CarabinieriIntelligence

Carabinieri fuori dai giochi: la rivoluzione silenziosa nell’intelligence italiana

Nel cuore di Roma, tra i corridoi del potere e le stanze segrete dei servizi d’intelligence, si sta consumando una rivoluzione silenziosa. L’Arma dei Carabinieri, colonna portante della sicurezza nazionale italiana per secoli, si trova improvvisamente ai margini di un gioco che ha dominato per decenni. Ma come siamo arrivati a questo punto? E cosa significa per il futuro della sicurezza in Italia?

La mossa che ha fatto tremare viale Romania

La recente nomina di Bruno Valensise a direttore dell’AISI, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna, ha interrotto una tradizione consolidata. Per la prima volta dopo oltre un decennio, la guida dell’AISI non viene affidata ad un generale dell’Arma dei Carabinieri. Questa decisione, insieme alla nomina di Giuseppe Del Deo come vicedirettore del DIS e di Vittorio Rizzi come vicedirettore dell’AISI, segnala un cambiamento significativo nella gestione dell’intelligence italiana.

Una tradizione interrotta

Dal 2008, con una continuità che ha attraversato governi di ogni colore, il vertice dell’AISI è sempre stato occupato da un generale dei Carabinieri. Nomi come Mario Parente hanno lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’intelligence. Questa tradizione, però, sembra essere giunta al capolinea, portando con sè interrogativi sul futuro ruolo dell’Arma nell’architettura della sicurezza nazionale.

Le ragioni dietro la svolta

La scelta di Valensise, che proviene dal DIS con una carriera interna ai servizi, potrebbe essere interpretata come un segnale di fiducia verso figure considerate più tecniche e meno legate all’apparato militare. Probabilmente riflette la volontà politica di imprimere una svolta nella gestione dell’intelligence interna, puntando su profili ritenuti più adatti alle nuove sfide della sicurezza.

I papabili per il dopo Luzi

Con l’avvicinarsi del termine del mandato del comandante generale Teo Luzi, previsto per novembre, si apre una fase di transizione cruciale per l’Arma dei Carabinieri. Diversi nomi di spicco emergono come potenziali successori, ognuno portatore di esperienze e competenze uniche. In prima linea troviamo Salvatore Luongo, attuale vicecomandante, che vanta un background significativo come capo ufficio legislativo del ministero della Difesa. La sua esperienza potrebbe rivelarsi preziosa nel navigare le complesse acque istituzionali.

Mario Cinque, capo di stato maggiore, rappresenterebbe una scelta di continuità, garantendo una transizione fluida. Riccardo Galletta, al comando dell’Interregionale “Pastrengo”, porta con sé il peso dell’anzianità di servizio, un fattore che potrebbe giocare a suo favore in un’istituzione che valorizza la tradizione. Fabrizio Parrulli si distingue per la sua esperienza internazionale come addetto per la Difesa all’ONU, offrendo una prospettiva globale che potrebbe rivelarsi determinante in un mondo sempre più interconnesso. Non da meno sono Marco Minicucci, alla guida del Comando Interregionale Ogaden, e Andrea Rispoli, al comando della Forestale, entrambi con competenze specifiche che potrebbero arricchire il vertice dell’Arma. La scelta tra questi candidati non sarà solo una questione di curriculum, ma rifletterà la visione del governo per il futuro dell’Arma.

L’Arma allo specchio: tra occasioni perse e la sfida del rinnovamento

Mentre le luci si abbassano sulle stanze dell’intelligence italiana, l’Arma dei Carabinieri si ritrova inaspettatamente nell’ombra. Questo cambio di scena non è solo il risultato di decisioni dall’alto, ma forse anche il frutto di alcune mosse mancate o mal calibrate da parte dell’Arma stessa.

L’esclusione dai vertici dell’AISI segna un punto di svolta, una rottura con una tradizione che sembrava intoccabile. Ma in questo gioco di specchi e ombre, forse l’Arma ha sottovalutato l’importanza di rinnovarsi, di adattarsi a un mondo in rapido cambiamento. Qualche segnale ignorato, qualche opportunità di evoluzione mancata?

Non si tratta solo di perdere una poltrona di prestigio. È un’occasione persa per portare al tavolo dell’intelligence quell’inestimabile bagaglio di esperienza sul campo, quel legame unico con il territorio che solo i Carabinieri possono vantare. Allo stesso tempo, è un campanello d’allarme per un’istituzione che, forse, ha dato troppo per scontato il proprio ruolo.

In questo scenario in evoluzione, l’Arma si trova ora a dover ripensare la propria posizione, a dimostrare la propria rilevanza in un contesto che sembra privilegiare competenze tecniche su quelle tradizionali. È una sfida, certo, ma anche un’opportunità per un’autocritica costruttiva, per un rinnovamento che non tradisca le radici ma le proietti nel futuro.

La partita non è chiusa, ma il campo da gioco è cambiato. E l’Arma dei Carabinieri, se vuole tornare protagonista, dovrà imparare le nuove regole senza dimenticare quelle antiche che l’hanno resa grande.

Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).

Cosa aspetti?

Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI

error: ll Contenuto è protetto