Carabinieri

Il Fondo Assistenza dei Carabinieri rischia la paralisi: la sfida sindacale è entrare di diritto nella governance

Il recente decreto della Funzione Pubblica sulla rappresentatività sindacale delle Forze Armate ha sancito anche la soppressione della Rappresentanza Militare. Il Consiglio Centrale di Rappresentanza (CoCeR) all’interno dell’Arma dei Carabinieri svolgeva finora anche un ruolo di rappresentanza del personale in seno agli organi direttivi del Fondo Assistenza Previdenza e Premi per il Personale dell’Arma dei Carabinieri (F.A.P.P.), un ente privato che persegue finalità assistenziali e previdenziali per i militari e le loro famiglie.

Le criticità dopo soppressione del CoCeR

Con la soppressione del CoCeR, lo Statuto del F.A.P.P. presenta oggi alcune criticità che rischiano di compromettere quella partecipazione del personale alle scelte del Fondo che era precedentemente assicurata.

In primo luogo, viene meno la presenza di membri eletti nel Consiglio di Amministrazione, l’organo di governo del Fondo. In passato il CoCeR designava propri delegati in seno al CdA, garantendo così una rappresentanza del personale. Ora i componenti del Consiglio sono tutti nominati in funzione dell’incarico (con il grado di ufficiale superiore/generale) senza alcuna investitura da parte della base.

In secondo luogo, non sono più previste forme di partecipazione dei militari alla definizione degli indirizzi generali e dei programmi dell’Ente. In precedenza questo ruolo consultivo spettava anche al CoCeR, che poteva formulare proposte e pareri al CdA.

Viene inoltre meno quel decentramento decisionale che in passato era assicurato dai Consigli Intermedi di Rappresentanza a di Base che inoltravano al Co.Ce.R. opinioni, consigli e valutazioni sull’attività del Fondo. Le istanze del personale dei vari territori e reparti avevano così modo di confluire nelle scelte del Fondo. Oggi le decisioni appaiono maggiormente centralizzate nel CdA.

Viene meno il ruolo consultivo del personale

Complessivamente, quindi, la soppressione del CoCeR priva lo Statuto di quei caratteri di democrazia interna e partecipazione del personale alle scelte del Fondo che erano un elemento qualificante anche se comunque minoritario in seno al CDA. Il rischio è che adesso il F.A.P.P. assuma connotati sempre più verticistici, con decisioni calate dall’alto che non raccolgono più i bisogni e le istanze della base.

I sindacati in CdA? Non è così scontato

Oggi si prospetta l’ipotesi di modificare lo Statuto, inserendo i sindacati militari tra gli organi direttivi, ma non è affatto scontato che i sindacati intendano far parte di un organismo di natura privatistica.

Inoltre, la presenza di numerosi rappresentanti sindacali in seno al CdA finirebbe per alterare gli equilibri dell’organo di governo del Fondo. Attualmente le sigle rappresentative per l’Arma sono 7, che andrebbero a costituire la maggioranza del Consiglio rispetto agli altri membri previsti dallo Statuto vigente.

Forse sarebbe più opportuno individuare soluzioni alternative, ma in ogni caso, è improbabile che i sindacati rimangano in silenzio di fronte ad un fondo che vede la partecipazione economica di migliaia di carabinieri loro iscritti.

La riforma andava pianificata per tempo

In ogni caso, la soppressione della Rappresentanza Militare non può essere considerato un fulmine a ciel sereno. La legge sui sindacati militari ormai festeggia i due anni dall’entrata in vigore. Ci si sarebbe aspettati che un’istituzione come l’Arma, chiamata a pianificare strategicamente il proprio futuro e le proprie mosse come ogni Forza Armata, si attrezzasse per tempo a gestire la transizione.

Invece oggi ci si ritrova con un vuoto di rappresentanza da colmare in fretta, pena il rischio di paralisi decisionale del F.A.P.P. e il ridimensionamento a mero strumento verticistico dell’Amministrazione. Un’eventualità che va assolutamente scongiurata, per non privare il personale di quel sostegno mutualistico che il Fondo ha garantito per decenni. Sarebbe un peccato disperdere un patrimonio prezioso per superficialità o miopia strategica.

La partecipazione della base alla vita dell’Ente va garantita con soluzioni nuove e compatibili con il nuovo quadro sindacale. Il personale di ogni grado finanzia il fondo con contributi mensili ed ha diritto ad essere adeguatamente rappresentato nelle scelte che lo riguardano da vicino. Non riconoscere questo diritto significherebbe tradire lo spirito mutualistico e solidaristico alla base del F.A.P.P. I carabinieri, quindi, e non solo i vertici, hanno il pieno diritto di sedere ai tavoli decisionali, vigili guardiani che i loro contributi vengano spesi per le giuste finalità. Solo riconoscendo questo principio si può parlare di un Ente che fa dell’aiuto reciproco la propria missione.

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