);

Ad 8) (firme in sostituzione): Il Ministero ha rappresentato che il comandante aveva fatto firmare gli atti ad un altro ufficiale a causa della poca solerzia del ricorrente, che impiegava tempi eccessivamente lunghi nella trattazione delle pratiche. Nel caso di specie sussistevano specifici motivi di urgenza, atteso che, in previsione dei campionati sciistici delle truppe alpine, i lavori nella caserma Cantore di S. Candido erano assolutamente da completare entro il xxxxxxxxx;

Ad 9) (sostituzioni durante le assenze temporanee del comandante): Il Ministero ha fatto presente che, in caso di assenza temporanea del comandante, le sostituzioni avvenivano con automatismo, secondo le disposizioni previste dall’atto dispositivo n. 1;

Ad 10) (trattamenti particolari): il Ministero ha contestato che al ricorrente sia stato riservato un trattamento particolare. Per quanto riguarda la gestione degli automezzi, il comandante ha applicato il principio della “gestione dei potenziali”, distribuendo equamente l’impiego delle vetture, tenuto anche conto dei chilometri di percorrenza;

Ad 11) (turno di servizio dal xxxxxxx1 al xxxxxxx2): il Ministero ha sottolineato, in primo luogo, che l’assegnazione dei “superfestivi” segue il criterio dal meno anziano al più anziano (e non dal basso verso l’alto, come asserito dal ricorrente), in secondo luogo che il comandante firma i turni con “atto di fiducia” in chi li ha elaborati ed in terzo luogo che il ricorrente, recandosi in convalescenza, di fatto non ha effettuato il turno assegnatogli. Il Ministero ha infine evidenziato come il turno sarebbe toccato al ricorrente per ragioni del tutto oggettive, tenuto conto delle esigenze di servizio prioritarie dell’ente e delle esigenze personali degli ufficiali e sottufficiali coinvolti;

Ad 12) (obiettivi da togliere al geom. Pr.): ritenendo sussistere equivalenza sostanziale tra i termini “stesura del capitolato” e “progettazione”, il Ministero ha dedotto che al geom. Pr., contrariamente a quanto affermato nel ricorso, erano stati attribuiti incarichi di progettazione, per i quali egli non era sufficientemente qualificato. Le progettazioni dovevano essere assegnate a personale in possesso dell’abilitazione professionale richiesta (sul punto: cfr. memoria depositata il 2xxxxxx dal ricorrente che replica);

Ad 13) (mancanza di assegnazione di personale all’ufficio lavori): il Ministero ha rappresentato che nel periodo sotto esame al Reparto erano stati assegnati tre sergenti ed un dipendente civile. Di questi, un sergente era stato assegnato all’ufficio lavori (sul punto v. memoria difensiva depositata il xxxxxxx4 dal ricorrente a pagina 47). Per quanto riguarda il colloquio iniziale con il riservista, il Ministero ha eccepito che si trattava di un mero colloquio conoscitivo, come si usa fare con tutti i neo assegnati, e ha rappresentato che il cap. Ma. era stato appositamente richiamato per fronteggiare le esigenze dell’Ufficio Lavori “anche nella considerazione che il ricorrente, come si evince dal registro delle assenze, assicurava una scarsissima presenza al Reparto e non garantiva la funzionalità dell’Ufficio Lavori”;

Ad 14) (rilascio ritardato del certificato di appartenenza linguistica); Ad 15) (invio inutile al militare ospedale); Ad 16) (disturbi durante le assenze per malattia): su questi punti il Ministero non ha preso posizione;

Ad 17) (primo tentativo di trasferimento a Vicenza e secondo tentativo di trasferimento a Verona): il Ministero, nel premettere che la materia dei trasferimenti è disciplinata dal Testo unico sulle procedure d’impiego del personale militare del 2008, ha fatto presente che nel caso di trasferimenti d’autorità, su ordine militare, non sussiste alcun obbligo motivazionale. Il militare trasferito ha diritto ad essere informato dell’avvio del procedimento per il tramite del comando di appartenenza solo nel momento in cui il reparto di destinazione sia stato definito con l’approvazione del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito; ed un tanto perché soltanto in tale fase diventa concreto ed attuale il suo interesse di partecipazione al procedimento. Il Ministero ha inoltre rappresentato che tra le esigenze di servizio sulla cui base viene adottato il provvedimento di trasferimento vanno annoverati anche i motivi di opportunità, quali quello di garantire l’ordinato svolgimento dei compiti istituzionali.

