Sindacati militari: proposte emendative in commissione difesa senato
“Ieri è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge AS n. 1893 sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, in discussione in commissione difesa del Senato.” È quanto afferma il sen. Dino Mininno.
“Non è un segreto che io ritenga pessima questa proposta di legge pervenuta dalla Camera e frutto della mediazione tra tutte le forze politiche. Ritengo infatti che l’attuale testo limiti fortemente il diritto alla libertà sindacale sancito dall’articolo 39 della Costituzione e finalmente concesso dalla sentenza n. 120/2018 della Corte Costituzionale. Per questo motivo ho presentato una serie di emendamenti che vanno in direzione opposta e che condividerò con voi per spiegarne la ratio.
L’articolo 1 del disegno di legge, nel definire il diritto di associazione sindacale, esclude da tale diritto i militari “della riserva e del congedo” (comma 2) e “gli allievi delle scuole militari e delle accademie militari” (comma 6).
Per i primi osservo preliminarmente che ai sensi dell’art. 880 del C.o.m. la riserva è una categoria del congedo, quindi escludere i militari in congedo escluderebbe automaticamente anche i militari della riserva. Probabilmente l’intenzione era quella di riferirsi al congedo assoluto. In ogni caso, la Corte Costituzionale ha sancito che “i militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale” e il personale in congedo è da considerarsi militare. Ciò è rinvenibile nell’art. 621, che stabilisce che “è militare il cittadino che presta servizio armato a difesa della Patria, nella posizione di servizio o in congedo”, nell’art. 874 che, nel definire le posizioni di stato giuridico distingue i militari tra servizio permanente, servizio temporaneo e congedo, nell’art. 622 che stabilisce che lo stato di militare si perde esclusivamente per degradazione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e in seguito a condanna di reclusione non inferiore a due anni.
I militari della riserva hanno obblighi di servizio in tempo di guerra o di grave crisi internazionale (art. 887), mentre i militari in congedo assoluto, pur non essendo vincolati ad obblighi di servizio neppure in tempo di guerra o di grave crisi internazionale, conservano il grado e l’onore dell’uniforme, e sono soggetti alle disposizioni di legge riflettenti il grado e la disciplina (art. 880).
In entrambi i casi vi è una riduzione degli obblighi d’istituto e non la perdita dello status di militare.
Peraltro il disegno di legge non esclude i militari dell’ausiliaria che è anch’essa categoria del congedo (art. 880).
Il divieto di adesione del personale in congedo ai sindacati militari escluderebbe tale personale dalla possibilità di tutela dei propri interessi, dal momento che permarrebbe per essi l’impossibilità di iscriversi ad altre associazioni sindacali, le quali comunque non potrebbero tutelare gli interessi dei militari.
Per la seconda categoria, ossia gli allievi, la previsione di esclusione provocherebbe addirittura una regressione nei diritti. Attualmente infatti gli allievi vengono rappresentati nei consigli di base di rappresentanza (COBAR) e questi ultimi andranno a scomparire con l’entrata in vigore della legge sui sindacati. Quindi si cancella ogni forma di rappresentanza nei luoghi di formazione dove, a mio avviso, ci sarebbe maggiore necessità di tutela.
Per giunta non si tiene conto dei militari vincitori di concorso interno, i quali, a differenza degli allievi provenienti dal concorso pubblico, conservano il grado precedente durante il corso.
Pertanto l’emendamento, nel riformulare il comma 2 e sopprimere il comma 6, come punto di mediazione, concede il diritto alla sindacalizzazione anche al personale della riserva e agli allievi vincitori di concorso interno, escludendo il personale del congedo assoluto e gli allievi vincitori di concorso pubblico. Inoltre, solo per completezza, viene precisato che il personale di leva, essendo privo di rapporto di lavoro, non avrebbe diritto alla sindacalizzazione. La precisazione dipende dal fatto che ai sensi dell’art. 1929 il servizio di leva è stato sospeso (e non abolito) e, si spera solo in via teorica, potrebbe essere ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica in caso di guerra o grave crisi internazionale.
L’emendamento introduce inoltre il comma 5-bis, stabilendo una norma di principio mutuata dallo statuto dei lavoratori (legge n.300/1970), secondo la quale il superiore che discrimina il militare in relazione al fatto che aderisce, non aderisce o cessa di far parte di una associazione sindacale, o che ne ostacola l’adesione o ne induce all’abbandono, è punibile con una sanzione disciplinare di stato. Tale previsione è ancora più necessaria nell’ambiente militare nel quale il superiore dispone di strumenti autoritativi connotati dalla massima discrezionalità che hanno effetti importanti sulla vita del militare (come la progressione di carriera e la sede di impiego).