Carabinieri

Carabiniere assolto dopo 13 anni “finisce un inferno”

E’ stato arrestato per usura promessa, rinchiuso in prigione e condannato nei tre gradi di giudizio; ha scontato quasi completamente la pesante pena inflitta. Giuseppe Di Risio, 58 anni, di Casalbordino (Ch), brigadiere dei carabinieri, prestava servizio alla compagnia di Atessa (Ch), quando venne prelevato dalla polizia e rinchiuso in cella.

Ora, dopo 13 anni, la Corte di Appello di Campobasso, accogliendo la richiesta di revisione processuale, lo ha assolto dall’accusa di strozzinaggio, cancellando ogni condanna a suo carico.

“Ho dedicato all’Arma dei carabinieri – dice all’Adnkronos – 32 anni di onorata carriera, inficiata da questa vicenda che mi ha distrutto a livello professionale, sociale e patrimoniale. Adesso mi auguro di ricominciare a vivere”. Era l’agosto 2008 quando è cominciato l’incubo.

“All’improvviso – racconta – sono stato prelevato a casa e sono stato condotto nel carcere militare di Santa Maria di Capua Vetere. I miei genitori non furono avvisati: mia madre seppe dalla televisione quello che mi stava capitando. Mi vide in tv in manette. Ha avuto un infarto con strascichi dai quali non si è più ripresa. E’ stato un colpo anche per mio figlio disabile”.

E’ stato sospeso dal servizio. Era accusato di aver prestato, tra il 2006 e il 2008, denaro per cui chiedeva tassi d’interesse che arrivavano fino al 240% all’anno. A denunciarlo un imprenditore suo amico a cui ha prestato denaro e che, non volendolo restituire, lo ha messo nei guai. La prima condanna, nei confronti del militare, è stata emessa dal Tribunale di Lanciano (Ch) nel 2013: i giudici gli hanno inflitto 3 anni di reclusione più altri 9 mesi per il reato di falsità in annotazioni di servizio. Pena confermata dalla Corte d’Appello dell’Aquila e successivamente dalla Cassazione, che gliel’ha ridotta a 3 anni e 8 mesi. Pena divenuta, quindi, irrevocabile. Ma lui, il sottufficiale, che si è sempre professato innocente, non si è arreso fino a che non è riuscito a dimostrare la propria integrità.

Il carabiniere, contraendo anche prestiti con le banche, aveva prestato soldi al conoscente, che aveva problemi finanziari e gli aveva chiesto aiuto. Prima gli ha dato 20mila euro, poi 15 mila, fino ad arrivare, senza interessi, a 120mila euro.

Ad un certo punto, Di Risio, per problemi familiari e pressato dagli istituti di credito, ha cominciato a trovarsi in difficoltà e a premere per la restituzione delle somme. L’amico non ha voluto saperne di ridargli il denaro, anzi, lo ha denunciato per usura. Di Risio è stato rinchiuso in prigione, poi è stato ai domiciliari e alla fine ha avuto l’affidamento ai servizi sociali: così ha scontato quasi completamente la pena. Il suo avvocato, Giuliana De Nicola, di Pescara, indagando, è riuscita a scovare, filmati, registrazioni e documenti mai entrati nel fascicolo processuale e che, di recente, hanno indotto i giudici alla revisione del processo. Nuove prove e testimonianze prodotte in aula, lo hanno scagionato definitivamente. La Corte d’Appello di Campobasso con sentenza del 4 marzo 2021 e depositata il 3 maggio 2021, ha cancellato ogni condanna perché “il fatto non sussiste”. I giudici hanno anche stabilito, a suo favore, “la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna e per spese processuali e di mantenimento, nonché per risarcimento del danno in riferimento al reato di usura”. “Ci ho sempre creduto – afferma Di Risio – sono andato avanti, pur soffrendo per me e i miei cari, e ce l’ho fatta. Ho dimostrato la mia innocenza. E’ stato un inferno, ringrazio tutti quelli che mi sono stati vicino e mi hanno supportato, emotivamente ed economicamente”. Adesso chiederà i danni allo Stato per la carcerazione e la sofferenza patite.

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