A Panama city beach, Florida, la storia del palombaro italiano se la ricorderanno per un pezzo. Sanno che quel ragazzone alto un metro e 92 centimetri poteva diventare il migliore in assoluto di sempre, il re degli abissi nella galleria della Marina americana, se non avesse aiutato un compagno di corso in difficoltà in una delle prove più massacranti di nuoto in mare aperto. Una manciata di centesimi e di punti. Emanuele Lo Schiavo, 34 anni, guardiamarina ufficiale palombaro del Gruppo operativo subacquei (Gos) degli incursori del Comsubin della Marina militare italiana, ha salvato il compagno e ha vinto ugualmente la prova. Alla fine del master, una specie di Champions League dei palombari, si è classificato al secondo posto assoluto nella storia della Us Navy, la Marina più preparata e organizzata del mondo. Ovviamente il Guardiamarina Lo Schiavo è arrivato primo nel suo corso, e si è appuntato sul petto il titolo di Honour graduate.

Cosa significa aver ultimato il Joint Diving Officer in Florida?

“È un corso durissimo, dura 4 mesi e consente di acquisire le capacità di condurre e dirigere operazioni subacquee militari anche in Oceano. Siamo partiti in 29 ufficiali, di cui quattro stranieri e un solo italiano, il sottoscritto. Lo abbiamo completato in 19”.

Quella manciata di centesimi per salvare un compagno le ha fatto perdere il record?

“Ho agito d’istinto. Stavamo effettuando la terza prova di nuoto in mare aperto. L’ufficiale americano che nuotava accanto a me ne aveva gia fallite due, per lui era l’ultima chance. Con la coda dell’occhio l’ho visto annaspare, era in difficoltà. L’ho afferrato trascinandolo per un chilometro. Siamo arrivati dentro il tempo per soli 4 secondi, ero stremato”.

Un gesto di altruismo premiato?

“Ci hanno promossi entrambi, ma ci hanno puniti. La logica nel mio mestiere è che se uno non ce la fa è fuori. E la missione va sempre portata a termine”.

Puniti come?

“Appena finita la prova per circa quattro ore gli istruttori americani ci hanno sottoposti a sforzi pazzeschi: centinaia di flessioni, addominali, schiena a terra e movimento a gambe alzate, e squot”.

Squot?

“Si infilano le mani nelle pinne, si alzano le mani e giù 500 piegamenti con le ginocchia. Nelle pause degli esercizi arrivavamo getti di acqua gelida”.

Serve tutto ciò?

“Fa parte del gioco. La disciplina mentale per noi del Comsubin, e in particolare i palombari, è andare oltre i limiti. Nessun rancore finale, gli istruttori ci hanno segnalati in modo positivo”.

Una delle prove più dure?

“Quella della Pool week, la settimana di piscina. In una grande vasca bisogna nuotare sul fondo guardando in basso. Senza preavviso gli istruttori sbucano dall’alto e ti attaccano con violenza. Ti strappano il respiratore, cominciamo a percuoterti sulla schiena, ti sbattono la testa sul fondo e tu non devi difenderti. Sei solo costretto a resistere. Pazzesco”.

Il primo giorno come è andato?

“L’ambientamento è stato una mattina di corsa, dalle 6 a mezzogiorno, su un percorso di oltre 10 chilometri. Poi al pomeriggio centinaia di flessioni e la prova del tronco. Per due ore in quattro abbiamo trasportato sulle spalle un tronco di 300 chili. Il riposo consisteva nell’alzarlo alcuni secondi sopra la testa e poi appoggiarlo sulle spalle. Prima a destra e poi a sinistra”.

Quanti sono i palombari della marina militare italiana?

“Siamo 200, ma io sono l’unico ad aver avuto accesso al corso della Us Navy”.

Fino a che profondità può immergersi?

“Noi del Gos possiamo arrivare fino a 300 metri e con mezzi meccanici fino a 1500. A 300 metri dobbiamo saper lavorare per ogni evenienza. Personalmente ho anche il brevetto Eod, Explosive ordinance disposal, per distruggere o
recuperare ordigni in profondità. Ho partecipato recentemente all’organizzazione per il recupero di una nave austriaca piena di esplosivi vicino a Grado e nei mesi scorsi in Libia”.

Cosa siete in grado di fare in fondo al mare?

“Possiamo tagliare fiancate di mezzi navali, saldare, recuperare oggetti e parti di mezzi, organizzare operazioni di recupero o far esplodere ordigni. Una delle situazioni più complesse è organizzare una emersione di natanti affondati. Siamo anche in grado, fino a 300 metri, di soccorrere un sommergibile in difficoltà per esempio attaccando una manichetta per portare aria in caso di emergenza”.

La sua giornata tipo?

“Al mattino almeno due o tre ore di allenamento con corsa, palestra, esercizi ginnici. Al pomeriggio addestramento di vario genere con 3,4 ore in acqua a Varignano, sede del Comsubin. Poi briefing, addestramento teorico, studio delle attrezzature”.

Come è nata la sua passione per il mare?

“Da mio padre e mia madre. Poi dai prozii. Erano sette fratelli, sei dei quali in Marina. A Santa Teresa di Rivo, in Sicilia, c’è una targa che recita: ai due fratelli Lo Schiavo, eroi di guerra”.