Per quanto riguarda il (secondo) tentativo di trasferimento a V., l’Amministrazione addebita la tardività della notifica (avvenuta il 1xxxxx1 sebbene il relativo provvedimento fosse pervenuto al Reparto l’1.8.2011) anche alle assenze dell’interessato per congedi parentali, licenze e recuperi compensativi, precisando che nel periodo dal 2xxxxx1 all’xxxxx011 egli è stato presente soltanto nei giorni xxxxx1 e xxxxxx11 e che, oltretutto, in tali giorni si è assentato per fare attività fisica (dalle ore 14,27 alle ore 16,30 – fine servizio -del giorno 8.xxxxx e dalle ore 15,12 alle xxxx – fine servizio – del xxxxxx1). L’Amministrazione contesta, inoltre, di aver valutato positivamente la memoria presentata dall’interessato, aggiungendo che gli elementi impeditivi al trasferimento addotti dal ricorrente nella memoria erano stati rigettati, e precisa che il medesimo era stato comunque confermato presso l’attuale sede di servizio a Bolzano in considerazione “delle mutate esigenze funzionali delle F.A.”. Per quanto riguarda la ritardata notifica del messaggio di conferma dd. 2xxxxx1, il Ministero rappresenta di avere provveduto tempestivamente, il 2xxxxx011, al recapito mediante lettera raccomandata, la quale però non era stata ritirata dal ricorrente, nonostante il successivo avviso recapitato in data xxxxx1 dalle Poste. Soltanto la successiva notifica brevi manu aveva dato esito positivo;

Ad 18) (serie di adempimenti da compiere entro il 6xxxx1); Ad 19) (comportamenti poco rispettosi degli altri ufficiali); Ad 20) (intervento alla caldaia dell’alloggio demaniale occupato dalla signora Li.Ga. vedova Ce.); Ad 21) (incarico al Tenente Zecca di elaborare un capitolato per il rifacimento del tetto e delle facciate dell’edificio di via (…) a Bolzano): il Ministero non prende posizione.

Il Ministero della Difesa conclude la propria memoria difensiva affermando che “il comportamento tenuto dal ricorrente in servizio, e in particolare nei confronti del comandante, era stato connotato da ostruzionismo, fuga dalla responsabilità e gratuita petulanza e provocazione…” e che egli, su 42 mesi di servizio presso il reparto, era presente solo 12 mesi, mentre durante il periodo alle dirette dipendenze del comandante (dal 25.10.2010 al 7.11.2011) era presente in servizio per soli 139 giorni su 378.

Contestata anche la quantificazione del danno contenuta nel ricorso, il Ministero ha chiesto, come già anticipato, il rigetto del ricorso.

Nella memoria depositata il xxxxx, il ricorrente ha replicato alla memoria difensiva del Ministero, rappresentando:

a) in ordine alle deduzioni del Ministero circa il suo comportamento negativo, come le stesse fossero contraddette dalle note caratteristiche firmate per giudizio concorde sia dal Generale Fr., dal Comandante del reparto Ten. Col. Lu.Le. (periodo anteriore al 25.10.2010) e persino dal successivo Comandante Garofalo (periodo successivo al 27.10.2010), come pure dal Capo ufficio lavori Ten. Col. Ma.Ca. (limitatamente al periodo in cui il ricorrente non era ancora Capo dell’ufficio lavori). Note caratteristiche nelle quali egli viene descritto come ufficiale impeccabile e brillante, con vigore fisico sempre forte, anche in situazioni critiche, con vigore mentale e capacità di concentrazione instancabile anche in condizioni di disagio ecc. e nelle quali gli è stata attribuita la qualifica finale di “eccellente”;

b) che nei precedenti quindici anni di servizio non aveva mai avuto problemi nei rapporti con i superiori, ed ha contestato di avere accumulato numerose assenze. Da ultimo, ha rimarcato di avere ottenuto ben quattro elogi durante il periodo di servizio.

la decisione

Disposta l’acquisizione di ulteriore documentazione la causa è stata discussa all’udienza pubblica del 25.2.2015. Dopodiché è stata trattenuta in decisione.

Premette il Collegio che il “mobbing” consiste “in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o da parte del suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo” (cfr. sentenza n. 359/2003 della Corte Costituzionale).

il mobbing

Come precisato anche dal Consiglio di Stato, “per mobbing deve intendersi una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica e con l’ulteriore conseguenza che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati:

a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio;

b) dall’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;

c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;

d) dalla prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio (Cons. Stato, III, 1 agosto 2014, n. 4105; IV, 6 agosto 2013, n.4135; VI, 12 marzo 2012, n.1388).

