Assorbimento del Corpo Forestale, la CEDU chiede spiegazioni al Governo Italiano
Con provvedimento comunicato l’8 febbraio 2024, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato il via all’esame in contraddittorio dei ricorsi presentati nel dicembre del 2019 dallo Studio Legale dell’Avvocato Egidio Lizza aventi ad oggetto la riforma del Governo Renzi, con cui si è inteso assorbire il Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, militarizzandone il personale.
Sul finire del 2016, su delega del Parlamento, il Governo aveva imposto che il Corpo Forestale dello Stato fosse assorbito nell’Arma dei Carabinieri, che le sue funzioni fossero smembrate tra diverse Amministrazioni e che la quasi totalità dei suoi dipendenti, da membri di una polizia civile divenissero militari, transitando nella detta Arma.
A seguito del contenzioso introdotto in Italia e della sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 10 luglio 2019, che aveva rigettato le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito alla riforma, è stata interessata della vicenda la Corte europea dei diritti dell’uomo, per le violazioni subite dai Forestali in riferimento ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Ora la Corte di Strasburgo ha deciso di riunire i ricorsi proposti, disponendone la comunicazione al Governo italiano e sollevando, all’indirizzo delle parti, le questioni che ritiene rilevanti per la sua decisione e sulle quali dovrà svolgersi il contraddittorio tra i ricorrenti e il Governo.
Le questioni sollevate dalla Corte EDU
Le questioni individuate sono le seguenti: se la riforma ha creato in danno degli ex Forestali una discriminazione rispetto agli altri cittadini dello Stato italiano, in merito all’acquisizione dello status militare, come tale contraria all’articolo 14 della Convenzione; se è stata violata la loro libertà di associazione a causa del trasferimento alle forze di polizia con status militare e se le restrizioni subite fossero legittime e necessarie, ai sensi dell’art. 11 § 2 della Convenzione; se comunque esisteva una effettiva possibilità di scegliere di non essere trasferiti ad un corpo di polizia militare e se in particolare i ricorrenti abbiano avuto la possibilità di richiedere il trasferimento verso un’altra amministrazione e, nel caso, quale sia stato l’esito; se, infine, l’ordinamento interno abbia offerto o meno un rimedio effettivo per le doglianze in seguito prospettate alla Corte europea.
Molte, dunque, le questioni di merito sulle quali il Governo italiano è chiamato a rispondere per giustificare dal punto di vista delle norme convenzionali invocate la legittimità della riforma.
Possibile soluzione transattiva
Nel tempo stesso, la Corte europea, prima che la fase contenziosa si sviluppi con lo scambio di difese scritte, ha invitato il Governo a valutare la possibilità di proporre una risoluzione amichevole della vicenda, che presumibilmente dovrà essere accompagnata dal riconoscimento delle sollevate violazioni della Convenzione europea e da una misura risarcitoria che le possa compensare.
Seguiremo attentamente gli sviluppi – dichiarano gli ex sindacalisti del CFS Danilo Scipio, Marco Moroni, Federico Menichini, Ezio Di Cintio e Maurizio Cattoi – al fine di far ammettere al Governo Italiano il fallimento di quella scellerata riforma e per far riconoscere agli oltre mille ricorrenti un equo e doveroso risarcimento, per la militarizzazione subita coattivamente.