Carabinieri cacciatori operano in emergenza, se non siete pronti ritornate alla “comfort zone” del lavoro di stazione. Un’offesa o un copione recitato male? Le fiction lasciamole agli attori
Francamente, non vorrei trovarmi nei panni dell’Ufficiale che, allo scopo di esaltare un reparto composto da specialisti, quali i Carabinieri Cacciatori – di cui è superfluo enfatizzare le valorose gesta-, pur non volendo, è rimasto intrappolato in un vespaio di critiche e commenti, sicuramente prevedibili, che purtroppo hanno causato esattamente l’effetto contrario di quello auspicato.
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Così esordisce il Segretario Generale Carmine Caforio, e aggiunge: sarò considerato anche una voce fuori dal coro, ma non me la sento di criticare l’Ufficiale designato a recitare quel copione riuscito male, anche se, da utente, ancor prima che da semplice Carabiniere, non riesco ancora a spiegarmi come mai, ai professionisti della comunicazione del Comando Generale, sia sfuggita l’analisi di quel breve spezzone televisivo circa gli effetti che avrebbe provocato la sua diffusione in rete.
Una conseguenza scontata che, nel mondo spietato dei social in cui viviamo, si è istantaneamente trasformata in un’allettante opportunità che nessuno, compresi i leoni da tastiera, si è fatta sfuggire.
Ma siamo davvero convinti che l’intenzione dell’Ufficiale fosse quella di sminuire il prezioso e insostituibile servizio offerto dai Carabinieri impiegati presso i reparti della linea territoriale, con particolare riferimento alle Stazioni? No, non è possibile, altrimenti quell’Ufficiale sarebbe da considerare un intruso tra le nostre fila.
Negli anni, le mutate esigenze operative hanno indotto tutte le polizie del mondo, così come anche l’Arma, ad istituire nuovi reparti e formare personale altamente addestrato, equipaggiandolo con uniformi, strumenti, armamenti e mezzi all’avanguardia, in grado operare in qualsiasi condizione e nei posti più impervi e desolati del nostro territorio, ove, però, esiste sempre un’insegna stradale, magari anche arrugginita e trivellata dai proiettili di una lupara, che indica la via per raggiungere una casa sempre aperta.
La Stazione Carabinieri: un pugno di donne e uomini umili e generosi che, lontani dai riflettori, sono pronti a rinunciare a licenze, riposi e persino alla retribuzione delle ore di lavoro straordinario svolto in favore della comunità e, non di rado, anche a saltare i pasti. Militari sprovvisti di mezzi adeguati e, in molti casi, alloggiati in Caserme vecchie e fatiscenti che, senza particolari addestramenti, ma specialisti insuperabili nell’antica arte dell’arrangiarsi, sono in grado di affrontare il pericolo, dare una risposta al cittadino e, non di meno, fornire assistenza e informazioni preziose ai fratelli dal Basco Rosso. Pubblicizzare anche questi aspetti, probabilmente trascurati dai Governi che si sono avvicendati negli ultimi anni, contestualizzati nell’epoca moderna in cui viviamo, ove sacrificio e altruismo sembrano valori dimenticati, colpirebbe il cuore degli Italiani e forse anche quello di chi, dietro una comoda poltrona, continua a fingere di non sapere.
Caforio conclude, e ribadisce prima a sé stesso: la comunicazione è uno strumento prezioso ma estremamente delicato, specie in questo momento storico di rapida evoluzione sociale e culturale, ove la ricerca ossessiva di visibilità, specie attraverso l’uso incontrollato del web, è diventato uno tra i fenomeni più concreti ed allarmanti dei giorni nostri.
Cadere nella trappola infernale dei social network significa, infatti, fare il gioco di chi non ama l’Arma e tenta mettere a rischio la solida coesione dei Carabinieri – senza distinzione di ruoli, funzioni, incarichi e reparti – il cui spirito di corpo ha costituito, per più di due secoli, la vera forza della nostra gloriosa storia istituzionale.
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