MONETIZZAZIONE FERIE NON FRUITE: DIRITTO AL CONGEDO ORDINARIO MATURATO NEL PERIODO DI ASPETTATIVA PER INFERMITÀ INCLUDE ANCHE IL DIRITTO AL COMPENSO SOSTITUTIVO
Richiesta di riesame del parere reso nell’adunanza del 10 maggio 2017 sul ricorso straordinario n. 517/2016 proposto
dal signor -OMISSIS- contro il rigetto della richiesta di monetizzazione del congedo ordinario maturato e non fruito.
Il signor -OMISSIS-, sovrintendente della Polizia di Stato, nell’ottobre del 2011 presentava domanda di cessazione volontaria dal servizio e di collocamento in quiescenza, accolta con decreto del prefetto a decorrere dal primo settembre 2012. A causa di due incidenti in servizio, avvenuti il 15 dicembre 2008 e 8 agosto 2009, si assentava ininterrottamente dal lavoro, per motivi di salute, a decorrere dal 12 ottobre 2011 fino alla data di decorrenza delle dimissioni volontarie. Con istanza del 2 luglio 2012 chiedeva la monetizzazione di 35 giorni di congedo ordinario non goduti negli anni 2010, 2011 e 2102 a causa delle infermità sofferte per causa di servizio.
Stante il silenzio dell’Amministrazione, il signor -OMISSIS- reiterava l’istanza il 15 febbraio 2013 e il 3 aprile 2013. Con nota del 25 novembre 2013 il Servizio contabilità e gestione finanziaria della prefettura di Palermo rigettava la domanda del ricorrente “per mancanza dei presupposti richiesti dalla circolare del Ministero dell’interno n. 333.G/Div. 1 sett. 2”.
Il rigetto veniva impugnato con ricorso gerarchico al Ministero dell’interno, e il capo della Polizia lo rigettava con decreto del 4 febbraio 2014. Il signor -OMISSIS- ha poi impugnato il provvedimento della prefettura del 25 novembre 2013 con ricorso straordinario 507 del 2016, sul quale la Sezione ha espresso parere di rigetto nell’adunanza del 10 maggio 2017.
Il Ministero riferente chiede ora di rivedere il parere alla luce delle sopravvenute indicazioni della Corte di giustizia Considerato:
1. La disciplina relativa alla monetizzazione del periodo di concedo ordinario non fruito è stata regolamentata, inizialmente, con l’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995 n. 395, integrato dall’art. 18 del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 254. Essendo insorti nella giurisprudenza diversi orientamenti in esito alla portata dell’indicata disposizione, il Consiglio di Stato, con parere n. 2188/210 reso da una commissione speciale nell’adunanza del 4 ottobre 2010, ha riconosciuto il diritto alla monetizzazione al dipendente dispensato dal servizio per inabilità fisica a seguito di una lunga e ininterrotta assenza dal servizio per malattia anche per il periodo di congedo ordinario maturato durante l’arco temporale di aspettativa per malattia che ha preceduto, senza soluzione di continuità, la dispensa dal servizio per inabilità fisica.
Ha fatto seguito l’emanazione della circolare n. 333-G/I/Sett.2°/mco/N°12/10 del 17 gennaio 2011 con la quale il ministero dell’interno ha recepito le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato con l’indicato parere. Con l’art. 18, comma 1, del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 254 è stato disposto che “al pagamento sostitutivo del congedo ordinario si procede, oltre che nei casi previsti dall’articolo 14, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995, anche quando lo stesso non sia stato fruito per decesso, per cessazione dal servizio per infermità o per dispensa
dal servizio del dipendente disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità”.
La giurisprudenza ha ripetutamente affermato che il diritto alla monetizzazione del congedo ordinario (non fruito) maturi ogniqualvolta il dipendente non ne abbia potuto usufruire (ovvero non abbia potuto disporre e godere delle sue ferie) a cagione di obiettive esigenze di servizio o comunque per cause da lui non dipendenti o a lui non imputabili (Consiglio di Stato, sez. III, 21 marzo 2016 n. 1138).
