Avvocato Militare

Agente della Polizia Penitenziaria simula posto di blocco e il figlio condivide video su TikTok: Deplorazione per Uso Improprio della Divisa

Il TAR Liguria ha recentemente preso una decisione in un caso che pone interrogativi significativi sul confine tra vita privata e responsabilità professionali, specialmente nell’era dei social media. Il caso riguardava un Assistente Capo Coordinatore della Polizia Penitenziaria di Sanremo, il quale aveva impugnato una sanzione disciplinare di deplorazione inflittagli per aver partecipato alla realizzazione di un video pubblicato su TikTok.

Il video su TikTok

Il video in questione, girato nell’abitazione del ricorrente e condiviso online presumibilmente dal suo figlio minore mediante il social network TikTok”, ritrae il ricorrente, che, indossando parte dell’uniforme di servizio (in promiscuità con abiti civili), figura sovraintendere ad un posto di blocco fittizio in due distinte occasioni: nella prima occasione egli chiede all’autista dell’autovettura fermata di esibire patente e libretto; nella seconda (in cui l’odierno ricorrente indossa una mascherina) invita il medesimo soggetto, co-protagonista del video, ad esibire “autocertificazione, guanti e mascherine”, invitandolo poi a non recarsi in “posti affollati”.

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L’Amministrazione ha ritenuto detta condotta, consistente nell’utilizzo improprio dell’uniforme di servizio, integrare la violazione di cui all’art. 4, co. 1, lett. (l) d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 (negligenza, imprudenza o inosservanza delle disposizioni sull’impiego del personale e dei mezzi o nell’uso, nella custodia o nella conservazione di armi, mezzi, materiali, infrastrutture, carteggio e documenti), gravando peraltro sull’odierno ricorrente l’onere di vigilare affinché la videoripresa (che egli ha riferito essere stata girata per fini di mero intrattenimento) non fosse divulgata.

Il ricorrente ha sostenuto che l’intento del video fosse puramente ludico e non inteso a denigrare l’Amministrazione. Ha inoltre contestato la specificità e l’immutabilità della contestazione disciplinare, evidenziando l’assenza di intenti diffamatori e argomentando sulla mancanza di proporzionalità nella sanzione.

La sentenza del TAR

Il TAR Liguria ha rigettato il ricorso. Ha evidenziato che il comportamento sanzionato era l’utilizzo improprio dell’uniforme, indipendentemente dall’intento o dalla diffusione del video. Inoltre, ha ritenuto la sanzione proporzionata, data la natura del comportamento e precedenti disciplinari dell’assistente.

Sottolinea il TAR: “Il comportamento sanzionato (conforme a quanto in origine contestato) è costituito dall’utilizzo improprio dell’uniforme (in presenza, quantomeno, di due altri soggetti: il co-protagonista del video e il soggetto che riprende la scena), successivamente reso pubblico mediante diffusione tramite un social network della relativa ripresa, e non la detta diffusione, che rappresenta soltanto il mezzo attraverso il quale la condotta è venuta a conoscenza dell’Amministrazione”. 

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Il TAR ha dunque rigettato il ricorso condannando il ricorrente alle spese legali quantificate in 2mila euro.

Questa sentenza apre un dibattito importante sulla gestione dell’identità professionale nell’era digitale. L’episodio mette in luce la difficoltà nel bilanciare libertà personale e responsabilità professionale, specialmente quando queste si intrecciano con l’uso dei social media. La decisione del TAR Liguria sottolinea l’importanza della prudenza nell’uso degli elementi distintivi della propria professione, soprattutto in contesti pubblici come i social network, dove la linea tra personale e professionale può facilmente sfumare.

In conclusione, il caso segnala l’esigenza di una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti sui potenziali impatti delle loro azioni nel mondo digitale, ribadendo la necessità di mantenere una condotta coerente con il ruolo e le responsabilità professionali, anche al di fuori dell’ambiente di lavoro.

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