Sotto il profilo oggettivo è stato puntualizzato che nel lavoro pubblico, per configurarsi ‘una condotta di mobbing sia necessario un disegno persecutorio tale da rendere tutti gli atti dell’amministrazione, compiuti in esecuzione di tale sovrastante disegno, non funzionali all’interesse generale a cui sono normalmente diretti’ (Cons. Stato, IV, 19 marzo 2013, n. 1609; VI, 15 giugno 2011, n. 3648).

Sotto il profilo soggettivo è stato chiarito che la ‘sussistenza di condotte mobizzanti deve essere qualificata dall’accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l’elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito e che è imprescindibile ai fini dell’enucleazione del mobbing’ (Cons. Stato, IV, n. 4105 del 2014; 16 febbraio 2012, n.815).

Sotto il profilo probatorio si è chiarito che il lavoratore ‘non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l’esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione’ (Cons. Stato, IV, 6 agosto 2013, n. 4135; VI, 12 marzo 2012, n. 1388). La giurisprudenza ha aggiunto che ‘la domanda di risarcimento dei danni discendenti da illecito demansionamento e mobbing non può essere accolta qualora il lavoratore non abbia tempestivamente impugnato i provvedimenti organizzativi, adottati dall’Amministrazione nell’ambito della sua attività gestionale, da cui è derivata l’asserita modifica peggiorativa del rapporto lavorativo’ (Cons. Stato, VI, 4 novembre 2014, n. 5419; V, 27 maggio 2008, n. 2515)” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 marzo 2015, n. 1282; nello stesso senso, Sez. III, 5 febbraio 2015, n. 576).

Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che per “mobbing” si intende “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano posti in essere in modo miratamene sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio (cfr. Cass. 17 febbraio 2009 n. 3785; Cass. 6 agosto 2014 n. 17698 e, in precedenza, in termini sostanzialmente analoghi, Cass. 9 settembre 2008 n. 22893;Cass. 6 marzo 2006 n. 4774)” (cfr. Cass. Civ., Sez. lavoro, 4 giugno 2015, n. 11547).

il conflitto

Un tanto premesso, ad avviso del Collegio il ricorrente non ha fornito la prova della condotta illecita, cioè dell’esistenza di un sovrastante disegno persecutorio, finalizzato all’emarginazione del dipendente, prova che grava sul ricorrente ai sensi dell’art. 1218 c.c.

Invero, i singoli episodi e comportamenti che il ricorrente pone alla base della pretesa risarcitoria rispecchiano dinamiche lavorative che, seppure complesse e conflittuali,non risultano riconducibili ad un disegno unitario di marginalizzazione del ricorrente, “specie se si tiene conto del particolare rigore che caratterizza lo svolgimento del rapporto di impiego in ambiente militare” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 14 maggio 2015, n. 2412; nello stesso senso, TAR Friuli, Sez. I, 20 maggio 2014, n. 218).

In altri termini, il rapporto gerarchico militare è più rigoroso e vigoroso – per certi aspetti anche più ampio e profondo – rispetto al rapporto gerarchico in ambito civile.

In particolare, sui singoli eventi che il ricorrente pone a fondamento della pretesa risarcitoria il Collegio prende posizione come segue.

il rapporto gerarchico

Esaminati singolarmente, molti degli episodi elencati sono da ricondurre a contrasti di natura professionale tra il ricorrente ed il comandante, nei quali quest’ultimo ha semplicemente imposto la propria autorità di comandante. Soggettivamente vissuti dal ricorrente come condotte vessatorie, appaiono in realtà rientrare nell’ambito del rapporto gerarchico intercorrente in ambito militare.

Tra questi episodi va classificato senz’altro l’episodio n. 3, nel quale il comandante non aveva tollerato che si modificassero, senza il suo consenso, i moduli. Altrettanto occorre dire sulla disputa tra il ricorrente ed il comandante in ordine alla questione chi fosse il RUP per i lavori inferiori al valore di Euro 20.000.

Un altro gruppo di episodi, lungi dal poter essere classificati come mobbing, denotano semplicemente contrasti sul modus operandi e sulle modalità di organizzazione dell’ufficio.

Tra questi si possono annoverare gli episodi riportati sub n. 4, n. 6, n. 8, nonché sub 5a), 5c) e 5d).

