Polizia Penitenziaria

Uso delle manette in carcere: Il Provveditore Lombardo richiama i Poliziotti Penitenziari

La disposizione emessa dal Provveditore Maria Milano Franco D’Aragona, dirigente generale delle carceri del Lombardo-Veneto, relativa all’impiego della forza fisica e all’uso dei mezzi di coercizione, ha suscitato un acceso dibattito e sollevato preoccupazioni all’interno del settore penitenziario.

Il Contenuto della disposizione

L’uso della forza fisica e dei mezzi di coercizione nelle carceri è un argomento delicato e controverso. La circolare emessa dal Provveditore Maria Milano Franco D’Aragona affronta l’utilizzo improprio dei mezzi di coercizione fisica, in particolare delle manette, all’interno delle sezioni detentive. Questo utilizzo è stato segnalato in situazioni di agitazione e aggressività sia da parte dei detenuti verso se stessi che verso gli altri. Ecco cosa sottolinea:

“E’ emerso, in talune circostanze, un utilizzo improprio dei mezzi di coercizione fisica. In particolare è stato rilevato l’uso delle manette all’interno delle sezioni detentive per contenere gli agiti auto ed etero aggressivi posti in essere dai detenuti. A tal riguardo si osserva che l’art. 41 dell’Ordinamento Penitenziario, che detta i principi generali e disciplina limiti e condizioni dell’uso della forza e dei mezzi di coercizione, al terzo comma demanda al regolamento di esecuzione la previsione di ulteriori strumenti di coercizione fisica ai quali, comunque, “non vi si può far ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto. L’uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario”. L’art. 82 del D.P.R. 230/2000 prevede, quindi, che la coercizione fisica, consentita per le finalità indicate nel terzo comma dell’art. 41 della legge, si effettua sotto il controllo del sanitario con l’uso dei mezzi impiegati per le medesime finalità presso le istituzioni ospedaliere pubbliche. Tanto si richiama affinché l’utilizzo dei mezzi di coercizione fisica sia conforme alla normativa citata.”

Reazioni e Preoccupazioni

La circolare ha sollevato preoccupazioni sia all’interno che all’esterno del sistema penitenziario. Mentre si sottolinea la corretta applicazione delle misure coercitive, sembra che ci sia una mancanza di attenzione nei confronti delle condizioni di lavoro inadeguate dei poliziotti penitenziari, che operano quotidianamente all’interno di un ambiente sfidante e spesso pericoloso.

Le carceri sovraffollate e le continue aggressioni agli agenti sono problemi che richiedono urgentemente l’attenzione e l’intervento delle istituzioni competenti. Lavorare tra le mura carcerarie, in evidente minoranza rispetto al numero dei detenuti, può generare uno stress costante e una situazione di vulnerabilità per gli agenti penitenziari. Non si può ignorare il fatto che molti di questi detenuti siano individui pericolosi e violenti, il che rende il lavoro dei poliziotti ancora più impegnativo e rischioso.

Gli alti tassi di suicidio tra gli agenti della Polizia Penitenziaria evidenziano ulteriormente le pressioni e le difficoltà che affrontano quotidianamente. È cruciale riconoscere che, oltre all’importanza dell’applicazione corretta delle norme sulle misure coercitive, ci sono aspetti altrettanto importanti che richiedono attenzione urgente. Le condizioni di lavoro dignitose, la sicurezza degli agenti e il supporto psicologico sono elementi che non possono essere trascurati.

In sintesi, mentre il richiamo alla corretta applicazione delle manette è legittimo, è altrettanto importante guardare oltre e affrontare le sfide più ampie che il personale penitenziario affronta quotidianamente. Sostenere e valorizzare il loro lavoro, fornire risorse adeguate e migliorare le condizioni lavorative rappresentano passi fondamentali per garantire un sistema penitenziario che sia equo, sicuro e rispettoso dei diritti di tutti gli attori coinvolti.

E quindi, mentre tutti si preoccupano delle manette d’ordinanza, sembra che le catene invisibili di burocrazia e indifferenza abbiano il sopravvento. Forse è il momento di smettere di suonare la stessa vecchia melodia e accordare un po’ di attenzione alle note trascurate della realtà penitenziaria.

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