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BRUTTE NOTIZIE PER I GENERALI: PARTE LA ROTTAMAZIONE DELLE FORZE ARMATE

Ecco le forze armate che il
governo Renzi vorrebbe. Veloci, giovani, informali. Come piace a lui e come
piace anche a Roberta Pinotti, il ministro della Difesa, che nella sua cauta ma
decisa rottamazione dell’esistente ha ottenuto il pieno appoggio del Quirinale.

Sono finalmente pubbliche sul sito del ministero, infatti, le 90 tesi della
Pinotti sulla Difesa che sarà. Quelle linee guida che ha illustrato alcuni
giorni fa al Consiglio supremo di Difesa.
E dunque: il governo ritiene
che occorrano forze armate veloci, giovani e informali. Il pre-Libro Bianco
mette in discussione il sistema attuale degli arruolamenti, con pochi militari
a ferma triennale e il resto a vita. Per la Pinotti, così non va: «Genera una
elevata età media del personale, minore flessibilità di impiego ed operatività
dei Reparti, e costi complessivi elevati». 
Né va meglio con l’architettura
gerarchica: «Le presumibili esigenze di adeguamento della struttura organizzativa
e funzionale, anche in un’ottica di convergenza europea, avranno sicuramente un
impatto su altre tematiche relative al personale, quali la strutturazione
ordinativa, la “piramide gerarchica” e le correlate progressioni di
carriera».

Brutte notizie in arrivo, dunque, per i generali. I quali fino a due anni fa
erano 443
e dovrebbero ridursi a 310. Sempre tanti, comunque, a fronte dei 984
degli Stati Uniti. Da noi, c’è in media un generale ogni 380 militari; da loro,
uno ogni 1440.

Sono le regole stesse del pubblico impiego, troppo ingessate e burocratiche, a
non essere più all’altezza della sfida a cui sono chiamate le forze armate del
futuro: «Occorre interrogarsi – si legge nella contorta prosa delle linee guida
– se la condizione di militare e le relative assolute peculiarità, anche di
impiego e di stato giuridico, non possano essere meglio garantite e rese di
maggiore utilità per il Paese riconoscendo a tale condizione una differenza
tanto marcata dal pubblico impiego da superare il rapporto di genere e specie
che, fino ad ora, ha condizionato entrambi i domini».

Pare prefigurarsi alla Difesa una vera rivoluzione, insomma, che non si
limiterà al riequilibrio della spesa, così come impostata dall’ex ministro
Giampaolo Di Paola ai tempi del governo Monti. Quello voleva risparmiare sugli
stipendi per spendere di più sull’esercizio (l’addestramento e la manutenzione)
e sugli investimenti (i nuovi sistemi d’arma).

Al governo Renzi pare superata perfino la tripartizione della spesa. Quantomeno
andrebbero fuse le spese per funzionamento e per investimento. «Analogamente,
un patrimonio immobiliare privato di una corretta manutenzione genera nel tempo
esclusivamente un deprezzamento netto del suo valore».

L’esercito del futuro,
comunque, non costerà poco. Le armi moderne, tipo i cacciabombardieri, dovranno
esserci. Sul punto, la Pinotti ama parlar chiaro: «Nel nostro Paese, purtroppo,
manca una piena e diffusa comprensione di quale sia il costo da pagare affinché
siano garantiti quei diritti cui tutti fanno costante riferimento e che trovano
fondamento proprio nella nostra conquistata libertà».

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