Altri episodi, ritenuti mobizzanti dal ricorrente, sono invece tipica espressione della gerarchia militare. Ci si riferisce ai tentativi di trasferimento d’autorità per motivi di incompatibilità ambientale. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si ritiene che la tardività della notifica dei provvedimenti dd. 1.8.2011 e 25.10.2011, oltre ad essere poco significativa, non autorizzi la conclusione univoca che essa sia dovuta alla volontà vessatoria da parte del comandante.

Altri episodi ancora sono riferiti in maniera troppo generica, privi di concretezza, o sono del tutto insignificanti, inidonei ad integrare gli estremi della condotta persecutoria. Sono gli episodi elencati sub 1 (comunicazione tardiva del grado di “maggiore”), sub 2) (richiesta preventiva di autorizzazione allo straordinario), sub 5b) (acquisto della scrivania), sub 9) (sostituzioni durante le assenze temporanee del comandante), sub 10 (assegnazione di una vettura obsoleta), sub 16 (disturbi durante le assenze per malattia) e sub 19 (comportamento poco rispettoso degli altri ufficiali).

Con riferimento agli episodi sub 11) (turno di servizio dal 3xxxx al xxxxx) e sub 7) (turno di servizio durante il natale xxxx e l’epifania xxxx), il Ministero ha provato l’inconsistenza della lamentela.

Con riferimento all’episodio sub 13 (mancanza di assegnazione di personale all’ufficio lavori), si reputa che la decisione in ordine all’assegnazione dei nuovi arrivi rientri nella discrezionalità organizzativa del comandante.

Con riferimento all’episodio sub 12) (obiettivi da togliere al geom. Pr.), il ricorrente ha ragione nel criticare l’equivalenza, sostenuta dalla difesa del Ministero, tra la “stesura del capitolato” e la “progettazione”. Tra gli obiettivi assegnati al geom. Pr. non erano previste le progettazioni che, essendo egli un dipendente civile, non gli sono consentite, a differenza della redazione del capitolato che gli è consentita. Si ritiene, però, che il comandante, nell’ordinare al ricorrente di togliere alcune progettazioni dagli obiettivi assegnati al geometra, sia semplicemente incorso in un errore.

Per quanto attiene, poi, agli episodi sub 20 e sub 21, si tratta di questioni attinenti al rispetto delle disposizioni e procedure interne di servizio che possono ben essere oggetto di approfondimenti e conseguenti valutazioni da parte dell’autorità militare, ma che non appaiono assumere rilievo ai fini del presente giudizio, non trattandosi di comportamenti o atti vessatori.

Restano invero alcuni episodi che possono dare adito a perplessità. Si tratta degli episodi riferiti sub 18, sub 14 e sub 15.

Nell’episodio sub 18, il ricorrente si duole che il Comandante, sapendo che egli stava per partire per le ferie fino al 6.9.2011, gli abbia fatto pervenire l’ultimo giorno lavorativo (19.8.2011) una lettera scritta il giorno prima (18.8.2011), nella quale chiedeva adempimenti puntuali entro il 6.9.2011 (doc. 49). Nell’episodio sub 14, il ricorrente lamenta che il certificato di appartenenza, di regola rilasciato entro cinque minuti, gli era stato rilasciato soltanto dopo due solleciti scritti dd. 11.4.2012 e 16.4.2012 (doc. 34 e doc. 35). Nell’episodio sub 15, il ricorrente si duole di essere stato per ben due volte inviato inutilmente presso l’ospedale militare di Milano, senza preventiva prenotazione della visita. Dal doc. n. 36 si evince effettivamente che egli era stato convocato dall’ospedale militare, con invito del 28.12.2011, per la visita dell’11.1.2012. Anziché inviarlo il giorno 11.1.2012, il comandante lo aveva inviato il giorno 28.12.2011. Altrettanto è successo con la seconda convocazione (doc. 37).

I tre episodi, tuttavia, sono isolati e circoscritti nel tempo, sicché essi non integrano la “serie di atti e comportamenti, protratti nel tempo” richiesti dalla giurisprudenza nel definire il mobbing.

Dall’esame dei singoli episodi riportati emerge senz’altro una situazione conflittuale, ma, ad avviso del Collegio, dagli episodi sopra riportati non emerge un disegno strategicamente preordinato alla persecuzione o alla vessazione del ricorrente, volta a estrometterlo dal mondo militare.

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