Carabinieri, programmazione settimanale: “Indietro tutta”
Una marcia indietro che pesa
Oggi 7 luglio 2025 è arrivata la conferma: è stata pubblicata la circolare che riduce la programmazione dei servizi per i Carabinieri da quindicinale a settimanale.
Un colpo netto a una delle poche garanzie operative che i militari dell’Arma potevano ancora vantare.
La circolare firmata dal Capo di Stato Maggiore Int. Gen. Antonio Jannece, modifica parzialmente la disposizione del 27 marzo 2023, e dispone che:
“La pianificazione dei servizi sia realizzata almeno su base settimanale”, ribadendo che “tale misura è espressione dell’azione di comando” e deve essere attuata con “scrupolosa attenzione”.
Ma attenzione a non lasciarsi ingannare dalla forma: questa non è un’evoluzione organizzativa, è un arretramento operativo.
Fretta sospetta. Ma perché proprio ora?
Carenza di organico, strutture logore, servizi infiniti, riposi ballerini, cambi turno continui.
In un momento storico in cui l’Arma affonda tra mille difficoltà strutturali e umane, qual è la priorità del Comando? Eliminare una garanzia. Proprio adesso.
Una garanzia già fragilissima, certo. Ma che rappresentava un argine simbolico contro l’arbitrio e la confusione organizzativa.
Una linea guida scritta nero su bianco.
E invece — puff — cancellata con una circolare secca, pubblicata il oggi, a meno di una settimana dal confronto con i sindacati.
Giuseppe La Fortuna (USMIA) lo dice senza troppi giri di parole:
“Sapevo che sarebbe finita così, ma non immaginavo la partorissero così in fretta. Si era appena accennato alla possibilità di scendere da 15 a 7 giorni. Ed eccola, nera su bianco.”
E prosegue:
“Sappiamo bene che la programmazione veniva spesso ignorata, specie dove i servizi cambiano di sera per il giorno dopo. Ma almeno una base c’era, soprattutto per gli H24. Ora nemmeno quella.”
Il paradosso? – sottolinea La Fortuna – Proprio a Roma, cuore pulsante dell’Arma, si tocca con mano il fallimento organizzativo: al Provinciale la programmazione non è mai stata realmente applicata, i Comandanti di Compagnia non ne pretendono nemmeno l’istituzione, e i Carabinieri subiscono continui cambi turno — anche tre o quattro a settimana — con riposi spostati senza regole, anche due o più volte al mese.
E questo nonostante ci fosse una circolare che imponeva una programmazione quindicinale.
Figuriamoci adesso, che scende a 7 giorni.
“Non solo ci tolgono un diritto oggi, ma lo fanno vendendoci la promessa di un’indennità futura, in un contratto che – forse – vedrà la luce nel 2027. È come svendere un ombrello durante un’alluvione, con la rassicurazione che domani forse ci daranno un impermeabile. È assurdo anche solo pensarlo. I diritti non si barattano. Men che meno a credito.”
L’invito al senso di responsabilità
La circolare afferma che “è imprescindibile che le richiamate disposizioni trovino attuazione con senso di responsabilità e scrupolosa attenzione.”
Ma questo rivela più di quanto vorrebbe nascondere: significa che le regole precedenti non venivano rispettate, punto.
E non sempre per reali esigenze di servizio: spesso per disattenzione, incapacità organizzativa, indifferenza gerarchica.
La programmazione veniva elusa, manipolata, ignorata. E ora che si sarebbe dovuto rafforzarla con strumenti di controllo, si è preferito abbassare l’asticella.
Serve ben altro. Serve un controllo effettivo, serve responsabilità, serve una struttura sanzionatoria vera.
Altrimenti, è solo l’ennesima foglia di fico.
Proposte concrete, non slogan
E allora la domanda di La Fortuna è semplice, diretta, bruciante:
“Se non era utile, perché il Comando ha avuto tanta fretta di eliminarla?”
“E se era utile, perché non si è scelto di farla rispettare, con serietà e trasparenza?”
Quello che serviva davvero non era cambiare le regole, ma farle rispettare. Bastava un minimo di controllo da parte dei superiori gerarchici. Dopotutto, garantire il benessere del personale è – o dovrebbe essere – compito naturale di ogni comandante. Ma forse proprio questo spaventa: un Generale di Divisione, recentemente, ha pagato caro il fatto di aver messo al centro le persone anziché i numeri. E nell’Arma di oggi, pare sia un lusso imperdonabile.
Questo serviva. Questo andava preteso.
Il risultato? Meno tutele. Più arbitrarietà. Zero responsabilità.
Serve memoria. Serve voce.
“Abbiamo lottato per avere i sindacati – conclude La Fortuna – Li volevamo, li aspettavamo, li sognavamo come strumento di liberazione.
Oggi, ci troviamo a dover difendere conquiste passate, proprio da chi doveva portarne di nuove.”
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