Ubriaco e violento durante il servizio: confermata la condanna a militare dell’Esercito
(di Avv. Umberto Lanzo)
L’ubriachezza in servizio di un militare, punita dall’art. 139 del codice penale militare di pace, è una fattispecie specifica, posta a garanzia dell’efficienza operativa delle Forze Armate. La norma prevede la punibilità di qualsiasi militare sorpreso in stato di ubriachezza volontaria o colposa, laddove ciò comprometta o escluda la sua capacità di prestare un servizio specificamente assegnato.
Nel caso in esame, la Cassazione Penale, Sez. 1, sentenza n. 41118/2024, ha confermato la condanna inflitta a un caporale maggiore capo scelto dell’Esercito, sorpreso in stato di alterazione alcolica mentre svolgeva servizio armato di vigilanza presso una caserma.
I fatti: vigilanza armata e stato di ebbrezza
Secondo quanto ricostruito nelle sentenze di merito e ribadito dalla Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2020 il militare, G.P., era stato comandato al servizio di vigilanza presso la caserma “La Marmora” di Sassari. Non solo si presentò in stato di ebbrezza tale da inficiare la sua capacità di adempiere al servizio, ma aggredì anche un commilitone, colpendolo alla spalla e rivolgendogli espressioni ingiuriose.
Il Tribunale militare di Roma, con sentenza del 7 marzo 2023, aveva già ritenuto l’imputato colpevole di ubriachezza in servizio (art. 139 c.p.m.p.) e dei reati comuni di percosse e ingiurie, condannandolo a tre mesi di reclusione militare (con sospensione condizionale) e al risarcimento dei danni alla parte civile.
La difesa non convince la Cassazione
Il ricorso dell’imputato alla Corte di Cassazione, articolato in cinque motivi di diritto, è stato rigettato. Tra le contestazioni:
- Errata valutazione delle prove testimoniali,
- Violazione del principio del ragionevole dubbio (art. 533 c.p.p.),
- Assenza di dolo specifico,
- Omessa applicazione del principio del favor rei,
- Esclusione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che le dichiarazioni testimoniali erano univoche e convergenti, e che l’alterazione alcolica era tale da impedire il corretto espletamento di un servizio armato, con evidente pericolo per la sicurezza collettiva.
Importante: Non è necessario un test alcolimetrico ufficiale. È sufficiente la constatazione dello stato di ubriachezza da parte di terzi, anche non agenti di polizia giudiziaria, come stabilito in giurisprudenza (Cass. Pen., Sez. 1, n. 33780/2013).
Condotta incompatibile con il servizio armato
Il verdetto dei giudici è stato netto: la condotta del militare ha messo a rischio l’efficacia del servizio di vigilanza armata, causando disagi alla catena gerarchica e compromettendo la sicurezza dell’intera struttura.
L’elemento soggettivo del dolo, pur contestato dalla difesa, è stato ritenuto pienamente integrato, anche alla luce delle ulteriori condotte aggressive e ingiuriose poste in essere dall’imputato nei confronti del collega.
Conferma della condanna e conseguenze economiche
Con la sentenza a Suprema Corte ha confermato:
- La condanna del ricorrente per tutti i reati a lui ascritti;
- Il rigetto del ricorso;
- La condanna al pagamento delle spese processuali;
- La rifusione delle spese legali in favore della parte civile, liquidate in € 4.250,00, oltre accessori di legge.
Tolleranza zero per l’ubriachezza in servizio
Questa pronuncia si colloca nel solco di una giurisprudenza rigorosa in materia di disciplina militare, riaffermando con forza che l’integrità psicofisica del militare durante il servizio è irrinunciabile. L’ebbrezza alcolica – sia essa volontaria o colposa – è incompatibile con l’esercizio delle funzioni armate e costituisce un grave vulnus alla sicurezza collettiva e alla fiducia nell’istituzione militare.
Il messaggio della Cassazione è chiaro: l’uniforme non protegge da responsabilità, ma impone doveri. La violazione di questi obblighi non può trovare giustificazione né attenuazione, nemmeno dietro le maglie del diritto penale comune.
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