Editoriale

MILITARI COME CONTROLLORI AGLI ESAMI DI MAGISTRATURA: POLEMICHE SUL RUOLO DELL’ESERCITO

Mercoledì mattina, quando si sono presentati per la prima prova scritta del concorso in magistratura presso la Fiera di Roma, i candidati hanno trovato un’insolita accoglienza. A vigilare sul regolare svolgimento dell’esame non erano infatti, come di consueto, solo commissari e funzionari ministeriali, ma anche militari dell’ottavo reggimento bersaglieri dell’esercito Italiano. Un evento riportato da Editoriale Domani e che solleva non pochi dubbi.

L’impiego dei militari come controllori

Il reparto, che fa capo alla brigata bersaglieri “Garibaldi”, noto per le sue capacità operative in scenari internazionali complessi, è stato incaricato di supportare logisticamente le operazioni di identificazione e registrazione dei partecipanti, consegnando loro i materiali per lo svolgimento della prova e vigilando sugli accessi alle aule. In uniforme mimetica, i soldati hanno circolato tra i banchi per tutta la durata dell’esame, controllando che non avvenissero episodi di copiatura o eludendo il regolamento.

Polemiche sull’uso dell’esercito

Se da un lato il ministero della Giustizia ha ritenuto indispensabile questo dispiegamento di forze per garantire la regolarità del concorso, dall’altro l’impiego dei militari in un’attività di vigilanza sullo svolgimento di una prova scolastica ha sollevato perplessità tra gli addetti ai lavori. Secondo molti esperti il coinvolgimento dell’esercito in questo tipo di operazioni potrebbe risultare inappropriato alla luce delle indicazioni strategiche fornite dallo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto.

Le linee guida del ministro Crosetto

Nel “Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa”, pubblicato lo scorso ottobre, Crosetto aveva infatti chiarito come le priorità dell’Italia dovessero ora essere quelle di “rafforzare la capacità di difesa nazionale e di contribuire alla sicurezza collettiva” attraverso un impiego delle forze armate focalizzato prevalentemente su funzioni di “deterrenza e protezione”. Non a caso, negli ultimi anni le missioni all’estero erano state progressivamente ridimensionate in favore di un maggior presidio del territorio nazionale.

L’operazione “Strade Sicure”, lanciata nel 2008 per supportare con i militari il lavoro delle forze dell’ordine, resta tutt’ora in vigore ma è stata spesso criticata sia per i costi che per gli scarsi risultati sulla effettiva riduzione dei reati. Uso l’esercito come agente per la sicurezza pubblica stride quindi con l’ambizione dichiarata da Crosetto di restituire alle nostre forze armate un orientamento prioritario alla difesa militare.

Naturalmente il ministero della Difesa non ha margini di manovra quando arrivano richieste da altre istituzioni in casi ritenuti di “straordinaria necessità”. Tuttavia le stesse norme che disciplinano i compiti delle forze armate, fissati dall’ordinamento militare, richiamano ad un impiego solo in “circostanze di pubblica calamità” o per la “salvaguardia delle libere istituzioni”.

Un esame non è un’emergenza nazionale

Un esame di concorso, per quanto importante, difficilmente rientra in tali casistiche. E ancor meno lo fa in un momento delicato segnato dal conflitto in Ucraina e dalle nuove tensioni nel Mediterraneo e in Nord Africa. L’uso di assetti militari di prim’ordine come i bersaglieri per mansioni di controllo e assistenza logistica durante una prova scritta appare quindi quantomeno discutibile.

Naturalmente il ministero della Giustizia punta a garantire la trasparenza e la regolarità della selezione, tuttavia permangono alcuni dubbi. Intorno all’impiego dell’esercito per questi scopi e non per le finalità precipue di difesa nazionale ci si chiede se non sia il caso di riflettere su soluzioni alternative che evitino polemiche ma soprattutto distolgano risorse preziose dai loro compiti istituzionali. Urge un chiarimento politico che ristabilisca con chiarezza quali debbano essere in futuro i confini d’azione delle nostre forze armate.

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