“Trump ha offerto un tappeto rosso a Putin, ma lui non ha risposto”. Crosetto a tutto campo tra Ucraina, Israele e politica interna
Crosetto senza freni: dalle “nuove guerre” a Putin, Israele e le Regioni italiane
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha scelto i microfoni di Quarta Repubblica per una lunga intervista che ha toccato fronti globali e nazionali. Con il suo tono diretto, ha spaziato dal presunto sabotaggio russo all’aereo di Ursula von der Leyen, alla guerra in Ucraina e in Medio Oriente, fino alle elezioni regionali italiane. Un intervento senza sconti, che mescola geopolitica e politica interna.
Von der Leyen, Mosca e la “normalità” delle guerre ibride
L’inizio è sul caso più delicato: il segnale satellitare disturbato mentre l’aereo di Ursula von der Leyen era in volo. Crosetto non minimizza la gravità, ma allarga lo sguardo:
“È quasi la normalità. La guerra ibrida è fatta di centinaia di attacchi hacker al giorno contro l’Italia e ogni Paese occidentale, migliaia di bot e contenuti falsi diffusi con l’intelligenza artificiale. È una nuova guerra che si aggiunge alle altre: quella classica, quella commerciale, il furto di tecnologia. Guerre senza eserciti, ma non per questo meno dannose”.
Scettico sull’ipotesi di un diretto coinvolgimento di Mosca per colpire la presidente della Commissione europea, Crosetto precisa:
“Non mi vedo la Russia far cadere l’aereo della von der Leyen. La vedo piuttosto attaccare le nostre banche, i sistemi pubblici, gli aeroporti, la produzione di energia. O usare migliaia di bot di disinformazione. Colpire un obiettivo politico così alto non rientra nella strategia russa. Poi, se sarà provato il contrario, sarò pronto a ricredermi”.
Ucraina: “La pace è ostaggio di Putin”
Sul conflitto in Ucraina, Crosetto non lascia ambiguità:
“La pace è nelle mani di un solo uomo: Putin. È lui che non ha voluto fermarsi dall’inizio, che non ha mai smesso un solo giorno di bombardare, che non ha mai concesso una tregua, neanche simbolica. Gli atti dicono cosa vuole una persona: e gli atti della Russia dicono guerra, non pace. Hanno continuato a colpire obiettivi civili per spezzare la resistenza psicologica di un intero Paese, accanto alla guerra ibrida”.
I tentativi di mediazione e il ruolo di Trump
Il ministro ricorda gli sforzi internazionali:
“Gli europei hanno provato, Trump ha fatto tantissimi passi avanti, anche gli ucraini hanno mostrato disponibilità. Ma la Russia continua soltanto a bombardare”.
Secondo Crosetto, Trump ha spinto al massimo le possibilità:
“Ha persino dato a Mosca garanzie e considerazioni che gli Stati Uniti non avevano mai concesso prima. Ha ridato a Putin una legittimità che il leader russo desiderava, essenziale per il suo prestigio. Nonostante questo, Putin non ha risposto”.
Con un’avvertenza: “Suppongo che Trump si stia irritando. Quel tappeto rosso offerto da lui, però, sta aiutando Putin a Shanghai, rafforzandolo sullo scenario internazionale”.
Medio Oriente: Hamas da estirpare, ma stop agli eccessi di Israele
Parlando di Israele, Crosetto parte da una premessa netta:
“Era sacrosanto dover estirpare Hamas, un cancro per Israele e per il popolo palestinese. È giusta la risposta iniziale dello Stato ebraico. Ma non possiamo giustificare tutto solo perché Israele è un amico. Se applico i valori un giorno sì e un giorno no, non sarò mai credibile”.
Il ministro rifiuta di definire genocidio le azioni israeliane, ma non nasconde la preoccupazione:
“Non puoi pensare che i danni collaterali siano accettabili quando arrivano a dimensioni come quelle degli ultimi mesi. Lo penso io, lo pensava l’ex ministro della Difesa israeliano Gallant, che dal punto di vista militare considerava l’operazione conclusa già mesi fa. Non è solo una mia opinione”.
E sull’idea di Donald Trump di un “Gaza resort”:
“Sono pragmatico. Prima la tregua, poi la pace, poi cibo, acqua, cure. Solo dopo si può parlare di futuro, anche di progetti economici”.
Italia: le Regioni, la sanità e la stoccata alla sinistra
Sul fronte nazionale, Crosetto mette al centro le prossime elezioni regionali:
“Le Regioni contano, perché gestiscono competenze fondamentali come la sanità, che è un dramma per ogni amministrazione. Non hanno tanto potere quanto responsabilità, e sono responsabilità enormi perché incidono sulla vita quotidiana delle persone”.
Poi, la critica tagliente al centrosinistra:
“Non mi auguro che la sinistra, con i patti e le idee che ha messo per iscritto, torni al potere da nessuna parte. Io tengo a questo Paese e voglio continuare a viverci. Vedere in Toscana un uomo che credevo saggio come Giani accettare le proposte dei Cinquestelle mi sembra la costruzione della tomba della nostra società, del nostro futuro e di qualunque speranza di futuro”.
Investire sull’intelligence
Attualmente, la spina dorsale della nostra intelligence all’estero sono le addettanze militari collocate presso le ambasciate. Non semplici uffici di rappresentanza, ma avamposti strategici che raccolgono informazioni, alimentano il dialogo militare-diplomatico, offrono analisi sul terreno e garantiscono un collegamento diretto con le istituzioni locali. Sono, in altre parole, la prima linea della sicurezza nazionale in scenari internazionali sempre più complessi.
Eppure, queste strutture restano spesso sottoutilizzate e sottovalutate, percepite più come un “onere di bilancio” che come un investimento essenziale. Si dimentica che un sistema moderno di difesa non si misura soltanto con gli armamenti o con le missioni militari, ma con la capacità di leggere in anticipo le crisi, costruire relazioni solide e anticipare le mosse degli attori ostili.
In un mondo attraversato da guerre ibride, sabotaggi tecnologici e campagne di disinformazione, l’intelligence non è un lusso, ma la condizione minima per restare sovrani dei propri interessi.
Investire sulle addettanze militari significherebbe non solo valorizzare capitale umano altamente formato, ma soprattutto garantire al Paese un ritorno incalcolabile in termini di sicurezza, influenza e credibilità internazionale.
La legge già offre gli strumenti, i numeri dimostrano la convenienza, la congiuntura geopolitica ne richiede l’urgenza. L’intelligence non è un costo da contenere, ma il primo presidio da rafforzare.
E questo Crosetto lo sa bene: ma senza una scelta chiara di investire davvero sull’intelligence militare, ogni parola rischia di restare soltanto retorica.
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