Respinta Istanza di un Maresciallo con figlio disabile. TAR, le scelte che il Comando deve compiere “devono avvalersi delle conoscenze della scienza medica”
Oggetto del ricorso presentato da un Maresciallo Aiutante della Guardia di Finanza è il provvedimento con il quale l’Amministrazione ha respinto l’istanza del ricorrente volta a conferire con il Comandante interregionale dell’Italia Meridionale al fine di essere autorizzato a produrre domanda di trasferimento definitivo presso il Comando regionale Puglia, in presenza di un figlio portatore di handicap con necessità di assistenza.
Il ricorso, è stato accolto dal TAR.
Come è noto – sottolineano i giudici amministrativi – la disciplina interna della Guardia di Finanza prevede, con cadenza annuale, una procedura concorsuale a livello nazionale (c.d. “Piano degli impieghi”), a cui accedono i militari che chiedono il trasferimento in regioni diverse da quelle ove prestano servizio.
Quale istituto eccezionale e derogatorio rispetto alla suddetta procedura concorsuale, è prevista la possibilità per i militari del Corpo della Guardia di Finanza di presentare istanze di trasferimento c.d. per “situazioni straordinarie”, ossia in presenza di problematiche familiari connotate da particolare gravità ed urgenza, che presuppongano l’indispensabilità della loro presenza nella sede di servizio ambita.
La concessione dei trasferimenti della specie è ancorata a presupposti particolarmente rigorosi al fine di non aggirare il sistema ordinario dei trasferimenti su base concorsuale.
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Il trasferimento per situazioni straordinarie si fonda sul principio solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione e dunque sulla necessità che l’Amministrazione appresti tutela alla dimensione umana della prestazione lavorativa, tutela irrinunciabile sia pure nel contesto delle rigorose logiche organizzative tipiche dell’attività di servizio prestata sotto le Forze Armate e, in particolare, sotto la Guardia di Finanza.
Il beneficio che può essere concesso al dipendente, ancorché abbia come diretto ed immediato destinatario il dipendente, in realtà tende a proteggere e a salvaguardare la salute dello stretto congiunto (in questo caso il figlio), affetto da grave patologia, sicché può ritenersi che la norma richiamata tenda, sia pure in maniera mediata, a salvaguardare il bene della salute, che l’art. 32 della Costituzione definisce «fondamentale».
Il giudizio relativo alle scelte che debbono compiersi per assicurare la protezione del bene considerato, non può, ad avviso del Collegio, quindi essere totalmente affidato a scelte discrezionali di carattere amministrativo, ma anche scelte che debbono compiersi utilizzando le conoscenze della scienza medica.
Si intende dire che, una volta che sia accertato che il congiunto del dipendente ha bisogno di assistenza a causa della grave patologia da cui è affetto, quand’anche non continuativa, le modalità di tale assistenza non possono essere stabilite sulla base di circolari ministeriali e a seguito di valutazioni che coinvolgono (solo) l’uso della discrezionalità amministrativa, ma, come si è detto, debbono compiersi scelte che siano guidate soprattutto dalla scienza medica. Solo in tal caso la scelta dell’amministrazione sulla misura da adottare si sarà allineata all’obiettivo da raggiungere, quello di assicurare assistenza adeguata ed efficace (non una qualunque assistenza) al congiunto gravemente ammalato.
Data tale premessa, nell’istanza del ricorrente si legge che il minore è «portatore di handicap ex art. 3 comma 1 della Legge 104/1992 determinato dalla sua malformazione congenita ai reni che richiede assidui controlli specialistici ed analisi per valutarne costantemente l’entità e l’impatto sul suo futuro sviluppo fisiologico. La stessa problematica determina una complicata gestione del bimbo in relazione alle sue quotidiane esigenze e necessità correlate, tra l’altro, con il suo inevitabile e graduale inserimento nel contesto sociale e didattico».
Il parere dell’ufficio sanitario dell’Amministrazione reca, diligentemente, il richiamo della documentazione medica rilasciata da strutture sanitarie pubbliche dalla quale emerge un quadro clinico complessivo del minore rispetto al quale la mera, sintetica affermazione di carenza del requisito della «gravità», oltreché l’affermazione secondo cui – come ritenuto nel provvedimento impugnato – alle esigenze del minore può provvedere uno dei genitori, si mostrano, quantomeno, immotivate oltreché non suffragate da elementi medico-scientifici.
Detti elementi risultano, invece, compiutamente offerti dal ricorrente attraverso certificazioni di strutture pubbliche che ben deponevano verso una valutazione dell’istanza conforme alla tutela del diritto alla salute (del minore), costituzionalmente tutelato, con riconoscimento dell’utilitas invocata.
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