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Campagna elettorale libero dal servizio, Carabiniere punito: “Comportamento lesivo del prestigio personale e dell’istituzione”. Il TAR annulla la sanzione

Il ricorrente, Appuntato dell’Arma dei carabinieri, in servizio presso il Comando della Compagnia Carabinieri di San Giovanni Rotondo è stato punito con la sanzione di cinque giorni di consegna poiché “libero dal servizio ed in abiti civili, partecipava all’organizzazione e propaganda a favore di una lista civica concorrente a competizioni politiche, facendosi ritrarre anche in fotografie pubblicate su un social network, pregiudicando l’estraneità delle forze armate alle competizioni politiche. Tale comportamento risultava lesivo del prestigio personale e dell’istituzione”.

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Il militare ha quindi proposto ricorso gerarchico, respinto dal Comandante Provinciale di Foggia, ritenendo la motivazione compendiata nella sanzione irrogata di per sé perfettamente correlata e pertinente a quanto contenuto nella lettera di contestazione.

Il TAR Puglia, adito dall’Appuntato, ha accolto il ricorso.

Punto di partenza per l’analisi della fattispecie de qua – spiegano i giudici amministrativi – il presupposto costituzionale fornito dall’art. 49 Cost. a norma del quale “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“.

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Come è noto infatti, la libertà di iscriversi a partiti politici e, più in generale, la possibilità di concorrere alla definizione della politica nazionale, costituisce espressione del diritto di associazione, tipica libertà positiva, prerogativa fondante di uno Stato sociale di diritto.

Tuttavia, nonostante la rilevanza di tale principio, confermata peraltro anche a livello sovranazionale, è la stessa Carta costituzionale a prevedere, all’art. 98, terzo comma, la possibilità di stabilire con legge una “limitazione al diritto di iscriversi ai partiti politici”, tra le altre categorie ivi previste, anche per i militari di carriera in servizio attivo.

In questa prospettiva viene in considerazione, in primo luogo, l’art. 1483 del d.lgs. 66/2010, rubricato “Esercizio delle libertà in ambito politico”, a norma del quale: “1. Le Forze Armate devono in ogni circostanza mantenersi al di fuori dalle competizioni politiche. 2 Ai militari che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 dell’art. 1350, è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative.”.

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L’art. 1483, dunque, in ragione dell’espresso e testuale richiamo all’art. 1350, comma 2, in esso contenuto deve essere letto in combinato con tale ultimo disposto, ai sensi del quale: “1. I militari sono tenuti all’osservanza delle norme sulla disciplina militare e sui limiti all’esercizio dei diritti, dal momento della incorporazione a quello della cessazione dal servizio attivo, ferma restando la disciplina dettata per il personale in congedo; 2. Le disposizioni in materia di disciplina militare, si applicano nei confronti dei militari che si trovino in una delle seguenti condizioni: a) svolgono attività di servizio; b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; c) indossano l’uniforme; d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o non si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali.

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Nel caso che ci occupa – sottolinea il TAR – è pacifico che il comportamento contestato al ricorrente non sia comunque in alcun modo riconducibile ad alcuna delle condizioni, di luogo, di tempo o comportamentali espressamente considerate nella predetta disposizione, circostanza questa confermata dalla stessa motivazione alla sanzione irrogata, che diventa, pertanto, dirimente ai fini della definizione in senso favorevole al ricorrente della controversia in esame.

Da detta motivazione si apprende che il militare si trovava “libero dal servizio ed in abiti civili”, collocandosi al di fuori della struttura della fattispecie di cui all’art. 1350, secondo comma, sopra citato.

Tale condotta, oltre a risultare quanto mai carente tanto dei presupposti legali di cui all’art. 1350, secondo comma, sopra citato, è altresì priva di qualunque significatività ed univocità al fine stesso di caratterizzarla come condotta politica, dato la natura di luogo aperto al pubblico del bar dove sarebbe stata raccolta la firma in questione e la scarsa rilevanza di due foto in compagnia di amici al fine di enuclearne una sicura militanza “di parte”.

In altri termini – conclude il TAR – se il senso di dette norme è da ravvisare nella necessità di tutelare la funzione di garanzia e la terzietà ideologica delle Forze Armate come istituzione imparziale al servizio della collettività, l’eventuale attività politica svolta in favore di un’istanza di partecipazione civica a livello meramente locale non sembra realisticamente intaccare il nucleo concettuale di detta ratio, non apparendo pertanto in alcun modo lesiva delle norme sopra ricordate.

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