Usmia Carabinieri: clima estivo e uniforme invernale, il “rituale” appuntamento con i “bagni di sudore”
“Al fine di consentire al personale di esplicare nei luoghi di lavoro le proprie mansioni nella maniera più confortevole possibile, soprattutto in relazione alle condizioni climatiche, è consentita la discrezionalità individuale sull’uso delle varianti stagionali dell’uniforme di servizio” – Capitolo IV della Pubblicazione sulle uniformi dello Stato Maggiore Difesa (SMD – G – 010).
Una posizione netta quella assunta da S.M.D. – dichiara il Segretario Generale Carmine Caforio – che, nell’ambito della valutazione dei rischi, ha doverosamente tenuto in considerazione le condizioni microclimatiche sui luoghi di lavoro. É scientificamente accertato che il cambio repentino della temperatura esterna – specie a cavallo tra la stagione estiva e quella invernale -, sia indicato tra i fattori di rischio in grado di causare condizioni disagevoli, ridurre la produttività e favorire il verificarsi di infortuni, nonché l’insorgere di problemi di salute; senza considerare il diffondersi di un crescente malessere tra il personale.
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Queste le inderogabili ragioni che, ai sensi del D.Lgs 81/2008, obbligano il “datore di lavoro” ad effettuare le competenti valutazioni, anche nell’ambito del delicato argomento, in questo caso, imprudentemente sottovalutato. Infatti – continua Caforio – l’Arma dei Carabinieri, attraverso la Pubblicazione “R-11”, prendendo solo “lontano spunto” dall’analoga disposizione di S.M.D. – benché richiamata nella stessa “R-11” quale “riferimento normativo”-, recita laconicamente: “In relazione alla unificazione nel nero delle versioni estiva ed invernale delle uniformi ordinarie, è data facoltà al militare di indossare, a seconda delle condizioni climatiche locali, quella ritenuta più confortevole”.
Purtroppo, i Carabinieri hanno capito sulla loro pelle che, tale disposizione, non può essere applicata sulle uniformi di servizio, come ad esempio quelle previste per il personale destinato a svolgere mansioni operative con l’uso della nuova linea uniformologica.
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I criteri adottati per introdurre l’innovativo vestiario tecnico, studiato scrupolosamente dal Comando Generale dell’Arma per migliorare il comfort, la sicurezza e l’efficienza dei Carabinieri (per completare l’opera sarebbe giunta l’ora di approvare finalmente la tanto attesa “polo”), appaiono oggettivamente vanificati con i dettami contenuti nella citata pubblicazione.
Infatti, nel testo in riferimento, è prevista un’alternativa “estiva” solo per quelle categorie di militari che, in ragione delle mansioni svolte, possono indossare l’uniforme ordinaria, trascurando, invece, l’evidente sofferenza di chi è costretto a vestire tassativamente quella di servizio (es. camicia estiva), nell’estenuante attesa del rituale messaggio del C.te di Corpo o Interregionale: un goffo tentativo che sembrerebbe voglia eludere le disposizioni di S.M.D.
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Alla luce degli oltre quindici anni trascorsi dall’introduzione del D.Lgs 81/2008 – Caforio aggiunge e conclude: non è necessario richiamare tutte le norme che disciplinano la delicata materia della sicurezza sui luoghi di lavoro per comprendere come un Carabiniere, durante un posto di controllo sotto il sole, con indosso uniforme invernale e giubbotto antiproiettile, oltre a rischiare un malore, subisca una condizione di stress da lavoro correlato, che ne limita le capacità fisiche e mentali; fattori, questi, che inevitabilmente si ripercuotono anche sull’efficienza.
USMIA Carabinieri, in merito al delicato argomento, ha formulato un’importante proposta di modifica alla Pubblicazione “R-11”, trasmessa all’Ufficio Relazioni Sindacali del Comando Generale dell’Arma.
Scarica la proposta di modifica
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