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L’EX FINANZIERE UMBERTO RAPETTO: “SULLE SLOT HO AGITO CONTRO IL COMANDO, MI CHIESERO DI NON INDAGARE”

(Valeria Pacelli) – Venerdì la Corte dei Conti ha chiuso la
vicenda della ‘mega penale’ inflitta ai colossi delle slot machine. In
appello i due concessionari Bplus e Hbg sono stati condannati a pagare in
totale poco più di 400 milioni di euro per gli inadempimenti del 2004-2005,
anni di avvio del servizio.
Sono stati invece assolti due ex alti dirigenti
del Monopolio, Giorgio Tino e Antonio Tagliaferri.

Non sarà una grande somma rispetto ai circa 90 miliardi delle prime
contestazioni della Guardia di Finanza o rispetto alla sanzione di circa 2,5
miliardi comminata in primo grado ai dieci concessionari
(tra il primo grado e l’appello, otto delle dieci concessionarie
coinvolte avevano scelto di aderire alla sanatoria prevista dal decreto Imu
versando il 30% della somma riportata in primo grado, mentre Bplus e Hbg
avevano deciso di proseguire nel giudizio d’appello), ma 407 milioni di euro
certo non fanno male all’erario.
Questo risultato complessivo, pari a 837 milioni di euro tra la
sanatoria di Letta e le condanne di ieri, non sarebbe stato raggiunto senza
l’azione di un gruppo di finanzieri che ha agito contro i comandi – non
entusiasti dell’indagine – e della politica, che ha remato contro con
commissioni e condoni.
Lo racconta, in un verbale inedito, l’ex comandante
del Nucleo Speciale Frodi Telematiche, Umberto Rapetto.
L’ex finanziere, ora in pensione, spiega la circostanza ai pm milanesi
che indagavano sui prestiti della Popolare di Milano (nell’elenco c’è anche
Bplus) e fornisce le prove consegnando una lettera inviatagli da Virgilio Elio
Cicciò, generale di Corpo d’Armata. È il 4 giugno 2012 quando Rapetto viene
sentito.
 “Nel luglio del 2006 cominciò un
nostro intenso lavoro delegato dalla Corte dei Conti ed in particolare dal
dottor Smiroldo”: “Posso dire che il nostro Comando Generale ha sempre
cercato di orientarci verso il disimpegno da queste indagini, anche attraverso
note formali che contestavano l’assenza di una nostra competenze in materia.

Ricordo una nota del Generale Cicciò che mi invitava a comunicare al magistrato
contabile la nostra incompetenza formale, proponendo di rivolgere la delega al
Nucleo di PT. Il dott. Smiroldo non accolse l’invito verso il quale fu anzi
molto critico, pregandomi di segnalare a lui eventuali tentativi di
interferenza con le indagini da parte dei miei superiori”.
Rapetto consegna ai magistrati la nota del generale Cicciò, ora in
pensione anche lui, datata 16 ottobre 2006: nella lettera si ordina a Rapetto
di proporre al magistrato contabile di “rivolgere la delega alla articolazione
preposta del locale Nucleo di polizia tributaria restando, comunque, a
disposizione del citato magistrato” per specifici atti connotati “da elevato
tecnicismo nel settore informatico”.
L’ex finanziere Rapetto comunica il contenuto della nota al magistrato
Smiroldo, al quale chiede di ridefinire “i compiti assegnati al nucleo (…)
così da considerare la disponibilità del più completo apporto investigativo e
demoltiplicare lo sforzo operativo difficilmente sopportabile da un unico
Comando”.

 Smiroldo, però, è convinto delle competenze del Nucleo Frodi Informatiche
e il primo dicembre risponde esortando Rapetto “a continuare nella direzione
intrapresa (…) Qualora articolazioni del Corpo non dovessero assicurarLe
piena collaborazione nell’ambito dell’attività istruttoria che Ella svolge su
delega della Corte dei Conti, ovvero dovessero ulteriormente ripetersi
tentativi – diretti o indiretti – di ingerenza nelle decisioni investigative
di questa Procura, La invito ad informarmi immediatamente”. Alla fine
l’inchiesta ha raggiunto il risultato voluto grazie a chi avrebbe disatteso gli
ordini e lo Stato incasserà 837 milioni di euro.

Il Fatto Quotidiano

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