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TAR: “IL RIORDINO DEI MARESCIALLI NON RISPETTA MERITO E PROFESSIONALITA’”. ECCO LA SENTENZA

Oggi abbiamo pubblicato, in anteprima, la notizia relativa alla questione di legittimità costituzionale del riordino delle carriere sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale di Aosta, oggi vi proponiamo un analisi delle sentenza per farvi comprendere le motivazioni che sottendono tale decisione. Il ricorrente, un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, ha impugnato il provvedimento che lo ha reinquadrato come maresciallo maggiore in applicazione della disposizioni recate dal d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

In pratica al ricorrente con il provvedimento impugnato è stato attribuito il grado di maresciallo maggiore mentre nel previgente ordinamento egli aveva il grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza, cioè il grado apicale del ruolo degli ispettori.

In estrema sintesi il ricorrente contesta la legittimità costituzionale delle disposizioni del d.lg. n. 95 del 2017 che hanno disciplinato il riordino della carriere degli ispettori e il primo inquadramento del personale già appartenente a tale ruolo.

Al fine di meglio comprendere la sostanza delle censure proposte dal ricorrente, è opportuno premettere che nell’ordinamento precedente al d.lg. n. 95 del 2017 il ruolo degli ispettori dei Carabinieri comprendeva quattro gradi (cioè quattro livelli gerarchici) e una qualifica (che non costituisce un grado gerarchico); in pratica gli ispettori erano inquadrati nei gradi di maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza (MASUPS); ai MASUPS poteva inoltre essere conferita la “qualifica” (che – lo si ripete – non è un grado gerarchico) di “luogotenente”.

Il nuovo sistema prevede invece i gradi di maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore e luogotenente; ai luogotenenti può essere attribuita la “qualifica” di “carica speciale”; in pratica si è passati da una carriera articolata in quattro gradi e una qualifica ad una carriera articolata in cinque gradi e una qualifica. Sostanzialmente il grado di MASUPS è stato soppresso e al suo posto sono stati istituiti i gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente (nel sistema precedente luogotenente era infatti una “qualifica” e non un grado).

L’articolo 1293 del d.lg. n. 66 citato ha inoltre previsto nuovi periodi minimi di permanenza nel grado di maresciallo capo (ai fini dell’avanzamento al grado di maresciallo maggiore) e di maresciallo maggiore (ai fini dell’avanzamento al grado di luogotenente), fissandoli in entrambi i casi in 8 anni.

In sostanza quindi il ricorrente denuncia in fatto che questo complesso di norme risulta ingiustamente penalizzante per gli ex Masups aventi alla data del 1° gennaio 2017 un’anzianità nel grado inferiore a otto anni, dato che tali soggetti:

a) “perdono” la qualifica apicale (da essi conseguita a suo tempo previa selezione “a scelta”);

b) sono “raggiunti” nella qualifica di maresciallo maggiore dagli ex marescialli capo con oltre otto anni di anzianità i quali si vedono ope legis riconosciuto il grado di maresciallo maggiore;

c) sono discriminati rispetto agli expari grado aventi anzianità di servizio pari o superiore a otto anni, dato che a questi è attribuito il grado di luogotenente e, alle condizioni previste, anche la qualifica di carica speciale.

Inoltre il nuovo articolo 1004 d.lg. n. 66 riserva ai luogotenenti e non più ai marescialli aiutanti il diritto a conseguire a domanda, al momento della cessazione dal servizio, la nomina a ufficiale di complemento dell’Arma; analogamente il nuovo testo dell’articolo 1296 d.lg. n. 66 riserva ai luogotenenti la possibilità di ottenere la promozione a sottotenente “per meriti eccezionali e benemerenze d’istituto” prima prevista a favore dei MASUPS.

Al riguardo il Collegio ritiene che non sussista alcuna reale discriminazione tra ex MASUPS e marescialli capo che beneficiano dell’avanzamento previsto dall’articolo 2252, comma 2, citato; come giustamente rilevato dall’avvocatura dello Stato, l’avanzamento di questi soggetti non è in alcun modo in grado di provocare uno “scavalcamento” a danno degli ex MASUPS con meno di otto anni di anzianità, dato che le decorrenze previste per le promozioni sono tali da collocarli in posizione successiva a quelle dei pari grado già promossi con l’aliquota del 31 dicembre 2016. Parimenti non sussiste una reale discriminazione tra gli ex MASUPS con memo di 8 anni di anzianità e ex MASUPS con più di otto anni di anzianità, dato che la distinzione di trattamento si basa sulla diversa anzianità e, in particolare, sul possesso da parte dei secondi dell’anzianità occorrente nel “nuovo sistema” per poter aspirare al conseguimento del grado di luogotenente (cioè otto anni); in realtà il disegno del legislatore delegato è chiaro; esso nel disciplinare il passaggio dal “vecchio” ordinamento” al “nuovo” ordinamento ha per così dire meccanicamente operato una trasposizione nel nuovo sistema dei gradi previsti dal precedente basandosi esclusivamente sull’anzianità di servizio e in modo tale da evitare che si verificassero “scavalcamenti”; in pratica nell’attribuzione dei nuovi gradi si è voluto realizzare un assetto transitorio che in parte anticipasse l’applicazione delle nuove norme (che prevedono una permanenza minima nei gradi di maresciallo capo e di maresciallo maggiore di otto anni); così si spiega l’attribuzione ai marescialli capo con più di otto anni di anzianità del grado di maresciallo maggiore e l’attribuzione del grado di luogotenente agli ex MASUPS con più di otto anni di anzianità.


A questo punto, tuttavia, si pone il dubbio se la distinzione ai fini del nuovo inquadramento degli ex MASUPS esclusivamente sulla base dell’anzianità posseduta alla data del 1° gennaio 2017, sia o meno conforme ai criteri della legge di delegazione e, in particolare, se la istituzionale preclusione agli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni dell’ottenimento del (o meglio della possibilità di ottenere il) grado apicale di luogotenente in sede transitoria (così mantenendo il grado apicale già raggiunto nel precedente sistema) sia coerente con il criterio direttivo che imponeva di tener conto di merito e professionalità; il riferimento alla sola anzianità infatti pare obliterare il merito e dà unico rilievo alla professionalità acquisita (peraltro solo in un certo limite perché una maggiore anzianità di servizio fa solo presumere ma certo non garantisce una maggiore professionalità in capo al più anziano). In altri termini l’automatismo legato al mero dato quantitativo dell’anzianità posseduta a una certa data rende non manifestamente infondato il dubbio di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3, sotto il profilo del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega, nel senso che ad avviso del Collegio non è manifestamente infondato il dubbio che la valorizzazione del merito e della professionalità avrebbe implicato per l’attribuzione agli ex MASUPS del grado di luogotenente e della qualifica di “carica speciale” un meccanismo – quale che fosse – che garantisse astrattamente a tutti – indipendentemente dall’anzianità posseduta (alla quale comunque, per quanto si è detto, nell’ambito del meccanismo prescelto si sarebbe comunque ben potuto attribuire rilievo, anche se non esclusivo) – la possibilità di accedervi “tenendo conto del merito e delle professionalità” così come stabilito dall’articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

Pertanto il giudizio deve essere sospeso e gli atti vanno rimessi alla Corte Costituzionale affinché questa si pronunci sulla questione.

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