Avvocato Militare

Rifiuta l’alcoltest, scatta la punizione: militare sospeso per 9 mesi. Il TAR conferma, ‘disatteso il giuramento

(di Avv. Umberto Lanzo)

La giustizia amministrativa, ancora una volta, richiama alla responsabilità chi indossa l’uniforme. In una sentenza pronunciata dal TAR del Lazio – Sezione Prima Bis, è stato respinto il ricorso di un militare sospeso dal servizio per nove mesi, a seguito del suo rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. Un fatto accaduto nel 2012, ma giunto oggi a una definitiva valutazione di legittimità amministrativa, con un provvedimento che chiarisce – e rafforza – i confini tra responsabilità penale e doveri disciplinari nell’ambito militare.

Una sanzione “di Stato”: rifiuto dell’alcoltest e la lunga scia del dovere militare

Tutto inizia il 6 febbraio 2012, quando il Graduato, mentre si trovava alla guida a Sperlonga, viene fermato dai Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Gaeta. Alla richiesta di sottoporsi al test alcolemico con etilometro, oppone un netto rifiuto. Il gesto, a prima vista una mera infrazione stradale, assume ben altro peso per un militare: diventa motivo di sanzione disciplinare di stato, sfociata nel decreto dirigenziale impugnato.

Benché il procedimento penale si sia concluso con una dichiarazione di estinzione per prescrizione da parte del Tribunale di Latina (sentenza divenuta irrevocabile l’11 giugno 2019), il comportamento è stato valutato dall’Amministrazione della Difesa in termini non compatibili con i doveri militari.

I tempi che contano (e quelli che non bastano): la questione della tardività

Uno dei principali argomenti difensivi ha fatto leva su un presunto vizio di tardività dell’avvio del procedimento disciplinare. Secondo il ricorrente, il termine di 180 giorni dalla conoscenza del passaggio in giudicato della sentenza era stato superato.

Il TAR ha però chiarito: in materia militare vale il Codice dell’Ordinamento Militare, precisamente l’art. 1392 del D.Lgs. 66/2010. Ed è su questa base che si misura la tempestività: 90 giorni per l’avvio, 270 per la conclusione. Secondo la documentazione prodotta, l’Amministrazione ha rispettato entrambi i termini, avendo ricevuto conferma ufficiale dell’irrevocabilità il 9 settembre 2020 e notificato l’avvio il 20 ottobre.

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La sostanza oltre la forma: la “colpa” è nel rifiuto, non nei valori del sangue

Non è mancato, nel ricorso, il tentativo di dimostrare l’assenza di alcol nel sangue, attraverso analisi eseguite privatamente poco dopo il fatto. Tuttavia, come sottolinea il Collegio, l’infrazione disciplinare non riguarda lo stato di alterazione, bensì il rifiuto stesso di sottoporsi al controllo, gesto che – per un militare – ha rilievo autonomo, poiché configura una mancata collaborazione con le Forze dell’Ordine, contraria all’art. 732 del D.P.R. 90/2010.

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Recidiva e reiterazione: la pesante eredità disciplinare del passato

Non è stato solo l’episodio del 2012 a pesare sulla decisione. Il Graduato presentava già 10 sanzioni disciplinari di corpo, tra cui due per abuso di alcolici, e tre sanzioni disciplinari di stato. In due casi precedenti era stata contestata la violazione dello stesso articolo 186 del Codice della Strada, a riprova di un comportamento non occasionale ma reiterato. La sanzione di 9 mesi si somma così a precedenti sospensioni (2, 10 e 2 mesi) già irrogate nel 2014 e nel 2020.

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Giustizia e uniformi: un binomio che non ammette leggerezze

La sentenza del TAR si distingue per rigore e chiarezza: nessun travisamento dei fatti, nessuna violazione dei termini, nessuna sproporzione. La sospensione disciplinare è confermata, ritenuta coerente, legittima e fondata, anche alla luce del comportamento complessivo del militare.

Infine, al ricorrente è stata addebitata anche la condanna alle spese di giudizio, per un importo pari a 1.000 euro, oltre accessori di legge.

Conclusione: la regola vale anche fuori servizio

Chi indossa una divisa non smette mai di rappresentare lo Stato. Anche fuori dal servizio attivo, il dovere di tenere condotta esemplare non si attenua, né può essere sospeso insieme al turno. E se la giustizia penale può archiviare, quella disciplinare ha una memoria lunga e uno sguardo più severo. Perché, in fondo, il prestigio delle Forze Armate non può essere alcoltestato, ma solo rispettato.

Parola del TAR.

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