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CORTE DEI CONTI BACCHETTA L’INPS: PENSIONE PIU’ ALTA PER IL MILITARE CHE NON HA POTUTO ACCEDERE ALL’AUSILIARIA

Il militare che per circostanze indipendenti dalla sua volontà non ha potuto accedere alla categoria dell’ausiliaria, a causa per esempio della sua inidoneità psico-fisica, di malattia, infermità, ecc., ha diritto ad ottenere l’applicazione di un beneficio economico, il cosiddetto “moltiplicatore”, che si traduce in un incremento della propria pensione.

È quanto stabilito dalla recentissima sentenza n. 162 del 19.12.2017 emessa dalla Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale Regionale per la Sardegna, la quale dà una corretta interpretazione dell’art. 3 comma 7 del D. Lgs. 165/1997, norma che prevede appunto la concessione di detto beneficio economico. Analizziamo la sentenza.

Tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nell’Arma dei Carabinieri con il grado di luogotenente e sono cessati per riforma prima del compimento del 60° anno di età.

Nel corso del 2017, tutti costoro hanno inoltrato all’INPS, gestione dipendenti pubblici, istanza al fine del riconoscimento del diritto all’incremento figurativo di cui all’art. 3 comma 7 D.lgv. n. 165/1997 sulla pensione di inabilità già in godimento, richiamando, tra l’altro, due precedenti favorevoli della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Abruzzo n. 28/2012 e n. 27/2017, ai quali i difensori fanno integrale riferimento anche ai fini del ricorso.

La difesa sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dall’INPS, i ricorrenti, i quali, all’atto del collocamento in quiescenza per inidoneità al servizio, non avevano maturato i requisiti per il transito nell’ausiliaria, per mancato raggiungimento dei limiti di età, avrebbero tutti diritto al riconoscimento dell’incremento figurativo previsto dalla norma invocata, la cui ratio è di evitare che il militare, che per motivi indipendenti dalla sua volontà perda il beneficio del periodo di ausiliaria, si trovi in una posizione deteriore rispetto agli altri che, al contrario, hanno potuto conseguire il predetto limite di età, id est il compimento del 60° anno.

Secondo la Corte dei Conti della Regione Sardegna, i ricorrenti si trovano nella condizione di legge per usufruire del beneficio accordato dalla norma invocata, la quale prevedeva (all’epoca del loro collocamento a riposo) quanto segue: “Per il personale di cui all’articolo 1 escluso dall’applicazione dell’istituto dell’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall’ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato”.

Come affermato da Sezione Molise n. 53/2017, “occorre innanzitutto rilevare l’attuale vigenza della disposizione normativa, pur successivamente all’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare, considerato che detto decreto legislativo n. 66/2010 espressamente prevede (art. 2268, comma 1, n. 930) l’abrogazione dei soli commi da 1 a 5 dell’articolo 3 del d. lgs. n. 165/1997.

Venendo dunque all’ambito applicativo della disposizione, si osserva che il legislatore ha riconosciuto l’incremento del montante contributivo sia al “personale di cui all’art. 1 escluso dall’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età”, che “al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria”, categoria quest’ultima nella quale evidentemente rientra l’ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d’Istituto ex art. 929 del d. lgs. n. 66/2010, e dunque impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d’Istituto e dunque ad accedere all’istituto dell’ausiliaria (cfr: C. conti, sez. giur. Abruzzo, sent. n. 28/2012).

Ovviamente, considerate le ragioni dell’impossibilità normativo/oggettiva di collocamento dell’ufficiale in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l’esercizio di un’opzione da parte dell’interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio”.

Il ricorso va pertanto accolto nei confronti dell’INPS, mentre, nei confronti dell’Arma dei Carabinieri, va affermato il difetto di legittimazione passiva dell’amministrazione convenuta, considerato che la competenza alla liquidazione delle pensioni dei ricorrenti è attribuita all’INPS.

Va solo soggiunto, in relazione a quanto rappresentato nella memoria di costituzione dell’INPS, che non vi sono ragioni che ostino alla immediata riliquidazione delle pensioni.

Premesso che, giusta quanto appena detto, il ruolo dell’INPS non è affatto marginale, va affermato che, allo scopo che interessa, esso disponeva di tutti gli elementi necessari, ben sapendo che tutti i ricorrenti erano cessati dal servizio per inabilità senza transitare nell’ausiliaria ed essendo in possesso, dal prospetto dei dati trasmesso dall’amministrazione di provenienza, la quale non aveva al riguardo l’obbligo di “certificare” alcunché, dell’ammontare della base di calcolo su cui applicare l’incremento stabilito dalla legge.

Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono ai ricorrenti gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, ha quindi accolto il ricorso proposto contro l’INPS e dichiara il diritto dei medesimi alla riliquidazione della pensione in godimento mediante applicazione del beneficio previsto dall’art. 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.

Sugli arretrati spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per gli interessi, calcolati con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e sino al pagamento.

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