Esercito

Militare si toglie la vita impiccandosi a un ulivo del giardino di casa

Un grave lutto ha colpito l’Esercito Italiano: un caporal maggiore capo di 51 anni, è stato trovato senza vita nel pomeriggio di venerdì 17 maggio nella sua abitazione a Squinzano, in provincia di Lecce. L’uomo si è impiccato a un ulivo nel giardino di casa. La scoperta è avvenuta nel primo pomeriggio, probabilmente da parte di un familiare, e ha immediatamente scatenato una forte reazione emotiva nella comunità militare e tra i concittadini.

Il militare era attualmente in servizio presso la caserma “Pinerolo” di Bari, uno dei poli strategici della Difesa nel Sud Italia. Dopo l’intervento dei carabinieri e del medico legale, l’autorità giudiziaria ha disposto la restituzione della salma ai familiari. Nessun biglietto, nessun messaggio: solo un silenzio che oggi fa più rumore di qualsiasi parola.


Militari e salute mentale: un tema ancora troppo ignorato

Il suicidio del caporal maggiore riporta al centro dell’attenzione un tema spesso trattato con imbarazzo istituzionale: quello della salute mentale nelle Forze Armate. Colleghi e commilitoni raccontano di un uomo riservato, esperto, stimato, ma forse segnato da un malessere invisibile.

Sui social e nei gruppi interni ai reparti è tornato ad animarsi il dibattito: “Chi ci protegge quando siamo noi a cadere?”, scrive un militare in un gruppo Telegram. Molti chiedono che l’assistenza psicologica per i militari non sia solo formale, ma concreta, immediata, accessibile senza paura di essere stigmatizzati.


Caserma “Pinerolo” di Bari: nodo strategico, ma anche luogo di stress?

La caserma “Pinerolo”, dove G.G. prestava servizio, è un centro nevralgico della Brigata Meccanizzata dell’Esercito. I militari qui vengono impiegati anche in missioni operative complesse, sia in Italia che all’estero.

Proprio questa tipologia di incarichi può creare un contesto di pressione costante: turni pesanti, carenza di personale, stress psicologico da rientro, solitudine. Un mix che, in assenza di strumenti adeguati, può diventare fatale.


I numeri del silenzio: aumentano i suicidi in divisa

Solo nel 2024, secondo le stime diffuse da fonti giornalistiche e confermate da organizzazioni indipendenti, sono stati 50 i suicidi tra militari e forze dell’ordine.

Un fenomeno che resta spesso sommerso, trattato con discrezione o addirittura ignorato. Ma quando colpisce, lo fa con una violenza che lascia senza fiato. La morte del caporal maggiore G.G. è solo l’ultimo caso di una lunga lista.


Supporto psicologico per i militari: tra burocrazia e tabù culturali

Il supporto psicologico nelle Forze Armate è previsto, ma molti militari ne parlano come di un percorso a ostacoli. Le strutture ci sono, ma spesso non bastano. I professionisti ci sono, ma non sempre sono accessibili in tempi utili.

Chi chiede aiuto, spesso, lo fa di nascosto, con il timore di essere etichettato come “non idoneo”, di perdere incarichi o credibilità davanti ai superiori.

Manca una linea di ascolto attiva 24 ore su 24, mancano interventi sul campo, manca soprattutto la fiducia che chiedere aiuto non significhi compromettere la carriera o portarsi addosso un marchio di debolezza.


Spendiamo miliardi per i missili, ma ignoriamo chi li maneggia

Mentre il governo si prepara a sostenere il piano “Defence Rearm” — che prevede miliardi di euro in investimenti per nuovi armamenti, tecnologia militare e infrastrutture belliche — il grido silenzioso di chi serve in divisa continua a cadere nel vuoto. Forse, tra un caccia di quinta generazione e un carro armato di nuova concezione, l’Italia dovrebbe trovare almeno un po’ di tempo, attenzione e risorse per chi quegli strumenti li usa, li maneggia, li vive ogni giorno sulla pelle. Perché un esercito non si misura solo dal calibro delle sue armi, ma dal benessere psicologico, umano e professionale dei suoi uomini e delle sue donne. E questa, oggi, è la vera emergenza che nessun radar potrà mai intercettare.

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