Carabinieri

Ventenne si getta nel fiume, i carabinieri mezz’ora nell’acqua gelida per salvarlo: «Perdeva i sensi, l’ho preso a schiaffi»

Una delusione d’amore, un tentato suicidio e un rocambolesco salvataggio. Protagonista un ventenne del Verbano Cusio Ossola che, in un momento di sconforto per essere stato lasciato dalla fidanzata, si è gettato nel fiume Toce. È successo nella notte tra giovedì venerdì a Premosello Chiovenda.

A dare l’allarme il padre del ragazzo, che aveva ricevuto l’ultima telefonata del giovane. Ad intervenire il brigadiere Francesco Pitzeri e l’appuntato scelto Antonio Canzoneri. «Quando siamo stati allertati non ci abbiamo pensato un attimo – raccontano -. Non abbiamo avuto bisogno nemmeno di discutere ciò che dovevamo fare. Ci siamo buttati in acqua e abbiamo messo in salvo quel giovane. Ancora un po’ e probabilmente non ce l’avrebbe fatta».

Brigadiere, cosa è successo la scorsa notte? 

«Erano circa le 2 quando la centrale operativa ci ha avvisato. Quando siamo arrivati sul posto, una zona dove il Toce è più profondo e la corrente più forte, abbiamo visto il ragazzo in acqua».

Chi aveva dato l’allarme?

«Il padre, preoccupato per il figlio e la sua minaccia di suicidarsi».

In che condizioni si trovava il giovane al vostro arrivo?

«Era aggrappato ad un masso. Era semi incosciente e non ci rispondeva. Così non ci abbiamo pensato un attimo. È bastato uno sguardo al volo tra me e il collega per decidere come muoverci».

Cioè? 

«Abbiamo deciso di scendere il muraglione alto 4 metri di altezza per poi finire in acqua. In quel punto è alta un metro non c’era argine. Il ragazzo si trovava dove l’acqua è più profonda e dove c’era una risacca. In quel punto la corrente era più forte e lui era già sommerso fino alle spalle. Si teneva aggrappato con gli ultimi sforzi».

Come lo avete messo in salvo?

«A fatica. Siamo riusciti ad afferrarlo e portalo sul muraglione. Per venticinque minuti siamo stati immersi nell’acqua ghiacciata. Per tenerlo sveglio lo prendevo anche a schiaffi in viso. L’acqua era davvero gelata, è un miracolo poterlo raccontare visto il freddo intenso. Fortunatamente con i sanitari abbiamo creato una cordata di fortuna e legando le cinghie insieme lo abbiamo salvato».

Anche voi siete finiti in ospedale…

«Sì, in ipotermia. Faceva freddo e l’acqua era gelata. Ma vista la situazione pericolosa non si poteva non intervenire. Se si fosse lasciato andare avrebbe rischiato di affogare».

Avete parlato al ragazzo durante l’attesa?

«Sì, pronunciavamo parole per tentare di tenerlo sveglio. Ci siamo poi assicurati fosse vivo. Quando lo abbiamo affidato ai sanitari abbiamo tirato un sospiro di sollievo».

Siete stati la sua salvezza.

«Abbiamo fatto il nostro dovere. Ciò che è importante per noi è aver portato in salvo il ragazzo e dato una gioia alla sua famiglia. Sperando che riesca a risolvere i suoi problemi personali».

Avete parlato ancora con il padre del giovane?

«Sì, già in ambulanza ci ha ringraziato e portato degli abiti asciutti. Ci ha raccontato che la decisione del figlio era dovuta a una delusione amorosa. Un attimo di debolezza insomma».

Era la prima volta che vivevate una situazione simile? 

«Sì. Ma per fortuna c’era il mio collega. Lavorare in armonia aiuta a risolvere insieme queste emergenze. Ci si capisce al volo e si agisce al meglio. Così come è capitato anche con i sanitari del 118. Per questo voglio ringraziare sia loro sia chi era lì con noi e chi ci ha assistito in Ospedale a Verbania».

Come sta ora il giovane?

«Meglio. Domani sera andremo in ospedale a trovarlo e dargli conforto».

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