Quando un morso ad un dito causa epatite ma non basta per essere una ‘vittima del dovere’: Il Tar nega lo status ad un poliziotto
(di Avv. Umberto Lanzo) – Sembrava avere tutti i requisiti per essere riconosciuto “vittima del dovere” dopo aver contratto l’epatite a causa di un morso subito in servizio. E invece per il TAR delle Marche quell’agente della polizia ferito sul lavoro non ha diritto a quello status. La storia di delusione e beffa burocratica di un pubblico ufficiale morso mentre svolgeva il proprio dovere durante un servizio di ordine pubblico, che nonostante l’infortunio e le conseguenze sulla salute si è visto negare i benefici e le tutele riservate dall’ordinamento a chi viene definito appunto “vittima del dovere”.
I fatti e il ricorso dell’agente
Il caso vede coinvolto agente della Polizia di Stato, il quale ha subito un infortunio durante il servizio di ordine pubblico in occasione di un incontro di basket. La lesione subita dall’agente, ovvero un morso al dito anulare della mano sinistra, ha causato alterazioni della funzionalità epatica di tipo post-epatitico B.
Il ricorrente aveva ottenuto il riconoscimento della dipendenza dell’infortunio da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo di 8° categoria nella misura minima, oltre al distintivo d’onore per ferite o lesioni in servizio. Tuttavia, la sua istanza per l’attribuzione dei benefici previsti per le “Vittime del Dovere” ai sensi delle Leggi nn. 302/1990, 407/1998 e 388/2000 è stata respinta.
La posizione dell’Amministrazione e la giurisprudenza di riferimento
Le motivazioni addotte dall’amministrazione per la reiezione dell’istanza si fondano sulla distinzione tra il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e l’attribuzione dei benefici per le “Vittime del Dovere”. In particolare, l’Amministrazione ha argomentato che le lievi alterazioni della funzionalità epatica di tipo post-epatitico B, pur avendo trovato “occasione” nel servizio, non sono equiparabili alla gravità richiesta per l’attribuzione dei benefici in questione.
La giurisprudenza amministrativa ha delineato il concetto di “Vittima del Dovere” come colui che, nell’espletamento di un servizio particolarmente rischioso e in determinate circostanze, subisce un incidente violento che determina la morte o il ferimento grave. Tale definizione viene contrapposta a quella dell’operatore di Polizia cui sia stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio per eventi meno gravi.
Le argomentazioni del ricorrente
La sentenza si sofferma anche sulla Legge n. 466/1980, precisando che questa trova applicazione soltanto nei casi estremi, come il decesso o invalidità permanente non inferiore all’80% della capacità lavorativa o che comporti la cessazione del rapporto di impiego. Inoltre, viene fatto riferimento alla Legge n. 388/2000, la quale circoscrive la concessione della speciale elargizione limitatamente ai casi di decesso avvenuto a causa di azione criminosa.
Il ricorrente, per parte sua, ha sollevato la violazione e falsa applicazione delle Leggi nn. 302/1990, 407/1998 e 388/2000, nonché l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Egli sostiene che l’infortunio subito è dipeso da causa di servizio e che il morso alla mano rappresenta un rischio non ordinario e prevedibile nell’ambito del servizio di ordine pubblico, sostenendo quindi che le circostanze del suo caso dovrebbero condurre al riconoscimento dei benefici per le “Vittime del Dovere”.
La decisione del TAR
Il TAR ha respinto il ricorso ritenendo corretta l’interpretazione fornita dall’Amministrazione in ordine ai presupposti per il riconoscimento dello status di “vittima del dovere”.
In particolare i giudici amministrativi hanno rilevato che, ai fini dell’attribuzione delle speciali elargizioni previste dalla normativa per le “vittime del dovere”:
- non è sufficiente il solo riconoscimento della dipendenza dell’infortunio da causa di servizio, ma è necessario che la lesione derivi da un rischio peculiare dell’attività, che vada al di là di quello ordinariamente connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali;
- nel caso esaminato, il morso subito dall’agente durante il servizio di ordine pubblico, seppure inusuale, non implicava un rischio imprevedibile o estraneo alle mansioni;
- non era quindi configurabile il “quid pluris” rispetto al mero infortunio in servizio richiesto dalla normativa;
- è esclusa l’automatica equiparazione tra riconoscimento dell’infortunio da servizio e attribuzione dello status di “vittima del dovere”.
Il ricorso è stato respinto pur disponendo la compensazione delle spese di lite. La sentenza conferma l’impostazione restrittiva dell’Amministrazione e della giurisprudenza in materia.
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