Avvocato Militare

RICALCOLO DELLA PENSIONE PER MILITARI E POLIZIOTTI CHE HANNO SUBITO IL BLOCCO STIPENDIALE 2011/2015

La Corte dei Conti ha accolto, in primo grado, il ricorso di un ex colonnello della Guardia di Finanza che chiedeva il ricalcolo della pensione tenendo conto degli scatti stipendiali maturati durante il blocco negli anni 2011-2015. Non è un caso isolato altre Corti dei Conti, oltre quella calabra con la sentenza odierna, sono intervenute (Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, sentenza 9 ottobre 2017, n. 278). Si tratta di un’annosa vicenda che sebbene sollevata, anche da Infodifesa.it, durante il blocco stipendiale, i governi succedutisi non sono intervenuti in favore dei militari e dei poliziotti congedati durante il blocco. Resta da capire come risolvere la problematica per chi, ancora in servizio con trattamento contributivo “puro”, abbia patito il periodo di blocco.

Esaminiamo il ricorso.    

Il ricorrente ha contestato la liquidazione del proprio trattamento previdenziale. Nel ricorso è esposto che tale determinazione sarebbe stata operata dall’ente convenuto non tenendo conto delle voci retributive decurtate per effetto dell’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. 78/2010, dovute in ragione dell’anzianità di servizio maturata e della qualifica giuridicamente conseguite.

Il ricorrente lamenta in sostanza che a causa di detto “blocco retributivo”, disposto per gli anni 2011, 2012 e 2013 (successivamente esteso al 2014 e prorogato anche sino al 31 dicembre 2015), il trattamento pensionistico gli sia stato calcolato sulla base delle voci stipendiali percepite nel 2010, quindi, su una base economica inferiore all’anzianità giuridicamente rivestita al momento del collocamento in congedo.

Il ricorrente, a sostegno della propria pretesa, dopo aver richiamato la disciplina normativa, rileva che più volte la Corte costituzionale è stata interpellata sulla legittimità costituzionale della c.d. “cristallizzazione“  degli incrementi economici; e che ha sempre ritenuto giustificato e legittimo l’intervento normativo a causa della notoria esigenza di contenimento della spesa pubblica, sottolineando però sempre la necessità che tale sacrificio imposto abbia un carattere eccezionale e temporalmente limitato.

La disposizione contenuta nel comma 21 della norma più volte riferita dispone infatti che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all’art. 3 del d.lgs 165/2001 cosi’ come previsti dall’art., 24 della l. 448/98, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorchè a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all’art. 3 del d.lgs 165/2001 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale dell’art. 3 del d.lgs 165/2001 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”

Il tenore della norma è inequivocabile nel limitare temporalmente la restrizione menzionata, con conseguente necessità di interpretarla nella più tenue veste di una sospensione temporanea delle progressioni di carriera, senza effetti economici sul trattamento previdenziale.

Tale interpretazione si pone in perfetta sintonia con la sentenza della Corte costituzionale 17 dicembre 2013, n. 310, ove interventi di tale tipologia sono stati ritenuti ammissibili nei limiti del carattere “eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica, le condizioni per escludere la irragionevolezza delle misure in questione”.

Da tali considerazioni discende, secondo la sentenza della Corte dei Conti sezione Giurisdizionale per la Calabria, la necessità di considerare irrilevante la cristallizzazione esposta ai fini previdenziali, determinandosi, in caso contrario, una protrazione ad infinitum del blocco retributivo in contrasto con le sopra esposte considerazioni.

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