Carabinieri costretti a pulire i box dei cavalli: Chi vigila sulla sicurezza? Il Sindacato accusa: “Responsabilità diretta del Datore di Lavoro”
Un reparto d’élite, trattato come manodopera da sfruttare
Il 4° Reggimento Carabinieri a Cavallo di Roma è una prestigiosa unità dell’Arma, vanto istituzionale e attrazione di ogni parata nazionale. Ma dietro la patina dell’onore si nasconde una gestione che sfiora il paradosso: i militari sono costretti a pulire stalle e scuderie, per sopperire alla mancanza della ditta appaltatrice, il cui servizio risulterebbe inspiegabilmente sospeso.
Letame, urina, polveri: carabinieri a rischio senza tutele
Secondo la denuncia del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC) Lazio, il personale in servizio viene impiegato quotidianamente nella gestione e pulizia dei box per cavalli, senza alcuna preparazione specifica né dispositivi di protezione individuale (DPI). Guanti, tute, mascherine, scarpe idonee: tutto assente.
Esposti a agenti biologici potenzialmente pericolosi – come ammoniaca, feci animali, urine e polveri organiche – i carabinieri si trovano in una condizione lavorativa che viola apertamente il D.Lgs. 81/2008, la legge quadro sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Trastulli (NSC): “Usati come sostituti della ditta, è inaccettabile”
“Non si può usare personale militare come se fosse manodopera gratuita per mansioni civili, a maggior ragione quando mancano formazione e tutele basilari,” tuona Massimiliano Trastulli, Segretario Generale di NSC Lazio. “Questa è una violazione lampante della normativa, ma soprattutto un’umiliazione del ruolo e della funzione del carabiniere.”
Non risultano aggiornamenti al Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), né tracciabilità dei dispositivi di sicurezza, né tantomeno un’attività di sorveglianza sanitaria preventiva per l’esposizione a fattori di rischio biologico.
Le richieste del NSC: basta silenzi, serve rispetto
Il Nuovo Sindacato Carabinieri non si limita a una denuncia: pretende risposte, azioni concrete, fine dell’ambiguità. Chiede che cessi immediatamente l’impiego improprio dei militari in mansioni che nulla hanno a che vedere con il loro ruolo istituzionale. Nessuna scusa, nessuna giustificazione organizzativa: non è compito di un carabiniere spalare letame.
Il servizio, affidato a una ditta specializzata, deve tornare nelle mani di chi è pagato e qualificato per farlo. Non un giorno in più di tolleranza. L’Arma non può continuare a tacere, e per questo il NSC esige una comunicazione ufficiale da parte dell’Amministrazione, che chiarisca come si sia potuti arrivare a una simile distorsione operativa.
Infine, ma non per importanza, è tempo che intervengano gli organi di vigilanza preposti alla sicurezza sul lavoro. Il D.Lgs. 81/2008 non è un’opinione né un optional: è legge. E come tale va applicata – anche dentro una caserma, anche se le vittime indossano una divisa.
Dietro le stellette, persone: lo Stato non può permettersi l’amnesia organizzativa
Il problema sollevato dal NSC Lazio non è un caso isolato. È sintomo di una tendenza che, troppo spesso, colpisce le forze dell’ordine: impieghi impropri, in contesti insicuri, con responsabilità lasciate cadere nel vuoto.
In un momento storico in cui si pretende massimo rigore e professionalità dalle forze armate, non è accettabile che lo stesso Stato dimentichi i diritti fondamentali dei suoi uomini e donne in uniforme. Le leggi sulla sicurezza non sono orpelli burocratici, ma strumenti di tutela imprescindibili.
Quando il datore di lavoro dimentica le proprie responsabilità
Questo caso solleva una domanda che va oltre le scuderie romane: quante volte, nei settori pubblici e privati, il datore di lavoro ignora – o finge di ignorare – i propri obblighi?
La legge è chiara: chi dirige, chi assegna compiti, chi organizza, è responsabile della sicurezza fisica e mentale dei lavoratori. L’ignoranza non è mai una scusa, l’omissione è sempre una colpa.
E chi serve lo Stato merita rispetto, non letame.
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