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Il governo modifica le regole durante lo svolgimento del concorso in Polizia, “favorendo alcuni”. Concorso sospeso e rimesso alla Corte Costituzionale

I ricorrenti, aspiranti agenti della Polizia di Stato, hanno impugnato il provvedimento con cui il Ministero dell’Interno li ha esclusi da una procedura di assunzione straordinaria basata sullo scorrimento di una precedente graduatoria concorsuale in cui erano collocati in posizione utile per aspirare all’assunzione.

Si deve premettere, al riguardo, che il Ministero dell’interno, con decreto del 18 maggio 2017, aveva indetto un concorso pubblico per il reclutamento di 893 agenti di polizia.

Tra i requisiti per la partecipazione al concorso era previsto un limite massimo di età pari ad anni 30 e il possesso del titolo di studio della licenza media inferiore.

Nella graduatoria definitiva del concorso, oltre ai vincitori, erano collocati tutti i candidati che avevano riportato almeno la sufficienza nella prova scritta (6/10), ma non erano stati convocati, per mancanza di posti disponibili, alle ulteriori prove selettive, consistenti nell’accertamento della idoneità psicofisica, nella verifica dell’efficienza fisica attraverso prove sportive, nell’accertamento dell’attitudine al servizio nelle forze di polizia mediante test psicologici e colloquio psicoattitudinale.

Si trattava quindi di candidati non ancora idonei, non avendo essi completato la selezione concorsuale, ma potenzialmente interessati ad eventuali provvedimenti di scorrimento della graduatoria, qualora si fossero resi disponibili ulteriori posti da coprire senza l’espletamento di un nuovo concorso.

Dopo la conclusione del concorso, il Regolamento che stabilisce i requisiti di partecipazione ai concorsi pubblici per l’accesso alla qualifica di agente di polizia è stato modificato dal dlgs. 29 maggio 2017, n. 95.

Nella nuova e vigente versione l’art. 6 del Regolamento, al comma 1, dispone che “L’assunzione degli agenti di polizia avviene mediante pubblico concorso, al quale possono partecipare i cittadini italiani in possesso (tra gli altri) dei seguenti requisiti:

  1. età non superiore a ventisei anni stabilita dal regolamento adottato ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127, fatte salve le deroghe di cui al predetto regolamento;
  2. diploma di istruzione secondaria di secondo grado che consente l’iscrizione ai corsi per il conseguimento del diploma universitario”.

È successivamente intervenuta la legge 11 febbraio 2019, n. 12. Tale disposizione ha obbligato l’Amministrazione dell’Interno a disporre lo scorrimento della graduatoria concorsuale applicando retroattivamente la normativa sopravvenuta sui requisiti di ammissione al concorso, sfavorevoli ai ricorrenti, limitando l’assunzione esclusivamente a chi, alla data del 1° gennaio 2019, fosse in possesso dei nuovi requisiti relativi al limite di età e al titolo di studio fissati nella formulazione vigente.

Di conseguenza, non tutti i candidati utilmente collocati in graduatoria, che avrebbero potuto aspirare alla assunzione mediante scorrimento, purché in possesso dei requisiti psicofisici e attitudinali, da accertare caso per caso, sono stati convocati per le prove d’idoneità.

In particolare, sono stati esclusi tutti coloro che hanno superato il limite di età di 26 anni oppure che non sono in possesso del titolo di studio secondario superiore.

La graduatoria, in sostanza, è stata modificata a posteriori, in modo da escludere dall’assunzione numerosi candidati utilmente classificatisi in base al criterio meritocratico (voto della prova scritta) a beneficio di altri candidati, meno meritevoli, stando ai criteri di valutazione concorsuali, ma più giovani di età (o anche in possesso di un titolo di studio superiore).

Modificare le “regole del gioco” mentre la “partita” è in corso determina la violazione della par condicio dei partecipanti e del principio di tutela dell’affidamento.

In sostanza, la suddetta disposizione normativa ha consapevolmente orientato l’azione amministrativa a tutto vantaggio di un gruppo di soggetti “nominativamente individuabili” prima dell’adozione del provvedimento legislativo.

In tal modo risulta violato anche il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, riservandosi un trattamento ingiustamente diverso ad alcuni dei candidati, rispetto ad altri inseriti nella stessa graduatoria che avrebbero dovuto poter concorrere a parità di condizioni, essendo tutti in possesso degli stessi requisiti stabiliti dal bando di concorso.

Ciò che appare irragionevole – secondo il TAR del Lazio – intrinsecamente contraddittorio e in contrasto con i principi costituzionali di imparzialità della pubblica amministrazione e di eguaglianza di tutti i cittadini che abbiano partecipato ad un concorso pubblico, nonché di certezza del diritto e di rispetto del legittimo affidamento, è l’opzione di attingere ad un concorso già espletato, modificando retroattivamente i requisiti di ammissione e procedendo allo scorrimento di una graduatoria che viene modificata dopo la conclusione degli esami, escludendo dalla stessa taluni concorrenti e procedendo all’assunzione di altri candidati, sulla base di un criterio di selezione inesistente al momento dello svolgimento delle prove d’esame.

Il TAR del Lazio ha dunque rimesso gli atti alla Corte Costituzionale comportando, altresì, la sospensione del processo in corso.

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