Conseguentemente l’art.18 del D.P.R. n. 254 del 1999 è stato ritenuto applicabile:
– sia in quanto il dato testuale della predetta norma consente di ritenere (non ravvisandosi argomenti logico-esegetici che precludano tale interpretazione) che il “collocamento in aspettativa per infermità” (del quale il dipendente ha fruito) realizzi una particolare ipotesi, seppur transitoria, di “cessazione dal servizio per infermità”; posizione che, in forza della citata norma, dà titolo all’ottenimento del compenso sostitutivo;
– sia in quanto risulta evidente che dalla predetta infermità contratta a causa di servizio è poi dipesa anche la definitiva cessazione dal servizio.
La previsione relativa all’ultima delle ipotesi richiamate (mancata fruizione del congedo per dispensa dal servizio disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità) è stata intesa nel senso che il diritto alla monetizzazione del congedo non fruito debba coprire l’intero periodo del collocamento in aspettativa per infermità il quale sia culminato con la dispensa dal servizio (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 giugno 2010 n. 2663).
La materia, tuttavia, ha costituito oggetto di una nuova disciplina, più restrittiva, per effetto dell’art. 5, comma 8, del
decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (entrato in vigore il 7 luglio 2012) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
2012 n. 135. In particolare, detta disposizione prevede che “le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche … sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto…”.
Tale disposizione ha costituito oggetto del parere n. 00400033 P-4.17.1.7.5 dell’8 ottobre 2012 della Presidenza del Consiglio dei ministri, recepito dal servizio trattamento economico del personale del ministero dell’interno con circolare del 14 gennaio 2013. Con quest’ultimo atto è stato chiarito che la previgente disciplina trova applicazione in materia di monetizzazione delle ferie non godute sia per il personale cessato dal servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge sia per quello che, sebbene cessato dal servizio dopo il 7 luglio 2012, è stato collocato in aspettativa per malattia e non è rientrato in servizio prima del collocamento in congedo. L’Amministrazione, nel valutare l’istanza di monetizzazione del ricorrente, ha fatto correttamente riferimento alla disciplina previgente.
2. Con sentenza della Sezione X del 20 luglio 2016 (causa C. 341/15) la Corte di Giustizia ha affermato che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che:
– esso osta a una normativa nazionale che priva del diritto all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute il lavoratore il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito della sua domanda di pensionamento e che non sia stato in grado di usufruire di tutte le ferie prima della fine di tale rapporto di lavoro;
– un lavoratore ha diritto, al momento del pensionamento, all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute per il fatto di non aver esercitato le sue funzioni per malattia;
– un lavoratore il cui rapporto di lavoro sia cessato e che, in forza di un accordo concluso con il suo datore di lavoro, pur continuando a percepire il proprio stipendio, fosse tenuto a non presentarsi sul posto di lavoro per un periodo determinato antecedente il suo pensionamento, non ha diritto all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute durante tale periodo, salvo che egli non abbia potuto usufruire di tali ferie a causa di una malattia;
– spetta, da un lato, agli Stati membri decidere se concedere ai lavoratori ferie retribuite supplementari che si sommano alle ferie annuali retribuite minime di quattro settimane previste dall’articolo 7 della direttiva 2003/88. In
tale ipotesi, gli Stati membri possono prevedere di concedere al lavoratore che, a causa di una malattia, non abbia potuto usufruire di tutte le ferie annuali retribuite supplementari prima della fine del suo rapporto di lavoro, un diritto all’indennità finanziaria corrispondente a tale periodo supplementare. Spetta, dall’altro lato, agli Stati membri
stabilire le condizioni di tale concessione.
3. Le Sezione, recependo le indicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ritiene che il ricorrente abbia diritto alla retribuzione di quattro settimane di ferie non godute prima della cessazione del rapporto di lavoro considerato che tale diritto è “principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione (…) indipendentemente dal suo stato di salute”.
Conseguentemente, il diritto al congedo ordinario maturato nel periodo di aspettativa per infermità include automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, nei limiti di quattro settimane per anno, con esclusione delle ferie retribuite supplementari ancorché il dipendente abbia cessato dal servizio “a domanda”.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto.