Pensioni Forze Armate e Polizia, cambiano le regole dal 2026?
Nelle ultime ore è circolata la voce di un possibile cambiamento delle regole per l’accesso alla pensione del personale delle Forze Armate e di Polizia a partire dal 2026. Una notizia che ha creato qualche preoccupazione tra militari e agenti, specialmente per chi è ormai prossimo al traguardo tanto atteso del pensionamento. Tuttavia, è bene fare chiarezza e sfatare alcuni equivoci per tranquillizzare il personale in divisa.
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Innanzitutto, va precisato che ad oggi non esiste alcuna proposta concreta per modificare in peggio i requisiti previsti per l’uscita dal lavoro degli appartenenti al comparto Difesa e Sicurezza. Il lavoro svolto dai sindacati negli ultimi anni ha scongiurato l’introduzione di modifiche penalizzanti come già era stato ipotizzato in passato.
L’unica possibile variazione futura riguarderebbe l’adeguamento automatico delle soglie pensionistiche alle aspettative di vita, così come previsto dal decreto legislativo 165/1997. L’ultimo aumento di 5 mesi è stato introdotto nel 2019.
Trattamento di vecchiaia e anzianità
Per quanto riguarda il trattamento di vecchiaia, potrà essere conseguito al raggiungimento dell’età anagrafica massima per la permanenza in servizio prescritta dai singoli ordinamenti, variabile in funzione della qualifica e del grado tra i 60 e i 65 anni, aumentata di un anno congiuntamente al requisito contributivo dei 20 anni di contributi previsto per i lavoratori.
Il trattamento di anzianità, in alternativa alla vecchiaia, potrà essere conseguito raggiungendo:
- 41 anni di contributi indipendentemente dall’età;
- Almeno 35 anni di contributi e un’età di almeno 58 anni;
- La massima anzianità contributiva corrispondente all’80% al raggiungimento prima del 31 dicembre 2011, con almeno 54 anni di età.
- Ai fini dei requisiti si applicano specifiche supervalutazioni dei servizi prestati fino a 5 anni. Inoltre, permane il differimento di 12-15 mesi a causa della finestra mobile.
Da qui al 2026 queste regole resteranno invariate
Il timore di un cambiamento a partire proprio dal 2026 appare infondato. Come chiarito dal Decreto Ministeriale del 18 luglio 2023, l’adeguamento biennale alle speranze di longevità riguarderà il 2027 e non il 2026. Chi andrà in quiescenza nei prossimi tre anni, dunque, potrà farlo senza sorprese.
Se in futuro l’Istat dovesse rilevare un incremento tale da giustificare un ritocco, questo non dovrebbe superare i 2-3 mesi. Ma non c’è certezza che accada. In ogni caso non sarebbe una modifica ad hoc per le sole Forze Armate, bensì coinvolgerebbe tutti i lavoratori italiani.
Meglio evitare allarmismi, quindi. Le regole restano esattamente quelle fissate due anni fa. Intanto per chi è prossimo alla meritata quiescenza, il consiglio è godersi questi mesi di servizio senza pensieri.
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